Fin dall’antichità si era ben consci degli effetti della Cannabis e delle sue possibilità per estraniarsi dalla realtà, per mettersi in contatto con le divinità, per godere di momenti di benessere e di piacere. Soltanto a partire dall'Ottocento si amplia la diffusione dell’uso della cannabis in Europa e tale uso comincia a connotarsi come consumo ricreativo-ludico. La sua diffusione davvero globale, ubiquitaria in ogni continente è derivata dalla sua adattabilità a tutte le condizioni, dall’estrema variabilità delle condizioni di coltivazione e dalle più svariate modalità di utilizzazione della fibra che se ne ricava. In Italia fino ai primi anni ’60 del Novecento essa ha rappresentato una delle risorse economiche fondamentali per le necessità domestiche delle famiglie. Negli ultimi cinquant'anni l’uso della cannabis si è estremamente esteso tra ampi strati della popolazione, in particolare giovanile connotandosi sempre più come consumo ricreativo o "di sballo". La diffusione del suo consumo per uso ludico è accompagnata da una strisciante e comune convinzione, nonostante le evidenze, che non sia così dannosa come si vuol far credere, e fa pensare al manifestarsi e all’esistenza di una subcultura della cannabis, in apparenza sotterranea ma emergente e piuttosto diffusa. Tale subcultura prescinde da qualunque divieto istituzionale, travalica la legge e si manifesta sotto forma di “ufficiosa legalità”. In un siffatto panorama sociale si è tornati a parlare pubblicamente degli effetti terapeutici della cannabis e della possibilità di prescrizione e utilizzo in ambito sanitario. Le vicende della cannabis e dei suoi usi medicinali mostrano sempre in qualche modo connotati paradossali, tra affermazioni e riconoscimenti di efficacia e validità e negazioni, pericoli di malattia mentale e conseguenti imprescindibili divieti. In Italia con i toni costantemente elevati e ambigui della discussione politica e mediatica, divisi tra diversi fondamentalismi, la questione si è trascinata per diversi anni, pur nel riconoscimento ormai palese ed inequivocabile nella letteratura scientifica delle potenzialità offerte da un uso medico dei derivati dalla cannabis, per il trattamento di diverse patologie. Il decreto del 18 aprile 2007 del Ministro della Salute Livia Turco ha riconosciuto la liceità dell’utilizzo terapeutico del THC (tetraidrocannabinoide, il più importante principio attivo della cannabis). Per i potenziali pazienti era però praticamente impossibile accedere ai farmaci in quanto non esistevano protocolli attuativi regionali. Nel marzo 2014 il Governo non impugna la legge della Regione Abruzzo n. 4 del 4 gennaio 2014: “Modalità di erogazione dei farmaci e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche” e apre al trattamento a base di medicinali cannabinoidi, nelle strutture sanitarie del Servizio Sanitario Regionale o a domicilio su prescrizione del medico generico, con oneri sempre a carico del SSR. Il nuovo quadro d’insieme circa il mondo della cannabis dovrebbe indurre ad una rivisitazione ideologica delle posizioni, magari per aprire il dibattito sulle conseguenze acute e croniche legate all’uso di una sostanza che presenta, nel mercato sotterraneo, sempre più elevati tassi di principio attivo. Questo per valutare anche dove e quando sia doveroso contrastare o porre limiti all’uso, al pari di quanto è accaduto con l’alcol.

Cannabis terapeutica

Di Francesco Gabriele
2016-01-01

Abstract

Fin dall’antichità si era ben consci degli effetti della Cannabis e delle sue possibilità per estraniarsi dalla realtà, per mettersi in contatto con le divinità, per godere di momenti di benessere e di piacere. Soltanto a partire dall'Ottocento si amplia la diffusione dell’uso della cannabis in Europa e tale uso comincia a connotarsi come consumo ricreativo-ludico. La sua diffusione davvero globale, ubiquitaria in ogni continente è derivata dalla sua adattabilità a tutte le condizioni, dall’estrema variabilità delle condizioni di coltivazione e dalle più svariate modalità di utilizzazione della fibra che se ne ricava. In Italia fino ai primi anni ’60 del Novecento essa ha rappresentato una delle risorse economiche fondamentali per le necessità domestiche delle famiglie. Negli ultimi cinquant'anni l’uso della cannabis si è estremamente esteso tra ampi strati della popolazione, in particolare giovanile connotandosi sempre più come consumo ricreativo o "di sballo". La diffusione del suo consumo per uso ludico è accompagnata da una strisciante e comune convinzione, nonostante le evidenze, che non sia così dannosa come si vuol far credere, e fa pensare al manifestarsi e all’esistenza di una subcultura della cannabis, in apparenza sotterranea ma emergente e piuttosto diffusa. Tale subcultura prescinde da qualunque divieto istituzionale, travalica la legge e si manifesta sotto forma di “ufficiosa legalità”. In un siffatto panorama sociale si è tornati a parlare pubblicamente degli effetti terapeutici della cannabis e della possibilità di prescrizione e utilizzo in ambito sanitario. Le vicende della cannabis e dei suoi usi medicinali mostrano sempre in qualche modo connotati paradossali, tra affermazioni e riconoscimenti di efficacia e validità e negazioni, pericoli di malattia mentale e conseguenti imprescindibili divieti. In Italia con i toni costantemente elevati e ambigui della discussione politica e mediatica, divisi tra diversi fondamentalismi, la questione si è trascinata per diversi anni, pur nel riconoscimento ormai palese ed inequivocabile nella letteratura scientifica delle potenzialità offerte da un uso medico dei derivati dalla cannabis, per il trattamento di diverse patologie. Il decreto del 18 aprile 2007 del Ministro della Salute Livia Turco ha riconosciuto la liceità dell’utilizzo terapeutico del THC (tetraidrocannabinoide, il più importante principio attivo della cannabis). Per i potenziali pazienti era però praticamente impossibile accedere ai farmaci in quanto non esistevano protocolli attuativi regionali. Nel marzo 2014 il Governo non impugna la legge della Regione Abruzzo n. 4 del 4 gennaio 2014: “Modalità di erogazione dei farmaci e dei preparati galenici magistrali a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche” e apre al trattamento a base di medicinali cannabinoidi, nelle strutture sanitarie del Servizio Sanitario Regionale o a domicilio su prescrizione del medico generico, con oneri sempre a carico del SSR. Il nuovo quadro d’insieme circa il mondo della cannabis dovrebbe indurre ad una rivisitazione ideologica delle posizioni, magari per aprire il dibattito sulle conseguenze acute e croniche legate all’uso di una sostanza che presenta, nel mercato sotterraneo, sempre più elevati tassi di principio attivo. Questo per valutare anche dove e quando sia doveroso contrastare o porre limiti all’uso, al pari di quanto è accaduto con l’alcol.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/680874
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