Nell’introduzione all’edizione Penguin Classics, Janet Todd scrive: “Mary Wollstonecraft (1759-1797) is one of the most distinctive letter writers of the eighteenth century”. Una simile affermazione induce il lettore a cercare nelle lettere quel senso di “distinctiveness” che fanno della Wollstonecraft l’espressione migliore di una scrittura al femminile di cui il secolo langue. Mary Wollstonecraft rifugge da un modello collettivo di scrittura per entrare già nel vivo di una creazione che rappresenterà la base della sua produzione successiva. Conversazioni prive di censure, in cui il modello ideale è costituito dalla possibilità offerta alla parola di dispiegarsi e di porsi come impalpabile interrogante a cui dare risposte. La lettera diventa, il “setting”, il luogo del cambiamento e delle reazioni, lo spazio della trasformazione, ma anche della verifica della propria fragilità. Nelle lettere la Wollstonecraft svela la sua umanità sofferente, apre gli occhi sul suo mondo interiore e lo comunica, ma nel fare questo si ha come la sensazione che il suo interlocutore — quel suo recipient di cui poco, forse, tiene conto —sia, talvolta, un pretesto, un prezioso “assente” che diventa stimolo alla confessione. E’ come se la lettera fosse lo spunto per dare spazio ad una riflessione retrospettiva sull’esperienza. Nello spazio della lettera il vissuto soggettivo di Mary Wollstonecraft chiede di essere compreso, di riuscire a far cogliere di sé e dei propri ideali una visione diversa, di far accettare la sua stessa complessità, abbandonando ogni barriera difensiva, facendo cogliere la sua intrinseca verità. La lettera come momento e spazio di relazione diventa il luogo in cui è possibile restituire sostanza a chi scrive, a chi affida la propria interiorità alla parola, ridando ordine ad un linguaggio che diventa nuovo, fatto di emozioni, lontano dai segni razionali che ha sempre utilizzato.

“Mary Wollstonecraft: la lettera come spazio di riflessione”

PARTENZA, Paola
2006-01-01

Abstract

Nell’introduzione all’edizione Penguin Classics, Janet Todd scrive: “Mary Wollstonecraft (1759-1797) is one of the most distinctive letter writers of the eighteenth century”. Una simile affermazione induce il lettore a cercare nelle lettere quel senso di “distinctiveness” che fanno della Wollstonecraft l’espressione migliore di una scrittura al femminile di cui il secolo langue. Mary Wollstonecraft rifugge da un modello collettivo di scrittura per entrare già nel vivo di una creazione che rappresenterà la base della sua produzione successiva. Conversazioni prive di censure, in cui il modello ideale è costituito dalla possibilità offerta alla parola di dispiegarsi e di porsi come impalpabile interrogante a cui dare risposte. La lettera diventa, il “setting”, il luogo del cambiamento e delle reazioni, lo spazio della trasformazione, ma anche della verifica della propria fragilità. Nelle lettere la Wollstonecraft svela la sua umanità sofferente, apre gli occhi sul suo mondo interiore e lo comunica, ma nel fare questo si ha come la sensazione che il suo interlocutore — quel suo recipient di cui poco, forse, tiene conto —sia, talvolta, un pretesto, un prezioso “assente” che diventa stimolo alla confessione. E’ come se la lettera fosse lo spunto per dare spazio ad una riflessione retrospettiva sull’esperienza. Nello spazio della lettera il vissuto soggettivo di Mary Wollstonecraft chiede di essere compreso, di riuscire a far cogliere di sé e dei propri ideali una visione diversa, di far accettare la sua stessa complessità, abbandonando ogni barriera difensiva, facendo cogliere la sua intrinseca verità. La lettera come momento e spazio di relazione diventa il luogo in cui è possibile restituire sostanza a chi scrive, a chi affida la propria interiorità alla parola, ridando ordine ad un linguaggio che diventa nuovo, fatto di emozioni, lontano dai segni razionali che ha sempre utilizzato.
2006
9788820739843
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