Un’idea di scrittura creativa informa queste pagine sul novecento letterario, ed è quella di una intrinseca istanza agonica che ne costituisce il filo rosso di continuità oltre e nonostante il moltepli¬ce e spesso antagonistico affermarsi delle differen¬ti opzioni formali e delle opposte istanze conosci¬tive. Il fatto è che la difficile opera di ricostruzio¬ne di una identità soggettiva e di un rapporto aperto con il mondo - peculiarità tipicamente contemporanea all’interno del più vasto climax del moderno - è sottoposta di continuo all’opera corrosiva di quanto esplicitamente o implicita¬mente vi si oppone: la perdita di centralità, la messa in crisi del concetto stesso di verità e di uni¬vocità della conoscenza, se da una parte aprono spazi impensabili alla gnosi - proprio in quanto la ricerca è obbligata ogni volta a fare i conti con una sorta di reiterato no saber —, dall’altra costringono l’immaginario a muoversi su di un terreno insta¬bile, irto di asperità e insieme magmatico, in cui si procede solo «a balzi», tra slittamenti, sprofon¬damenti e blocchi improvvisi. L’estrema varietà dei registri linguistici e stilistico-formali ne costituisce la risultante operativa. Discorso discorde, dunque, per alludere a quell’insolvibile pathos delle forme e degli istituti letterari, che costituisce - si direbbe - l’increspatu¬ra di superficie di una sofferenza che si svolge tutta al livello ispirativo, in quella sorta di crogiuolo cui lo scrittore affida il se stesso più recondito. E lo fa senza remore, mettendo in discussione — che lo voglia o no al livello delle convinzioni razionali - tutta la propria sostanza umana, in una interroga¬zione senza fine che gli deriva dall’urto ininterrot¬to di sé con il mondo e di sé con se stesso. Il libro ricostruisce, a partire dalle sue origi¬ni, l’avventura del Novecento, indagandone in alcuni snodi problematici (il rapporto con l’alterità, il senso del sacro, la tradizione del moderno da Leopardi a Baudealire) e in alcuni autori sin¬tomatici (dal D’Annunzio “notturno”, agli esordi di Girolamo Comi, da Gozzano a Ungaretti e Montale, da Betocchi a Luzi, dal realismo fanta¬stico di Bonaviri a quello lirico di Manetti ed epico-narrativo dell’ultimo Mussapi), la multi¬forme problematicità, quella capacità di scendere al cuore della contraddizione, laddove si interse¬cano e si scontrano senza soluzione di continuità tutte le opzioni dell’uomo contemporaneo, in una navigazione a vista tra le secche dell’esistere e della storia, alla ricerca ininterrotta di una veri¬tà destinata a rimanere insondabile.
IL DISCOSRO DISCORDE Voci e figure dell'inquietudine novecentesca
QUIRICONI, Giancarlo
2004-01-01
Abstract
Un’idea di scrittura creativa informa queste pagine sul novecento letterario, ed è quella di una intrinseca istanza agonica che ne costituisce il filo rosso di continuità oltre e nonostante il moltepli¬ce e spesso antagonistico affermarsi delle differen¬ti opzioni formali e delle opposte istanze conosci¬tive. Il fatto è che la difficile opera di ricostruzio¬ne di una identità soggettiva e di un rapporto aperto con il mondo - peculiarità tipicamente contemporanea all’interno del più vasto climax del moderno - è sottoposta di continuo all’opera corrosiva di quanto esplicitamente o implicita¬mente vi si oppone: la perdita di centralità, la messa in crisi del concetto stesso di verità e di uni¬vocità della conoscenza, se da una parte aprono spazi impensabili alla gnosi - proprio in quanto la ricerca è obbligata ogni volta a fare i conti con una sorta di reiterato no saber —, dall’altra costringono l’immaginario a muoversi su di un terreno insta¬bile, irto di asperità e insieme magmatico, in cui si procede solo «a balzi», tra slittamenti, sprofon¬damenti e blocchi improvvisi. L’estrema varietà dei registri linguistici e stilistico-formali ne costituisce la risultante operativa. Discorso discorde, dunque, per alludere a quell’insolvibile pathos delle forme e degli istituti letterari, che costituisce - si direbbe - l’increspatu¬ra di superficie di una sofferenza che si svolge tutta al livello ispirativo, in quella sorta di crogiuolo cui lo scrittore affida il se stesso più recondito. E lo fa senza remore, mettendo in discussione — che lo voglia o no al livello delle convinzioni razionali - tutta la propria sostanza umana, in una interroga¬zione senza fine che gli deriva dall’urto ininterrot¬to di sé con il mondo e di sé con se stesso. Il libro ricostruisce, a partire dalle sue origi¬ni, l’avventura del Novecento, indagandone in alcuni snodi problematici (il rapporto con l’alterità, il senso del sacro, la tradizione del moderno da Leopardi a Baudealire) e in alcuni autori sin¬tomatici (dal D’Annunzio “notturno”, agli esordi di Girolamo Comi, da Gozzano a Ungaretti e Montale, da Betocchi a Luzi, dal realismo fanta¬stico di Bonaviri a quello lirico di Manetti ed epico-narrativo dell’ultimo Mussapi), la multi¬forme problematicità, quella capacità di scendere al cuore della contraddizione, laddove si interse¬cano e si scontrano senza soluzione di continuità tutte le opzioni dell’uomo contemporaneo, in una navigazione a vista tra le secche dell’esistere e della storia, alla ricerca ininterrotta di una veri¬tà destinata a rimanere insondabile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.