Tipologia b: Saggio in Libro Ottavia Aristone e Anna Laura Palazzo, «Un fiume, una campagna, una città. Le “terre basse” lungo il Pescara», in Storia e Ambiente. Città, risorse e territori nell’Italia contemporanea, (a cura di) Simone Neri Serneri, Carocci editore, 2007 Abstract. Questo contributo tenta di inquadrare la vicenda emblematica di un’opera pubblica annunciata e mai realizzata – il Canale del Littorio (1927) dell’omonimo Consorzio per l’irrigazione delle terre tra Manoppello e il mare Adriatico in riva destra del fiume Pescara – alla luce di una particolare caratterizzazione della società locale. Lo sfondo di riferimento si definisce attraverso i temi della continuità e della frattura nella trasformazione: temi che si riverberano sulla relazione tra città e territorio, e quindi, in definitiva, tra città e campagna. In queste fasi del farsi di città e territorio, quali sono gli elementi di continuità e di frattura nella società locale? Quali gli elementi di conflitto? Sullo scorcio dell’Ottocento prende corpo una contrapposizione tra i vecchi interessi notabilari e redditieri e una emergente imprenditoria locale (nel settore alimentare, dei materiali per costruzione, del chimico tradizionale), con un primo importante momento di scontro in occasione delle elezioni politiche del 1897, che vedono l’affermazione di Gabriele D’Annunzio in rappresentanza del cosiddetto “partito di ordine”. Un secondo momento di freno per la giovane imprenditoria abruzzese, ormai avviata sulla scena della modernizzazione con una fonte di produzione energetica asservita alle proprie esigenze (la FIDA, cfr. supra), è costituito dal Decreto Bonomi, che nel 1916, in piena guerra, abolisce il principio del primo richiedente nelle concessioni, conferendo la precedenza ai progetti di rilevanza nazionale in virtù di una dichiarazione di urgenza e indifferibilità. Parallelamente, si verifica una lenta trasformazione di una società a matrice feudale in società con prerogative anche urbane. Se è vero che i comportamenti dei grandi proprietari terrieri si dispongono progressivamente verso una rendita di tipo urbano, sulle “terre basse”, suscettibili di uno sviluppo in tale direzione, essi drenano in un primo momento i finanziamenti governativi legati alle bonifiche. In una seconda fase, la lezione dell’intensivizzazione degli usi agricoli mutuata ai suoli urbani dà luogo, di fatto, ad una sorta di traslazione di interesse dal fondo agricolo frazionato al lotto edificabile. Sono le regole della campagna, e non un sedicente primato (anche) culturale della città, ad avere ispirato i modi di costruzione di quest’ultima: tanto è vero che, in una terza fase, quella del secondo dopoguerra, i meccanismi di “produzione urbana” si manifesteranno attraverso una semplice “addizione per lotti”, come esito di una società che tratta lo spazio urbano alla stregua del “campo”, del fondo agricolo visto come unità produttiva.

Un fiume, una campagna, una città. Le “terre basse” lungo il Pescara

ARISTONE, Ottavia;
2007-01-01

Abstract

Tipologia b: Saggio in Libro Ottavia Aristone e Anna Laura Palazzo, «Un fiume, una campagna, una città. Le “terre basse” lungo il Pescara», in Storia e Ambiente. Città, risorse e territori nell’Italia contemporanea, (a cura di) Simone Neri Serneri, Carocci editore, 2007 Abstract. Questo contributo tenta di inquadrare la vicenda emblematica di un’opera pubblica annunciata e mai realizzata – il Canale del Littorio (1927) dell’omonimo Consorzio per l’irrigazione delle terre tra Manoppello e il mare Adriatico in riva destra del fiume Pescara – alla luce di una particolare caratterizzazione della società locale. Lo sfondo di riferimento si definisce attraverso i temi della continuità e della frattura nella trasformazione: temi che si riverberano sulla relazione tra città e territorio, e quindi, in definitiva, tra città e campagna. In queste fasi del farsi di città e territorio, quali sono gli elementi di continuità e di frattura nella società locale? Quali gli elementi di conflitto? Sullo scorcio dell’Ottocento prende corpo una contrapposizione tra i vecchi interessi notabilari e redditieri e una emergente imprenditoria locale (nel settore alimentare, dei materiali per costruzione, del chimico tradizionale), con un primo importante momento di scontro in occasione delle elezioni politiche del 1897, che vedono l’affermazione di Gabriele D’Annunzio in rappresentanza del cosiddetto “partito di ordine”. Un secondo momento di freno per la giovane imprenditoria abruzzese, ormai avviata sulla scena della modernizzazione con una fonte di produzione energetica asservita alle proprie esigenze (la FIDA, cfr. supra), è costituito dal Decreto Bonomi, che nel 1916, in piena guerra, abolisce il principio del primo richiedente nelle concessioni, conferendo la precedenza ai progetti di rilevanza nazionale in virtù di una dichiarazione di urgenza e indifferibilità. Parallelamente, si verifica una lenta trasformazione di una società a matrice feudale in società con prerogative anche urbane. Se è vero che i comportamenti dei grandi proprietari terrieri si dispongono progressivamente verso una rendita di tipo urbano, sulle “terre basse”, suscettibili di uno sviluppo in tale direzione, essi drenano in un primo momento i finanziamenti governativi legati alle bonifiche. In una seconda fase, la lezione dell’intensivizzazione degli usi agricoli mutuata ai suoli urbani dà luogo, di fatto, ad una sorta di traslazione di interesse dal fondo agricolo frazionato al lotto edificabile. Sono le regole della campagna, e non un sedicente primato (anche) culturale della città, ad avere ispirato i modi di costruzione di quest’ultima: tanto è vero che, in una terza fase, quella del secondo dopoguerra, i meccanismi di “produzione urbana” si manifesteranno attraverso una semplice “addizione per lotti”, come esito di una società che tratta lo spazio urbano alla stregua del “campo”, del fondo agricolo visto come unità produttiva.
2007
9788843040131
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