L’integrazione giuridica europea esercita una profonda influenza sulla tutela del contribuente attraverso variegati meccanismi. In primo luogo esistono norme europee direttamente applicabili ai rapporti tributari, intendendosi per norme anche i principi generali; per l’elaborazione di tali principi risulta fondamentale il ruolo della giurisprudenza, per cui la giurisdizione europea assume rilievo sia in relazione alle azioni aventi ad oggetto gli atti delle istituzioni europee, sia in relazione alle azioni aventi ad oggetto la corretta applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri; inoltre sono ricorrenti e significativi gli specifici interventi della Corte di Giustizia in materia tributaria, soprattutto mediante le procedure di infrazione e di rinvio pregiudiziale. Si rinviene poi l’esistenza di veri e propri canali legislativi per l’afflusso dei principi generali del diritto europeo nell’ordinamento tributario italiano, quali: lo Statuto dei diritti del contribuente, nel quale mancano espressi rinvii, ma si rinvengono molteplici segni delle spinte europee; l’art. 111 Cost., con il quale, a seguito di legge di revisione costituzionale del 1999, è stato espressamente introdotto nel nostro ordinamento il giusto processo, evocando palesemente le garanzie della CEDU; l’art. 117, 1 co., Cost., che in occasione della riforma del Titolo V è stato riformulato, prevedendo che lo Stato e le Regioni, nell’esercizio delle loro potestà legislative, sono tenuti al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dal diritto internazionale; soprattutto la legge n. 241/1990 -così come novellata dalla legge n. 15/2005- che contiene ora un esplicito rinvio ai principi del diritto comunitario (art. 1, 1 co.). Infine si rilevano altre diffuse modalità di circolazione dei principi e di indiretta ed informale influenza del diritto europeo sul diritto nazionale, per via giurisprudenziale, politica, economica, sociale ecc. Certo è che il primato del diritto comunitario ha aperto nel sistema della giustizia tributaria un cratere vasto e frastagliato, dal quale eruttano costantemente sollecitazioni, principi e soluzioni applicative dirompenti. In alcuni settori il Fisco -con l’avallo della giurisprudenza- resiste strenuamente all’impatto del diritto europeo, e la stessa Corte di Giustizia subisce condizionamenti derivanti dalla sopravvalutazione dell’interesse fiscale degli Stati membri; si pensi soprattutto al rimborso dei tributi incompatibili. In altri settori la giurisprudenza risulta rigorosissima nel salvaguardare il pieno rispetto del diritto europeo: ad es. in materia di aiuti di Stato fiscali e di condoni. I fondamentali principi di equivalenza ed effettività nella tutela delle situazioni soggettive di rilievo europeo vengono pretoriamente contemperati in misura differenziata a seconda delle preoccupazioni finanziarie. Vengono quindi identificati e criticati quegli orientamenti giurisprudenziali che nelle controversie di rimborso si limitano ad assicurare lo standard di tutela minimale, ancorato al principio di equivalenza, mentre nelle controversie in tema di abuso del diritto, recupero degli aiuti di Stato ed effetti dei condoni, si spingono a promuovere creativamente il principio di effettività; si è evidenziato che nel dibattito su diritto europeo e fiscalità la sfera delle garanzie del contribuente risulta oggi recessiva; sono state indicate talune recenti prospettive evolutive, anche in tema di atti impositivi emessi in violazione del diritto europeo; si è tentato di ricondurre a sistema tali fenomeni, in coerenza con gli stessi principi cardine del diritto europeo e con i valori costituzionali. In particolare è stata confutata la tendenza ad assicurare il radicale primato del diritto comunitario, giungendo a disapplicare non solo le singole norme nazionali specificamente in contrasto (norme confliggenti), e se del caso i provvedimenti amministrativi emessi in attuazione di tali norme, ma anche tutte le norme procedurali la cui operatività risulti in concreto tale da precludere la riaffermazione del diritto comunitario violato (norme strumentali). Invero il primato del diritto comunitario limita la capacità degli Stati membri di esercitare le loro competenze in un settore determinato, nella misura in cui ciò da luogo ad un conflitto con le disposizioni adottate dall’Unione Europea nell’esercizio delle proprie competenze nello stesso settore. Ma tale principio non può essere esteso oltre i limiti di ripartizione delle competenze che ne giustificano la significativa incisività. Ed è chiaro a tutti che gli eccessi del “primato” e la mortificazione delle specificità nazionali contribuiscono ad alimentare il crescente riflusso antieuropeo. Pertanto la diffusa vis disapplicativa in ossequio al “primato”, devia dalle logiche della graduale e capillare integrazione funzionale, è priva di base normativa, risulta distonica rispetto all’equilibrio tra salvaguardia dei valori europei e salvaguardia dei valori costituzionali, ma sopratutto si pone in contrasto con il principio di autonomia procedurale degli Stati membri nell’attuazione del diritto europeo e nella tutela delle situazioni soggettive. Anche nella prospettiva più strettamente nazionale gli effetti dell’integrazione giuridica europea sono evidenti e significativi. Basti pensare all’introduzione del principio del giusto processo nell’art. 111 Cost. ed al conseguenziale superamento della “specialità” del processo tributario invocata frequentemente per giustificare anomalie processuali, limitazioni ai poteri dei giudici, inadeguati livelli di tutela ecc. Il principio del giusto processo ha aperto interessanti prospettive per la piena maturazione della giurisdizione tributaria, per il ridimensionamento dell’interesse fiscale rispetto alle garanzie del contribuente, per il riesame in chiave critica di alcuni controversi istituti e meccanismi del processo tributario sbilanciati a favore del Fisco, per una rilettura dell’istruttoria alla luce del principio di parità delle armi ecc. Per quanto riguarda l’azione impositiva ed i procedimenti tributari la valorizzazione dei principi del diritto comunitario ha assunto connotazioni polivalenti. Lo Statuto del contribuente ha rafforzato il sistema delle garanzie; la riforma della legge n. 241/1991 ha depotenziato i vizi formali ed ha attenuato fortemente la rilevanza degli interessi oppositivi degli amministrati, e quindi dei contribuenti; il quadro generale è quello di un trend legislativo animato da una forte reazione antiformalistica. Tuttavia nel diritto tributario, in cui si rinvengono le massime espressioni della sovranità e dell’autoritatività, la spinta della legge n. 241/1990 verso la nuova filosofia dell’amministrazione di risultato, ed il favor per gli interessi pubblici e collettivi, può giustificare il depotenziamento dei vizi formali e della tutela degli interessi oppositivi dei contribuenti, ma solo alle seguenti condizioni: -la revisione in ottica sostanzialistica e non più legalistico-formale della disciplina e della gestione dei rapporti tributari; -l’affermazione della tutela del contribuente nei procedimenti tributari, con parità di trattamento rispetto all’analoga tutela di cui gode ogni altro cittadino nei procedimenti amministrativi; -la piena maturazione della magistratura tributaria, sotto tutti i profili, ma in particolare della terzietà ed imparzialità, della qualificazione e della professionalità dei giudici; -l’evoluzione della giurisdizione tributaria mediante rafforzamento della tutela cautelare, dell’istruzione probatoria e più in generale nella prospettiva del superamento dei privilegia fisci nel processo. E’ scontato che in merito gli interventi legislativi di adeguamento tarderanno clamorosamente, non fosse altro che per mantenere la magistratura tributaria in una situazione di sudditanza rispetto al Potere Esecutivo e di inferiorità rispetto alle magistrature togate, e per tentare di conservare ad oltranza i privilegia fisci connaturati al tradizionale predominio dell’interesse fiscale. Sta quindi alla dottrina ed alla giurisprudenza acquisire la piena consapevolezza del fenomeno e promuovere sul campo la modernizzazione del sistema tributario, mediante la rivisitazione interpretativa degli istituti e la vivificazione applicativa del nuovo rapporto amministrazione- contribuente, nella logica sostanzialistica dell’attività amministrativa come servizio per la collettività, ma senza perdere di vista il nucleo caratterizzante le tecniche di garanzia nei rapporti autorità-libertà. Del resto già sul piano interpretativo e dei principi sussistono ampi spazi per l’attenuazione dei vizi procedimentali e formali nei quali può incorrere il contribuente nella gestione dei rapporti tributari. Va certamente riconosciuto il ruolo fondamentale dell’interesse fiscale, desumibile dall’art. 53 Cost., inteso quale interesse alla percezione dei tributi, pronta e perequata, mediante l’esatto funzionamento del sistema tributario; ma non può essere obliterato il principio di capacità contributiva espressamente posto al centro del sistema dei valori costituzionali. Interesse fiscale e capacità contributiva vanno contemperati in modo coerente. In una prospettiva formalistica, l’equilibrio e la reciproca salvaguardia rispondono a logiche formali, mentre in una prospettiva sostanzialistica dovranno necessariamente rispondere a logiche sostanziali. Il principio di uguaglianza, il diritto di difesa, le regole del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, impongono una interpretazione equilibrata e coerente della salvaguardia dell’interesse fiscale e del principio di capacità contributiva. E’ specificamente il dovere di imparzialità ad imporre all’Amministrazione finanziaria di tollerare nei confronti del contribuente quegli stessi vizi procedimentali e formali, che ad essa sono tollerati dall’art. 21 octies della legge n. 241/1990. Per tale via può e deve essere valorizzato in via interpretativa il superamento del rigido formalismo che condiziona gli adempimenti dei contribuenti, gli obblighi dichiarativi e strumentali, la modulistica ecc. Esempi importanti di questa prospettiva ermeneutica sono offerti dallo Statuto dei diritti del contribuente: -l’art. 6, dedicato alla conoscenza degli atti ed alla semplificazione, dispone che l’Amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di sanzioni, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti; -l’art. 10, rivolto ai profili della tutela dell’affidamento, della buona fede e dell’illecito, ha poi previsto che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e di buona fede, e che le violazioni formali non sono punibili. Su tali basi va fondato il rifiuto di interpretazioni formalistiche ed il doveroso rispetto dei comportamenti sostanzialmente corretti dei contribuenti.

Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea. Contributo allo studio della prospettiva italiana

DEL FEDERICO, Lorenzo
2010-01-01

Abstract

L’integrazione giuridica europea esercita una profonda influenza sulla tutela del contribuente attraverso variegati meccanismi. In primo luogo esistono norme europee direttamente applicabili ai rapporti tributari, intendendosi per norme anche i principi generali; per l’elaborazione di tali principi risulta fondamentale il ruolo della giurisprudenza, per cui la giurisdizione europea assume rilievo sia in relazione alle azioni aventi ad oggetto gli atti delle istituzioni europee, sia in relazione alle azioni aventi ad oggetto la corretta applicazione del diritto europeo da parte degli Stati membri; inoltre sono ricorrenti e significativi gli specifici interventi della Corte di Giustizia in materia tributaria, soprattutto mediante le procedure di infrazione e di rinvio pregiudiziale. Si rinviene poi l’esistenza di veri e propri canali legislativi per l’afflusso dei principi generali del diritto europeo nell’ordinamento tributario italiano, quali: lo Statuto dei diritti del contribuente, nel quale mancano espressi rinvii, ma si rinvengono molteplici segni delle spinte europee; l’art. 111 Cost., con il quale, a seguito di legge di revisione costituzionale del 1999, è stato espressamente introdotto nel nostro ordinamento il giusto processo, evocando palesemente le garanzie della CEDU; l’art. 117, 1 co., Cost., che in occasione della riforma del Titolo V è stato riformulato, prevedendo che lo Stato e le Regioni, nell’esercizio delle loro potestà legislative, sono tenuti al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dal diritto internazionale; soprattutto la legge n. 241/1990 -così come novellata dalla legge n. 15/2005- che contiene ora un esplicito rinvio ai principi del diritto comunitario (art. 1, 1 co.). Infine si rilevano altre diffuse modalità di circolazione dei principi e di indiretta ed informale influenza del diritto europeo sul diritto nazionale, per via giurisprudenziale, politica, economica, sociale ecc. Certo è che il primato del diritto comunitario ha aperto nel sistema della giustizia tributaria un cratere vasto e frastagliato, dal quale eruttano costantemente sollecitazioni, principi e soluzioni applicative dirompenti. In alcuni settori il Fisco -con l’avallo della giurisprudenza- resiste strenuamente all’impatto del diritto europeo, e la stessa Corte di Giustizia subisce condizionamenti derivanti dalla sopravvalutazione dell’interesse fiscale degli Stati membri; si pensi soprattutto al rimborso dei tributi incompatibili. In altri settori la giurisprudenza risulta rigorosissima nel salvaguardare il pieno rispetto del diritto europeo: ad es. in materia di aiuti di Stato fiscali e di condoni. I fondamentali principi di equivalenza ed effettività nella tutela delle situazioni soggettive di rilievo europeo vengono pretoriamente contemperati in misura differenziata a seconda delle preoccupazioni finanziarie. Vengono quindi identificati e criticati quegli orientamenti giurisprudenziali che nelle controversie di rimborso si limitano ad assicurare lo standard di tutela minimale, ancorato al principio di equivalenza, mentre nelle controversie in tema di abuso del diritto, recupero degli aiuti di Stato ed effetti dei condoni, si spingono a promuovere creativamente il principio di effettività; si è evidenziato che nel dibattito su diritto europeo e fiscalità la sfera delle garanzie del contribuente risulta oggi recessiva; sono state indicate talune recenti prospettive evolutive, anche in tema di atti impositivi emessi in violazione del diritto europeo; si è tentato di ricondurre a sistema tali fenomeni, in coerenza con gli stessi principi cardine del diritto europeo e con i valori costituzionali. In particolare è stata confutata la tendenza ad assicurare il radicale primato del diritto comunitario, giungendo a disapplicare non solo le singole norme nazionali specificamente in contrasto (norme confliggenti), e se del caso i provvedimenti amministrativi emessi in attuazione di tali norme, ma anche tutte le norme procedurali la cui operatività risulti in concreto tale da precludere la riaffermazione del diritto comunitario violato (norme strumentali). Invero il primato del diritto comunitario limita la capacità degli Stati membri di esercitare le loro competenze in un settore determinato, nella misura in cui ciò da luogo ad un conflitto con le disposizioni adottate dall’Unione Europea nell’esercizio delle proprie competenze nello stesso settore. Ma tale principio non può essere esteso oltre i limiti di ripartizione delle competenze che ne giustificano la significativa incisività. Ed è chiaro a tutti che gli eccessi del “primato” e la mortificazione delle specificità nazionali contribuiscono ad alimentare il crescente riflusso antieuropeo. Pertanto la diffusa vis disapplicativa in ossequio al “primato”, devia dalle logiche della graduale e capillare integrazione funzionale, è priva di base normativa, risulta distonica rispetto all’equilibrio tra salvaguardia dei valori europei e salvaguardia dei valori costituzionali, ma sopratutto si pone in contrasto con il principio di autonomia procedurale degli Stati membri nell’attuazione del diritto europeo e nella tutela delle situazioni soggettive. Anche nella prospettiva più strettamente nazionale gli effetti dell’integrazione giuridica europea sono evidenti e significativi. Basti pensare all’introduzione del principio del giusto processo nell’art. 111 Cost. ed al conseguenziale superamento della “specialità” del processo tributario invocata frequentemente per giustificare anomalie processuali, limitazioni ai poteri dei giudici, inadeguati livelli di tutela ecc. Il principio del giusto processo ha aperto interessanti prospettive per la piena maturazione della giurisdizione tributaria, per il ridimensionamento dell’interesse fiscale rispetto alle garanzie del contribuente, per il riesame in chiave critica di alcuni controversi istituti e meccanismi del processo tributario sbilanciati a favore del Fisco, per una rilettura dell’istruttoria alla luce del principio di parità delle armi ecc. Per quanto riguarda l’azione impositiva ed i procedimenti tributari la valorizzazione dei principi del diritto comunitario ha assunto connotazioni polivalenti. Lo Statuto del contribuente ha rafforzato il sistema delle garanzie; la riforma della legge n. 241/1991 ha depotenziato i vizi formali ed ha attenuato fortemente la rilevanza degli interessi oppositivi degli amministrati, e quindi dei contribuenti; il quadro generale è quello di un trend legislativo animato da una forte reazione antiformalistica. Tuttavia nel diritto tributario, in cui si rinvengono le massime espressioni della sovranità e dell’autoritatività, la spinta della legge n. 241/1990 verso la nuova filosofia dell’amministrazione di risultato, ed il favor per gli interessi pubblici e collettivi, può giustificare il depotenziamento dei vizi formali e della tutela degli interessi oppositivi dei contribuenti, ma solo alle seguenti condizioni: -la revisione in ottica sostanzialistica e non più legalistico-formale della disciplina e della gestione dei rapporti tributari; -l’affermazione della tutela del contribuente nei procedimenti tributari, con parità di trattamento rispetto all’analoga tutela di cui gode ogni altro cittadino nei procedimenti amministrativi; -la piena maturazione della magistratura tributaria, sotto tutti i profili, ma in particolare della terzietà ed imparzialità, della qualificazione e della professionalità dei giudici; -l’evoluzione della giurisdizione tributaria mediante rafforzamento della tutela cautelare, dell’istruzione probatoria e più in generale nella prospettiva del superamento dei privilegia fisci nel processo. E’ scontato che in merito gli interventi legislativi di adeguamento tarderanno clamorosamente, non fosse altro che per mantenere la magistratura tributaria in una situazione di sudditanza rispetto al Potere Esecutivo e di inferiorità rispetto alle magistrature togate, e per tentare di conservare ad oltranza i privilegia fisci connaturati al tradizionale predominio dell’interesse fiscale. Sta quindi alla dottrina ed alla giurisprudenza acquisire la piena consapevolezza del fenomeno e promuovere sul campo la modernizzazione del sistema tributario, mediante la rivisitazione interpretativa degli istituti e la vivificazione applicativa del nuovo rapporto amministrazione- contribuente, nella logica sostanzialistica dell’attività amministrativa come servizio per la collettività, ma senza perdere di vista il nucleo caratterizzante le tecniche di garanzia nei rapporti autorità-libertà. Del resto già sul piano interpretativo e dei principi sussistono ampi spazi per l’attenuazione dei vizi procedimentali e formali nei quali può incorrere il contribuente nella gestione dei rapporti tributari. Va certamente riconosciuto il ruolo fondamentale dell’interesse fiscale, desumibile dall’art. 53 Cost., inteso quale interesse alla percezione dei tributi, pronta e perequata, mediante l’esatto funzionamento del sistema tributario; ma non può essere obliterato il principio di capacità contributiva espressamente posto al centro del sistema dei valori costituzionali. Interesse fiscale e capacità contributiva vanno contemperati in modo coerente. In una prospettiva formalistica, l’equilibrio e la reciproca salvaguardia rispondono a logiche formali, mentre in una prospettiva sostanzialistica dovranno necessariamente rispondere a logiche sostanziali. Il principio di uguaglianza, il diritto di difesa, le regole del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa, impongono una interpretazione equilibrata e coerente della salvaguardia dell’interesse fiscale e del principio di capacità contributiva. E’ specificamente il dovere di imparzialità ad imporre all’Amministrazione finanziaria di tollerare nei confronti del contribuente quegli stessi vizi procedimentali e formali, che ad essa sono tollerati dall’art. 21 octies della legge n. 241/1990. Per tale via può e deve essere valorizzato in via interpretativa il superamento del rigido formalismo che condiziona gli adempimenti dei contribuenti, gli obblighi dichiarativi e strumentali, la modulistica ecc. Esempi importanti di questa prospettiva ermeneutica sono offerti dallo Statuto dei diritti del contribuente: -l’art. 6, dedicato alla conoscenza degli atti ed alla semplificazione, dispone che l’Amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione di sanzioni, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti; -l’art. 10, rivolto ai profili della tutela dell’affidamento, della buona fede e dell’illecito, ha poi previsto che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e di buona fede, e che le violazioni formali non sono punibili. Su tali basi va fondato il rifiuto di interpretazioni formalistiche ed il doveroso rispetto dei comportamenti sostanzialmente corretti dei contribuenti.
2010
9788814154751
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/103081
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact