Questa introduzione-riflessione sul testo di Davide Rondoni, Non sei morto, amore si inserisce in una serie di consimili interventi che accompagnano –per alcuni dei suoi testi più significativi- la collana “Labirinti” da me diretta, che vuole costituire una sorta di provvisoria mappatura della poesia agli esordi del nuovo secolo, al fine di individuarne specificità (sia nel senso della continuità che in quello dell’innovazione) rispetto al secolo appena concluso. Il riferimento al sacro è costante e, per così dire, tematico nella poesia di Davide Rondoni, il quale dispone la propria lingua – pur nelle diverse fasi della sua progressione – a farsi carico della certezza del divino modulandone l’impatto, ora manifesto e ora sottaciuto, con la realtà del mondo e con i dati esistenziali dell’io poetico. Dalle origini ad oggi, passando anche attraverso fasi di quella che potremmo chiamare come una sorta di ridondanza metalinguistica, la poesia del forlivese è andata esaltando tale dismisura, rendendola sempre più macroscopica attraverso l’adozione di una parola spoglia, espressamente denominativa che si inarca in un ritmo duro, senza concessioni ad alcuna suasività compiaciuta di canto: Il bar del tempo (Parma, Guanda 1999) e Avrebbe amato chiunque (idem, 2003) ne costituiscono le punte più avanzate e convincenti. Non sei morto, amore è costituito di due testi, Cuore di mattina e quello eponimo, rispettivamente del 2001 e del 2003; appartengono quindi alla stagione de Il bar del tempo e Avrebbe amato chiunque: di tale stagione hanno dunque tutti i tratti peculiari, mentre con quei libri intrecciano un fraseggio continuo. E tuttavia si tratta di due testi pienamente autonomi. Rispondono entrambi ad una comune, sebbene diversamente articolata, istanza poematica che asseconda ed esprime un’avventura di viaggio: nella condizione contemporanea, il primo; nella progressione esistenziale della persona , il secondo.

Le macerie e l'oltranza

QUIRICONI, Giancarlo
2006-01-01

Abstract

Questa introduzione-riflessione sul testo di Davide Rondoni, Non sei morto, amore si inserisce in una serie di consimili interventi che accompagnano –per alcuni dei suoi testi più significativi- la collana “Labirinti” da me diretta, che vuole costituire una sorta di provvisoria mappatura della poesia agli esordi del nuovo secolo, al fine di individuarne specificità (sia nel senso della continuità che in quello dell’innovazione) rispetto al secolo appena concluso. Il riferimento al sacro è costante e, per così dire, tematico nella poesia di Davide Rondoni, il quale dispone la propria lingua – pur nelle diverse fasi della sua progressione – a farsi carico della certezza del divino modulandone l’impatto, ora manifesto e ora sottaciuto, con la realtà del mondo e con i dati esistenziali dell’io poetico. Dalle origini ad oggi, passando anche attraverso fasi di quella che potremmo chiamare come una sorta di ridondanza metalinguistica, la poesia del forlivese è andata esaltando tale dismisura, rendendola sempre più macroscopica attraverso l’adozione di una parola spoglia, espressamente denominativa che si inarca in un ritmo duro, senza concessioni ad alcuna suasività compiaciuta di canto: Il bar del tempo (Parma, Guanda 1999) e Avrebbe amato chiunque (idem, 2003) ne costituiscono le punte più avanzate e convincenti. Non sei morto, amore è costituito di due testi, Cuore di mattina e quello eponimo, rispettivamente del 2001 e del 2003; appartengono quindi alla stagione de Il bar del tempo e Avrebbe amato chiunque: di tale stagione hanno dunque tutti i tratti peculiari, mentre con quei libri intrecciano un fraseggio continuo. E tuttavia si tratta di due testi pienamente autonomi. Rispondono entrambi ad una comune, sebbene diversamente articolata, istanza poematica che asseconda ed esprime un’avventura di viaggio: nella condizione contemporanea, il primo; nella progressione esistenziale della persona , il secondo.
2006
9788895078083
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/156538
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