Il pensiero cristiano vede, in genere, nel dolore fisico la conseguenza di una colpa commessa (poena peccati) e/o l’occasione per dar prova della fede professata (probatio fidei), attribuendogli quindi una funzione fondamentalmente pedagogico-provvidenziale. Questa concezione tradizionale della sofferenza, che segna pesantemente anche l’attuale dibattito sul testamento biologico e il suicidio assistito, appare tuttavia per più aspetti estremamente problematica (anche da un punto di vista cristiano) e quindi meritevole di un’attenta indagine critica. In questa prospettiva va letto il presente volume, che affronta in particolare i seguenti problemi: l’assenza nella Bibbia di una condanna esplicita di suicidio ed eutanasia; l’influenza decisiva dell’Agostino antidonatista nella tabuizzazione (teologica, legislativa e cultuale) del fenomeno suicidale nella nostra cultura; la differente valutazione che del suicidio hanno dato le diverse epoche della storia dell’occidente (antichità, medioevo, rinascimento, illuminismo, contemporaneità); la presenza, nel dibattito filosofico sul tema, di due concezioni opposte ma complementari del suicidio: atto razionalmente ponderato e liberamente voluto da un lato, risultato conclusivo di uno sviluppo fondamentalmente patologico dall’altro; la svolta impressa dalla sociologia e dalla psicoanalisi (più attente ai fattori condizionanti la personalità del suicida) nell’approccio al gesto autodistruttivo per eccellenza; la decisività dell’orizzonte di senso che sostanzia l’esistenza del singolo individuo, nell’atto di decidere della legittimità o meno del suicidio; la disumanità di quel cristianesimo che, invece di offrire perdono e speranza, condanna e colpevolizza chi, in uno stato di sofferenza senza via d’uscita, è preso dalla tentazione di levar-la-mano-su-di-sé; l’incongruenza dei principali argomenti addotti dal magistero cattolico contro la legittimità dell’eutanasia; la segreta volontà di scagionare il Dio creatore dalla responsabilità di essere all’origine del dolore del mondo, che sottende il tentativo agostiniano e tradizionale di ricondurre la realtà della sofferenza al peccato d’origine, pensato come evento storicamente accaduto.
Sofferenza e suicidio. Per una critica del tradizionale approccio cristiano al problema del dolore
GARAVENTA, Roberto
2008-01-01
Abstract
Il pensiero cristiano vede, in genere, nel dolore fisico la conseguenza di una colpa commessa (poena peccati) e/o l’occasione per dar prova della fede professata (probatio fidei), attribuendogli quindi una funzione fondamentalmente pedagogico-provvidenziale. Questa concezione tradizionale della sofferenza, che segna pesantemente anche l’attuale dibattito sul testamento biologico e il suicidio assistito, appare tuttavia per più aspetti estremamente problematica (anche da un punto di vista cristiano) e quindi meritevole di un’attenta indagine critica. In questa prospettiva va letto il presente volume, che affronta in particolare i seguenti problemi: l’assenza nella Bibbia di una condanna esplicita di suicidio ed eutanasia; l’influenza decisiva dell’Agostino antidonatista nella tabuizzazione (teologica, legislativa e cultuale) del fenomeno suicidale nella nostra cultura; la differente valutazione che del suicidio hanno dato le diverse epoche della storia dell’occidente (antichità, medioevo, rinascimento, illuminismo, contemporaneità); la presenza, nel dibattito filosofico sul tema, di due concezioni opposte ma complementari del suicidio: atto razionalmente ponderato e liberamente voluto da un lato, risultato conclusivo di uno sviluppo fondamentalmente patologico dall’altro; la svolta impressa dalla sociologia e dalla psicoanalisi (più attente ai fattori condizionanti la personalità del suicida) nell’approccio al gesto autodistruttivo per eccellenza; la decisività dell’orizzonte di senso che sostanzia l’esistenza del singolo individuo, nell’atto di decidere della legittimità o meno del suicidio; la disumanità di quel cristianesimo che, invece di offrire perdono e speranza, condanna e colpevolizza chi, in uno stato di sofferenza senza via d’uscita, è preso dalla tentazione di levar-la-mano-su-di-sé; l’incongruenza dei principali argomenti addotti dal magistero cattolico contro la legittimità dell’eutanasia; la segreta volontà di scagionare il Dio creatore dalla responsabilità di essere all’origine del dolore del mondo, che sottende il tentativo agostiniano e tradizionale di ricondurre la realtà della sofferenza al peccato d’origine, pensato come evento storicamente accaduto.File | Dimensione | Formato | |
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