La monografia si concentra sull’opera cinematografica e sugli scritti più importanti – teorici e antropologici - di Maya Deren (Kijev 1917 – New York 1961), pioniera e leader del cinema off Holyywood del secondo dopoguerra, seguendo l’itinerario esistenziale della cineasta e le tappe principali che ne scandirono l’incontro con l’arte e con il cinema: dalla scoperta della vocazione cinematografica, al fianco del cineasta cecoslovacco Sasha Hammid, ai ripetuti soggiorni ad Haiti, che produssero un film mai montato sulle danze e i riti vudù, un libro antropologico sullo stesso argomento e l’iniziazione religiosa. Maya Deren seppe affermarsi in un periodo e in territori in cui ben poche possibilità venivano date a una giovane donna, che per giunta era portata d’istinto a dubitare delle formule facili, a sperimentare e a misurarsi continuamente con la realtà. Anticipatrice vera, Maya Deren ha infatti esercitato una pratica creativa e intellettuale rivelatasi presto piuttosto scomoda, nonostante la fama raggiunta negli anni ’40, perché di difficile collocazione in rapporto ai più importanti fenomeni di tendenza del suo tempo. A cominciare dall’etichetta di surrealista, dalla quale la stessa cineasta si dissociò, criticando esplicitamente le interpretazioni psicoanalitiche dei suoi film. Lo studio condotto nel libro esplora una pratica radicale, segnata dal profondo impegno etico che innerva l’idea di cinema indipendente che fu propria della cineasta. Una pratica che recupera la più autentica matrice ritualistica, mitologica e antropologica della Settima Arte, con un affascinante e irriducibile gesto di modernità cinematografica.

Sulle tracce di Maya Deren. Il cinema come progetto e avventura

TRIVELLI, Anita
2003-01-01

Abstract

La monografia si concentra sull’opera cinematografica e sugli scritti più importanti – teorici e antropologici - di Maya Deren (Kijev 1917 – New York 1961), pioniera e leader del cinema off Holyywood del secondo dopoguerra, seguendo l’itinerario esistenziale della cineasta e le tappe principali che ne scandirono l’incontro con l’arte e con il cinema: dalla scoperta della vocazione cinematografica, al fianco del cineasta cecoslovacco Sasha Hammid, ai ripetuti soggiorni ad Haiti, che produssero un film mai montato sulle danze e i riti vudù, un libro antropologico sullo stesso argomento e l’iniziazione religiosa. Maya Deren seppe affermarsi in un periodo e in territori in cui ben poche possibilità venivano date a una giovane donna, che per giunta era portata d’istinto a dubitare delle formule facili, a sperimentare e a misurarsi continuamente con la realtà. Anticipatrice vera, Maya Deren ha infatti esercitato una pratica creativa e intellettuale rivelatasi presto piuttosto scomoda, nonostante la fama raggiunta negli anni ’40, perché di difficile collocazione in rapporto ai più importanti fenomeni di tendenza del suo tempo. A cominciare dall’etichetta di surrealista, dalla quale la stessa cineasta si dissociò, criticando esplicitamente le interpretazioni psicoanalitiche dei suoi film. Lo studio condotto nel libro esplora una pratica radicale, segnata dal profondo impegno etico che innerva l’idea di cinema indipendente che fu propria della cineasta. Una pratica che recupera la più autentica matrice ritualistica, mitologica e antropologica della Settima Arte, con un affascinante e irriducibile gesto di modernità cinematografica.
2003
9788871804491
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