Matteo di Simone Gondi e Pasquale di Santuccio: due imprenditori a confronto nell’Abruzzo del XV secolo di Natascia Ridolfi Nei secoli XIV e XV nell’entroterra abruzzese si svilupparono importanti centri mercantili che divennero il fulcro di vivaci attività economiche. Di un certo rilievo fu il ruolo della città dell’Aquila, importante riferimento economico-finanziario del Regno. Tra le attività avviate all’interno della città ricordiamo l’esportazione di lana proveniente dai ricchi allevamenti di ovini ospitati nelle montagne dell’Aquilano, grazie alla quale si diede vita ad un prospero commercio con le maggiori città italiane, quali Firenze, Napoli, Roma, nonché con tutto il territorio pugliese. Il traffico dello zafferano, che si presume ebbe inizio già nel corso del XIV secolo, era particolarmente vivace verso l’Italia centro-settentrionale, poiché richiesto dai mercanti milanesi, fiorentini e soprattutto veneti che ne facevano incetta per negoziarlo con gli operatori tedeschi. A partire dalla metà del XV secolo quest’ultimi, però, iniziarono ad acquistare la spezia sulla piazza aquilana in grandi quantità, limitando l’ausilio di intermediari; a tal proposito ricordiamo la presenza della Grande Compagnia di Ravensburgo e dei mercanti Baumgartner. Di un certo rilievo era anche il commercio della seta, prodotta nel contado e venduta nel mercato cittadino, mentre un ruolo determinante fu rivestito dall’attività orafa che nel corso del XV secolo fece della città dell’Aquila uno tra i maggiori centri di lavorazione della regione. In questo contesto economico operavano i due mercanti oggetto della nostra analisi: Matteo di Simone Gondi e Pasquale di Santuccio. Il lavoro prende le mosse dallo studio dei registri contabili delle due compagnie e più precisamente dai due libri mastri giunti sino a noi: quello dell’azienda di Matteo, rinvenuto presso l’Archivio Spedale degli Innocenti a Firenze, e quello di Pasquale, conservato presso l’Archivio di Stato dell’Aquila. Matteo di Simone Gondi, imprenditore fiorentino, apparteneva ad una delle famiglie di mercanti più prestigiose della città; gestiva a Firenze una proficua attività mercantile e creditizia che nel giugno 1480 estese anche in Abruzzo, creando all’Aquila una nuova compagnia che operò sotto la denominazione di Matteo Simone Gondi e Compagni d’Aquila. Di certo sappiamo che Gianfrancesco Peruzzi, presumibilmente cognato di Matteo, oltre ad essere socio di minoranza della compagnia aquilana, svolgeva anche funzioni di amministratore della stessa. Oggetto dell’attività commerciale erano sia i manufatti di provenienza fiorentina quali panni, seta e drappi, destinati alle piazze abruzzesi e napoletane, sia merci squisitamente locali, come lana, zafferano e seta, mentre altre di diversa provenienza come allume di Rocca, robbia, cera, zucchero e rame. Molto apprezzata sulla piazza fiorentina era la lana matricina, un prodotto di qualità che rappresentò per i lanaioli toscani un intervallo tra l’importazione di lana inglese e quella spagnola. L’azienda esercitava anche un’apprezzabile attività creditizia, a cui l’imprenditore faceva ricorso come fonte di finanziamento per il comparto mercantile. Matteo Gondi, infatti, si rivolgeva ad operatori esterni per avere una certa liquidità all’interno dell’azienda. La compagnia aquilana concludeva affari con le più svariate categorie sociali, dagli esponenti dell’alta nobiltà a quelli del ceto popolare, senza dimenticare gli intensi rapporti commerciali con affermate compagnie mercantili a carattere internazionale, come quella di Luca Capponi e Compagni di Firenze, Giovanni e Antonio di Sasso e Compagni di Napoli, Filippo Strozzi e Compagni sempre di Napoli, nonché quella di Falconieri e Corsini di Lione. L’azienda di Matteo Gondi cessò la sua attività con la morte del mercante il 25 luglio 1484. Pasquale di Santuccio, originario di Pizzoli, era un importante esponente della borghesia mercantile aquilana della seconda metà del XV secolo; avviò la sua attività imprenditoriale alla fine degli anni ’50. Dopo una breve esperienza societaria con Salvato di Giovanni, un aquilano, costituì nel 1466 un’azienda mercantile con il fratello Santo. Il campo d’azione dell’impresa nel settore commerciale era ad ampio raggio, infatti, essa aveva rapporti oltre che con i maggiori mercati della penisola, quali Firenze, Venezia, Napoli, Milano, anche con quelli esteri; numerosi erano i contatti con Lione, Ginevra e Bruges. Di primo piano era anche l’attività finanziaria gestita sia in forma pubblica che privata; la società di Santuccio, infatti, effettuava operazioni per conto di alcuni organi finanziari del Regno, nonché per conto dell’Università aquilana. I due aspetti dell’esercizio finanziario risultavano praticamente inscindibili, poiché lo stretto legame esistente tra le finanze pubbliche e i capitalisti abruzzesi rappresentava una consuetudine comune del periodo. La pastorizia transumante costituiva, infine, il settore di attività più tradizionale per la famiglia di Pasquale, ma anche il più remunerativo e rappresentava il fulcro degli interessi dell’azienda stessa. Una fitta rete di relazioni economiche con operatori di estrazione sociale diversa caratterizzava anche l’attività dell’imprenditore aquilano, da famiglie di primo piano come i Medici di Firenze, gli Strozzi di Napoli e gli Spannocchi di Siena, ai nobili abruzzesi quali il Conte di Montorio (Camponeschi), di Maddaloni (Carafa), di San Valentino, ma anche calzolai, salumieri, sarti, ecc. L’azienda di Pasquale di Santuccio cessò la sua attività in seguito alla morte dell’imprenditore nel 1499. La nostra analisi, dunque, pone l’attenzione su due imprenditori che operavano nello stesso momento storico, nella stessa località, ma la cui provenienza e formazione erano notevolmente differenti tanto da condizionarne l’agire negli affari. Siamo dinanzi a due figure tipiche della realtà imprenditoriale aquilana del ‘400, quella rappresentata dai mercanti forestieri e quella dei mercanti locali, figure che hanno contribuito in maniera diversa a far sì che L’Aquila diventasse un centro di traffici internazionali. Dall’analisi dei libri contabili delle aziende è possibile tracciare un profilo dei due imprenditori e metterne in risalto alcune peculiarità tipiche. È evidente che siamo dinanzi a due tipologie diverse di operatori economici: Matteo Gondi, proveniente da una ricca famiglia di mercanti, vantava una ricchezza di origine commerciale ed aveva una visione puramente mercantile e creditizia dell’attività economica; l’azienda aquilana di Matteo, inoltre, aveva alle spalle un bagaglio di conoscenze manageriali già consolidate, grazie al quale il mercante, che aveva avviato a Firenze una fiorente attività economica, estese i suoi interessi anche in Abruzzo. La lungimiranza negli affari lo portò, quindi, a dirigersi verso il mercato aquilano che in quel periodo era in piena espansione. Pasquale di Santuccio, proveniente da una famiglia di proprietari terrieri, quindi con una ricchezza legata alla terra e alla pastorizia, aveva interessi di carattere più localistico; diventò mercante, ma rimase legato al territorio e alle attività ad esso collegate. L’esperienza di Pasquale di Santuccio ebbe dunque origini diverse, in quanto la sua attività imprenditoriale era sostenuta da capitali provenienti dalla pastorizia transumante praticata dalla sua famiglia, la quale rappresentò l’elemento centrale dei suoi interessi, sia in termini di impegno che in termini finanziari. In effetti, grazie ai proventi derivanti dal settore armentizio si inserì nel mondo degli affari mercantili. L’attività intrapresa con il fratello mantenne sempre un carattere familiare, anche quando i risultati economici, più che soddisfacenti, avrebbero consentito un allargamento o piuttosto un’evoluzione della struttura aziendale. All’interno della stessa Pasquale ebbe un ruolo primario, quello di maggiore referente; esisteva, infatti, uno stretto collegamento tra la sfera personale dell’imprenditore e quella economica dell’azienda. Esaminando più da vicino l’attività svolta dai due imprenditori emergono alcune sostanziali differenze. L’attività mercantile di Matteo Gondi si divideva tra le sedi delle due aziende, quella fiorentina e quella aquilana. Il successo delle operazioni era garantito da un collegamento commerciale consolidato nel tempo. Tra le imprese intercorrevano rapporti di stretta collaborazione: sistematici scambi di prodotti e di informazioni regolavano, infatti, le due attività. Sulla piazza aquilana avevano una certa domanda le merci di lusso provenienti da Firenze, che erano però in prevalenza destinate al mercato napoletano, quali i tessuti finemente lavorati, come il damasco, i velluti e i broccati, nonché oggetti in oro e argento, realizzati con lavorazione a filo. Dalla filiale aquilana, invece, si muovevano considerevoli quantità di lana, seta grezza e zafferano. Emergeva, quindi, una forma di specializzazione commerciale delle due imprese Gondi: la sede toscana forniva i prodotti finiti, mentre quella abruzzese metteva a disposizione le materie prime. L’imprenditore fiorentino nell’ambito della sua attività faceva ricorso a diverse tipologie di operazioni che variavano in base alla natura dell’affare da concludere, tra queste sovente era il ricorso alla vendita in accomandita e a quella su commissione. L’azienda aquilana si avvaleva regolarmente di intermediari, presenti nelle maggiori piazze nazionali ed estere : nel Napoletano, ad esempio, operavano Antonio Lanfranchi e Lorenzo Viviani, in Ungheria Girolamo Lanfranchi e Michele Cechi, mentre a Bruges era presente Giorgio Delia. L’attività mercantile di Pasquale di Santuccio, gestita dall’unica azienda di proprietà, appare meno articolata di quella dell’imprenditore fiorentino. Essa era caratterizzata essenzialmente dal commercio di articoli provenienti dal mercato locale, quali zafferano, olio, grano, panni di lana, ecc., ma soprattutto da quelli prodotti direttamente dalla sua azienda, come lana e ovini. La base e allo stesso tempo la peculiarità dell’attività mercantile risiedeva proprio nello smercio della produzione interna. L’attività commerciale, dunque, risultava collegata, per non dire complementare a quella armentizia che rappresentava, come abbiamo già detto, l’occupazione primaria della famiglia di Pasquale. Una fitta rete di rapporti commerciali caratterizzava anche l’attività dell’azienda di Santuccio; molteplici erano i contatti con mercanti di diversa provenienza, i cui affari erano puntualmente registrati all’interno del libro mastro. Pasquale, oltre alle abituali relazioni mercantili con personaggi locali, negoziava con mercanti che, operando in piazze prestigiose come quella di Venezia, Firenze, Milano e Napoli, gli offrivano l’opportunità di accedere ai mercati europei. Il settore armentizio rappresentava la vera essenza imprenditoriale del mercante ed era caratterizzato, oltre che dal commercio del bestiame, anche dall’affitto dei pascoli di cui Pasquale era proprietario. L’attività armentizia era strettamente correlata alla disponibilità dei terreni e quindi le operazioni d’acquisto dei diritti di pascolo, rinnovabili anno per anno, rappresentavano un aspetto importante dell’attività di Pasquale, che assorbiva notevoli energie in quanto l’acquisizione del diritto di pascolo dava spesso origine a dispute giudiziarie. Tra il 1472 e il 1473 l’imprenditore aquilano acquisì dei pascoli nei pressi delle montagne di Pizulo, della Vareta, di Roghj, di Rocca di Cambio, di Torninparte, di Aielli e di Vigio, ospitando circa 19.000 capi di bestiame. Tra le attività economiche dei due imprenditori ricordiamo anche quella concernente il credito. L’attività creditizia di Matteo Gondi esercitata nella forma passiva, come abbiamo già accennato, si estrinsecava attraverso il reperimento di liquidità da immettere direttamente nella gestione mercantile dell’azienda. Il mercante toscano, però, ricorse a capitali esterni solo in poche occasioni; probabilmente ciò dipese dal limitato periodo di attività della compagnia, la cui durata fu solo di quattro anni. L’attività di credito gestita nella forma attiva si esprimeva, invece, attraverso la concessione di prestiti a persone di fiducia. Il mercante, infatti, essendo detentore di denaro contante prestava i capitali per realizzare dei profitti. Tali operazioni consentivano all’imprenditore-banchiere di partecipare ad affari di una certa entità. Alla normale attività di prestito, effettuata nei confronti di mercanti o clienti e, comunque, legata all’ordinaria gestione dell’azienda, si affiancava quella più rilevante, data dalla concessione di capitali di una certa entità, che presupponevano, invece, un impegno finanziario maggiore e per questo rappresentavano una forma di investimento straordinario. Di diversa natura era l’attività creditizia esercitata da Pasquale di Santuccio; infatti, la maggior parte delle operazioni finanziarie risultava strettamente connessa alla funzione pubblica ricoperta dal mercante e quindi scarsamente legata all’attività imprenditoriale dello stesso. Anche sotto il profilo contabile l’analisi effettuata sui libri delle due compagnie mercantili evidenziava alcune differenze. L’azienda Gondi era gestita con un sistema contabile preciso e puntuale in grado di quantificare e controllare tutte le variazioni economiche e finanziarie della società; essa utilizzava il metodo della partita doppia rappresentata con tutti i suoi requisiti. Inoltre, dallo studio del libro mastro abbiamo notato la presenza di un conto cassa, che in un certo senso svuotava di significato la tenuta del libro dell’entrate e delle uscite, reso a mero registro di supporto, nonché l’esistenza di un conto acceso alle masserizie e di registrazioni relative agli ammortamenti delle stesse. In effetti, l’annotazione di arredi ed attrezzature entrò a far parte della gestione contabile del mercante medievale che cominciò a separare i beni aziendali da quelli personali, ad inventariarli ed imputarli direttamente all’attività economica in essere. Contabilmente più arcaico appariva il sistema contabile della compagnia di Pasquale di Santuccio, che pur utilizzando il metodo della partita doppia, risultava meno raffinato rispetto a quello dell’azienda toscana. Le differenze più evidenti riguardavano la mancanza del conto cassa e del conto masserizie, nonché l’esistenza di un unico conto spese in cui erano iscritte tutte le voci negative di reddito dell’azienda. In definitiva, dal confronto effettuato tra i due mercanti possiamo concludere che la figura di Matteo di Simone Gondi identificò il prototipo del mercante straniero che nella seconda metà del ‘400 individuò l’Abruzzo come mercato preferenziale per l’espansione del proprio giro d’affari. Egli incarnò lo spirito manageriale del moderno imprenditore che operava con una spiccata abilità ed un profondo senso degli affari, ma soprattutto con una capillare conoscenza delle tecniche contabili messa a servizio dell’azienda. Pasquale di Santuccio rappresentò un prodotto tipico dell’imprenditoria locale che poggiava le proprie fortune sull’attività armentizia, ma che grazie proprio all’ambiente stimolante e vivace del mercato aquilano, investiva nella mercatura importanti profitti realizzati nei settori tradizionali dell’economia di montagna; si trattava di una categoria di operatori economici che utilizzavano l’attività mercantile per commercializzare i prodotti ottenuti dalle proprietà terriere e dall’allevamento. In un certo senso possiamo affermare che Pasquale di Santuccio incarnò il prototipo di una nuova classe capitalista locale, da una parte fortemente legata al territorio e alla pastorizia, dall’altra orientata al mercato internazionale attraverso la mercatura. In definitiva, l’eterogeneità della realtà dell’Abruzzo aquilano del XV secolo, caratterizzata, dunque, dalla presenza sempre più fitta e articolata di mercanti stranieri, rappresentò uno stimolo per gli imprenditori locali, i quali videro aprirsi un mondo di affari, occasioni e contatti che li proiettava in una realtà internazionale e grazie alla quale riuscirono ad emergere dalla stagnazione basso medievale.

Matteo di Simone Gondi e Pasquale di Santuccio: due imprenditori a confronto nell’Abruzzo del XV secolo

RIDOLFI, Natascia
2009-01-01

Abstract

Matteo di Simone Gondi e Pasquale di Santuccio: due imprenditori a confronto nell’Abruzzo del XV secolo di Natascia Ridolfi Nei secoli XIV e XV nell’entroterra abruzzese si svilupparono importanti centri mercantili che divennero il fulcro di vivaci attività economiche. Di un certo rilievo fu il ruolo della città dell’Aquila, importante riferimento economico-finanziario del Regno. Tra le attività avviate all’interno della città ricordiamo l’esportazione di lana proveniente dai ricchi allevamenti di ovini ospitati nelle montagne dell’Aquilano, grazie alla quale si diede vita ad un prospero commercio con le maggiori città italiane, quali Firenze, Napoli, Roma, nonché con tutto il territorio pugliese. Il traffico dello zafferano, che si presume ebbe inizio già nel corso del XIV secolo, era particolarmente vivace verso l’Italia centro-settentrionale, poiché richiesto dai mercanti milanesi, fiorentini e soprattutto veneti che ne facevano incetta per negoziarlo con gli operatori tedeschi. A partire dalla metà del XV secolo quest’ultimi, però, iniziarono ad acquistare la spezia sulla piazza aquilana in grandi quantità, limitando l’ausilio di intermediari; a tal proposito ricordiamo la presenza della Grande Compagnia di Ravensburgo e dei mercanti Baumgartner. Di un certo rilievo era anche il commercio della seta, prodotta nel contado e venduta nel mercato cittadino, mentre un ruolo determinante fu rivestito dall’attività orafa che nel corso del XV secolo fece della città dell’Aquila uno tra i maggiori centri di lavorazione della regione. In questo contesto economico operavano i due mercanti oggetto della nostra analisi: Matteo di Simone Gondi e Pasquale di Santuccio. Il lavoro prende le mosse dallo studio dei registri contabili delle due compagnie e più precisamente dai due libri mastri giunti sino a noi: quello dell’azienda di Matteo, rinvenuto presso l’Archivio Spedale degli Innocenti a Firenze, e quello di Pasquale, conservato presso l’Archivio di Stato dell’Aquila. Matteo di Simone Gondi, imprenditore fiorentino, apparteneva ad una delle famiglie di mercanti più prestigiose della città; gestiva a Firenze una proficua attività mercantile e creditizia che nel giugno 1480 estese anche in Abruzzo, creando all’Aquila una nuova compagnia che operò sotto la denominazione di Matteo Simone Gondi e Compagni d’Aquila. Di certo sappiamo che Gianfrancesco Peruzzi, presumibilmente cognato di Matteo, oltre ad essere socio di minoranza della compagnia aquilana, svolgeva anche funzioni di amministratore della stessa. Oggetto dell’attività commerciale erano sia i manufatti di provenienza fiorentina quali panni, seta e drappi, destinati alle piazze abruzzesi e napoletane, sia merci squisitamente locali, come lana, zafferano e seta, mentre altre di diversa provenienza come allume di Rocca, robbia, cera, zucchero e rame. Molto apprezzata sulla piazza fiorentina era la lana matricina, un prodotto di qualità che rappresentò per i lanaioli toscani un intervallo tra l’importazione di lana inglese e quella spagnola. L’azienda esercitava anche un’apprezzabile attività creditizia, a cui l’imprenditore faceva ricorso come fonte di finanziamento per il comparto mercantile. Matteo Gondi, infatti, si rivolgeva ad operatori esterni per avere una certa liquidità all’interno dell’azienda. La compagnia aquilana concludeva affari con le più svariate categorie sociali, dagli esponenti dell’alta nobiltà a quelli del ceto popolare, senza dimenticare gli intensi rapporti commerciali con affermate compagnie mercantili a carattere internazionale, come quella di Luca Capponi e Compagni di Firenze, Giovanni e Antonio di Sasso e Compagni di Napoli, Filippo Strozzi e Compagni sempre di Napoli, nonché quella di Falconieri e Corsini di Lione. L’azienda di Matteo Gondi cessò la sua attività con la morte del mercante il 25 luglio 1484. Pasquale di Santuccio, originario di Pizzoli, era un importante esponente della borghesia mercantile aquilana della seconda metà del XV secolo; avviò la sua attività imprenditoriale alla fine degli anni ’50. Dopo una breve esperienza societaria con Salvato di Giovanni, un aquilano, costituì nel 1466 un’azienda mercantile con il fratello Santo. Il campo d’azione dell’impresa nel settore commerciale era ad ampio raggio, infatti, essa aveva rapporti oltre che con i maggiori mercati della penisola, quali Firenze, Venezia, Napoli, Milano, anche con quelli esteri; numerosi erano i contatti con Lione, Ginevra e Bruges. Di primo piano era anche l’attività finanziaria gestita sia in forma pubblica che privata; la società di Santuccio, infatti, effettuava operazioni per conto di alcuni organi finanziari del Regno, nonché per conto dell’Università aquilana. I due aspetti dell’esercizio finanziario risultavano praticamente inscindibili, poiché lo stretto legame esistente tra le finanze pubbliche e i capitalisti abruzzesi rappresentava una consuetudine comune del periodo. La pastorizia transumante costituiva, infine, il settore di attività più tradizionale per la famiglia di Pasquale, ma anche il più remunerativo e rappresentava il fulcro degli interessi dell’azienda stessa. Una fitta rete di relazioni economiche con operatori di estrazione sociale diversa caratterizzava anche l’attività dell’imprenditore aquilano, da famiglie di primo piano come i Medici di Firenze, gli Strozzi di Napoli e gli Spannocchi di Siena, ai nobili abruzzesi quali il Conte di Montorio (Camponeschi), di Maddaloni (Carafa), di San Valentino, ma anche calzolai, salumieri, sarti, ecc. L’azienda di Pasquale di Santuccio cessò la sua attività in seguito alla morte dell’imprenditore nel 1499. La nostra analisi, dunque, pone l’attenzione su due imprenditori che operavano nello stesso momento storico, nella stessa località, ma la cui provenienza e formazione erano notevolmente differenti tanto da condizionarne l’agire negli affari. Siamo dinanzi a due figure tipiche della realtà imprenditoriale aquilana del ‘400, quella rappresentata dai mercanti forestieri e quella dei mercanti locali, figure che hanno contribuito in maniera diversa a far sì che L’Aquila diventasse un centro di traffici internazionali. Dall’analisi dei libri contabili delle aziende è possibile tracciare un profilo dei due imprenditori e metterne in risalto alcune peculiarità tipiche. È evidente che siamo dinanzi a due tipologie diverse di operatori economici: Matteo Gondi, proveniente da una ricca famiglia di mercanti, vantava una ricchezza di origine commerciale ed aveva una visione puramente mercantile e creditizia dell’attività economica; l’azienda aquilana di Matteo, inoltre, aveva alle spalle un bagaglio di conoscenze manageriali già consolidate, grazie al quale il mercante, che aveva avviato a Firenze una fiorente attività economica, estese i suoi interessi anche in Abruzzo. La lungimiranza negli affari lo portò, quindi, a dirigersi verso il mercato aquilano che in quel periodo era in piena espansione. Pasquale di Santuccio, proveniente da una famiglia di proprietari terrieri, quindi con una ricchezza legata alla terra e alla pastorizia, aveva interessi di carattere più localistico; diventò mercante, ma rimase legato al territorio e alle attività ad esso collegate. L’esperienza di Pasquale di Santuccio ebbe dunque origini diverse, in quanto la sua attività imprenditoriale era sostenuta da capitali provenienti dalla pastorizia transumante praticata dalla sua famiglia, la quale rappresentò l’elemento centrale dei suoi interessi, sia in termini di impegno che in termini finanziari. In effetti, grazie ai proventi derivanti dal settore armentizio si inserì nel mondo degli affari mercantili. L’attività intrapresa con il fratello mantenne sempre un carattere familiare, anche quando i risultati economici, più che soddisfacenti, avrebbero consentito un allargamento o piuttosto un’evoluzione della struttura aziendale. All’interno della stessa Pasquale ebbe un ruolo primario, quello di maggiore referente; esisteva, infatti, uno stretto collegamento tra la sfera personale dell’imprenditore e quella economica dell’azienda. Esaminando più da vicino l’attività svolta dai due imprenditori emergono alcune sostanziali differenze. L’attività mercantile di Matteo Gondi si divideva tra le sedi delle due aziende, quella fiorentina e quella aquilana. Il successo delle operazioni era garantito da un collegamento commerciale consolidato nel tempo. Tra le imprese intercorrevano rapporti di stretta collaborazione: sistematici scambi di prodotti e di informazioni regolavano, infatti, le due attività. Sulla piazza aquilana avevano una certa domanda le merci di lusso provenienti da Firenze, che erano però in prevalenza destinate al mercato napoletano, quali i tessuti finemente lavorati, come il damasco, i velluti e i broccati, nonché oggetti in oro e argento, realizzati con lavorazione a filo. Dalla filiale aquilana, invece, si muovevano considerevoli quantità di lana, seta grezza e zafferano. Emergeva, quindi, una forma di specializzazione commerciale delle due imprese Gondi: la sede toscana forniva i prodotti finiti, mentre quella abruzzese metteva a disposizione le materie prime. L’imprenditore fiorentino nell’ambito della sua attività faceva ricorso a diverse tipologie di operazioni che variavano in base alla natura dell’affare da concludere, tra queste sovente era il ricorso alla vendita in accomandita e a quella su commissione. L’azienda aquilana si avvaleva regolarmente di intermediari, presenti nelle maggiori piazze nazionali ed estere : nel Napoletano, ad esempio, operavano Antonio Lanfranchi e Lorenzo Viviani, in Ungheria Girolamo Lanfranchi e Michele Cechi, mentre a Bruges era presente Giorgio Delia. L’attività mercantile di Pasquale di Santuccio, gestita dall’unica azienda di proprietà, appare meno articolata di quella dell’imprenditore fiorentino. Essa era caratterizzata essenzialmente dal commercio di articoli provenienti dal mercato locale, quali zafferano, olio, grano, panni di lana, ecc., ma soprattutto da quelli prodotti direttamente dalla sua azienda, come lana e ovini. La base e allo stesso tempo la peculiarità dell’attività mercantile risiedeva proprio nello smercio della produzione interna. L’attività commerciale, dunque, risultava collegata, per non dire complementare a quella armentizia che rappresentava, come abbiamo già detto, l’occupazione primaria della famiglia di Pasquale. Una fitta rete di rapporti commerciali caratterizzava anche l’attività dell’azienda di Santuccio; molteplici erano i contatti con mercanti di diversa provenienza, i cui affari erano puntualmente registrati all’interno del libro mastro. Pasquale, oltre alle abituali relazioni mercantili con personaggi locali, negoziava con mercanti che, operando in piazze prestigiose come quella di Venezia, Firenze, Milano e Napoli, gli offrivano l’opportunità di accedere ai mercati europei. Il settore armentizio rappresentava la vera essenza imprenditoriale del mercante ed era caratterizzato, oltre che dal commercio del bestiame, anche dall’affitto dei pascoli di cui Pasquale era proprietario. L’attività armentizia era strettamente correlata alla disponibilità dei terreni e quindi le operazioni d’acquisto dei diritti di pascolo, rinnovabili anno per anno, rappresentavano un aspetto importante dell’attività di Pasquale, che assorbiva notevoli energie in quanto l’acquisizione del diritto di pascolo dava spesso origine a dispute giudiziarie. Tra il 1472 e il 1473 l’imprenditore aquilano acquisì dei pascoli nei pressi delle montagne di Pizulo, della Vareta, di Roghj, di Rocca di Cambio, di Torninparte, di Aielli e di Vigio, ospitando circa 19.000 capi di bestiame. Tra le attività economiche dei due imprenditori ricordiamo anche quella concernente il credito. L’attività creditizia di Matteo Gondi esercitata nella forma passiva, come abbiamo già accennato, si estrinsecava attraverso il reperimento di liquidità da immettere direttamente nella gestione mercantile dell’azienda. Il mercante toscano, però, ricorse a capitali esterni solo in poche occasioni; probabilmente ciò dipese dal limitato periodo di attività della compagnia, la cui durata fu solo di quattro anni. L’attività di credito gestita nella forma attiva si esprimeva, invece, attraverso la concessione di prestiti a persone di fiducia. Il mercante, infatti, essendo detentore di denaro contante prestava i capitali per realizzare dei profitti. Tali operazioni consentivano all’imprenditore-banchiere di partecipare ad affari di una certa entità. Alla normale attività di prestito, effettuata nei confronti di mercanti o clienti e, comunque, legata all’ordinaria gestione dell’azienda, si affiancava quella più rilevante, data dalla concessione di capitali di una certa entità, che presupponevano, invece, un impegno finanziario maggiore e per questo rappresentavano una forma di investimento straordinario. Di diversa natura era l’attività creditizia esercitata da Pasquale di Santuccio; infatti, la maggior parte delle operazioni finanziarie risultava strettamente connessa alla funzione pubblica ricoperta dal mercante e quindi scarsamente legata all’attività imprenditoriale dello stesso. Anche sotto il profilo contabile l’analisi effettuata sui libri delle due compagnie mercantili evidenziava alcune differenze. L’azienda Gondi era gestita con un sistema contabile preciso e puntuale in grado di quantificare e controllare tutte le variazioni economiche e finanziarie della società; essa utilizzava il metodo della partita doppia rappresentata con tutti i suoi requisiti. Inoltre, dallo studio del libro mastro abbiamo notato la presenza di un conto cassa, che in un certo senso svuotava di significato la tenuta del libro dell’entrate e delle uscite, reso a mero registro di supporto, nonché l’esistenza di un conto acceso alle masserizie e di registrazioni relative agli ammortamenti delle stesse. In effetti, l’annotazione di arredi ed attrezzature entrò a far parte della gestione contabile del mercante medievale che cominciò a separare i beni aziendali da quelli personali, ad inventariarli ed imputarli direttamente all’attività economica in essere. Contabilmente più arcaico appariva il sistema contabile della compagnia di Pasquale di Santuccio, che pur utilizzando il metodo della partita doppia, risultava meno raffinato rispetto a quello dell’azienda toscana. Le differenze più evidenti riguardavano la mancanza del conto cassa e del conto masserizie, nonché l’esistenza di un unico conto spese in cui erano iscritte tutte le voci negative di reddito dell’azienda. In definitiva, dal confronto effettuato tra i due mercanti possiamo concludere che la figura di Matteo di Simone Gondi identificò il prototipo del mercante straniero che nella seconda metà del ‘400 individuò l’Abruzzo come mercato preferenziale per l’espansione del proprio giro d’affari. Egli incarnò lo spirito manageriale del moderno imprenditore che operava con una spiccata abilità ed un profondo senso degli affari, ma soprattutto con una capillare conoscenza delle tecniche contabili messa a servizio dell’azienda. Pasquale di Santuccio rappresentò un prodotto tipico dell’imprenditoria locale che poggiava le proprie fortune sull’attività armentizia, ma che grazie proprio all’ambiente stimolante e vivace del mercato aquilano, investiva nella mercatura importanti profitti realizzati nei settori tradizionali dell’economia di montagna; si trattava di una categoria di operatori economici che utilizzavano l’attività mercantile per commercializzare i prodotti ottenuti dalle proprietà terriere e dall’allevamento. In un certo senso possiamo affermare che Pasquale di Santuccio incarnò il prototipo di una nuova classe capitalista locale, da una parte fortemente legata al territorio e alla pastorizia, dall’altra orientata al mercato internazionale attraverso la mercatura. In definitiva, l’eterogeneità della realtà dell’Abruzzo aquilano del XV secolo, caratterizzata, dunque, dalla presenza sempre più fitta e articolata di mercanti stranieri, rappresentò uno stimolo per gli imprenditori locali, i quali videro aprirsi un mondo di affari, occasioni e contatti che li proiettava in una realtà internazionale e grazie alla quale riuscirono ad emergere dalla stagnazione basso medievale.
2009
9788823842410
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