Il saggio affronta lo studio di un ciclo inedito di storie di S. Ludovico di Tolosa nella chiesa di S. Francesco a Sulmona, a tutt’oggi la prima attestazione monumentale conservata. Fratello del re Roberto d’Angiò (1309-1343), il giovane santo fu un forte strumento di propaganda per la dinastia angioina che ne promosse la canonizzazione e, in seguito, il culto per consolidare la fedeltà alla casa regnante. Non a caso cinque delle sei scene sulmonesi sono dedicate all’illustrazione di miracoli, potente veicolo di devozione popolare. Nella chiesa sulmonese un secondo ciclo su Ludovico era ospitato in una cappella, oggi cancellata dai rifacimenti seguiti al terremoto del 1706, e attestata da due sole scene. Un così forte interessamento verso il santo dichiara un intento celebrativo degli Angiò, ai quali peraltro risale la fondazione stessa della chiesa francescana, promossa da Carlo II nell’ultimo decennio del Duecento. Dal punto di vista formale, il ciclo ludovichiano rivela un’adesione a modalità di ascendenza giottesca, attestate a Napoli nell’opera del cosiddetto Maestro di Giovanni Barrile (quarto decennio del Trecento), fuse con il cromatismo caldo e unito e con l’attenzione all’intensità emotiva della tradizione “umbra”.

Le storie di S. Ludovico di Tolosa nella chiesa di S. Francesco a Sulmona

CARLETTINI, Iole
2005-01-01

Abstract

Il saggio affronta lo studio di un ciclo inedito di storie di S. Ludovico di Tolosa nella chiesa di S. Francesco a Sulmona, a tutt’oggi la prima attestazione monumentale conservata. Fratello del re Roberto d’Angiò (1309-1343), il giovane santo fu un forte strumento di propaganda per la dinastia angioina che ne promosse la canonizzazione e, in seguito, il culto per consolidare la fedeltà alla casa regnante. Non a caso cinque delle sei scene sulmonesi sono dedicate all’illustrazione di miracoli, potente veicolo di devozione popolare. Nella chiesa sulmonese un secondo ciclo su Ludovico era ospitato in una cappella, oggi cancellata dai rifacimenti seguiti al terremoto del 1706, e attestata da due sole scene. Un così forte interessamento verso il santo dichiara un intento celebrativo degli Angiò, ai quali peraltro risale la fondazione stessa della chiesa francescana, promossa da Carlo II nell’ultimo decennio del Duecento. Dal punto di vista formale, il ciclo ludovichiano rivela un’adesione a modalità di ascendenza giottesca, attestate a Napoli nell’opera del cosiddetto Maestro di Giovanni Barrile (quarto decennio del Trecento), fuse con il cromatismo caldo e unito e con l’attenzione all’intensità emotiva della tradizione “umbra”.
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