Nel sistema tributario si rinvengono numerosi casi in cui il contribuente che viola determinati obblighi subisce l’applicazione di conseguenze sfavorevoli, in aggiunta alle vere e proprie sanzioni amministrative, e talvolta anche penali. Si tratta di meccanismi che operano sia sul piano procedimentale –ad es. laddove vengano preclusi al contribuente quei mezzi di difesa, cui egli avrebbe avuto diritto qualora avesse osservato il precetto violato, o, a causa della violazione, vengano rafforzati i normali poteri di controllo ed accertamento dell’ufficio- sia sul piano sostanziale –ad es. quando, sempre a causa di una violazione, venga negata l’applicazione di deduzioni e/o di detrazioni, o venga comunque incrementato l’imponibile sottoponendo a tassazione fatti che altrimenti sarebbero stati in tutto o in parte irrilevanti. La tematica risulta di notevole delicatezza in quanto coinvolge fondamentali valori costituzionali, ed in particolare per i profili procedimentali il diritto di difesa (art. 24), e per i profili sostanziali il principio di capacità contributiva (art. 53), oltre alla immanente problematica delle sanzioni punitive (artt. 25 e 27). Al riguardo la dottrina ha parlato di sanzioni improprie, criticando aspramente soprattutto l’alterazione della disciplina sostanziale, mentre la Corte Costituzionale tende a giustificare il fenomeno proprio in ottica sanzionatoria, ritenendo legittimi i trattamenti differenziati fra contribuenti che osservano il precetto e contribuenti che viceversa lo violano. In molte occasioni la connotazione latu sensu sanzionatoria di tali meccanismi ha consentito alla Corte di superare le contestazioni basate sugli artt. 24 e 53, senza incappare nei vincoli peculiari del sistema delle sanzioni punitive, ciò in quanto l’orientamento assolutamente prevalente circoscrive l’applicabilità degli artt. 25 e 27 alle sole sanzioni penali. L’atipicità delle sanzioni improprie e l’inesistenza di uno specifico criterio costituzionale di riferimento, hanno quindi suggellato la legittimità del fenomeno, salvi, ovviamente, i profili di razionalità. L’attenzione per lo studio del sistema sanzionatorio tributario, era venuta meno con la riforma del 1971-73, in quanto il Legislatore aveva marginalizzato il ruolo della legge del n. 4/1929, rinunciando altresì a concepire una nuova legge generale. Ma dopo molti anni di scarso interesse da parte degli studiosi e di caos normativo è maturata la riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario di cui ai D. Lgs. 18.12.1997, nn. 471, 472 e 473. Il nuovo sistema, ed in particolare dal D. Lgs. n. 472/1997 (che ha preso il posto della legge n. 4/1929), ha optato decisamente per la concezione "punitiva" delle sanzioni amministrative tributarie, pur non recependo appieno la disciplina, ormai matura ed ampiamente sperimentata, della legge n. 689/1981. Orbene proprio tale evoluzione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario ha reso attuale, e gravido di implicazioni applicative, il dibattito sulle sanzioni improprie, che sino ad oggi aveva destato l’attenzione degli studiosi e della giurisprudenza soltanto per i delicatissimi problemi di legittimità costituzionale. Ovviamente in questa sede non è possibile entrare nel merito delle diverse fattispecie, segnalate a titolo meramente esemplificativo. L’analisi del sistema tributario consente di giungere alla suddivisione delle sanzioni improprie in due specie: -a) strumenti non qualificati né disciplinati dal legislatore come sanzioni, e purtuttavia aventi certamente funzione punitiva, seppure concorrente con altre funzioni e non prevalente; -b) strumenti non qualificati né disciplinati dal legislatore come sanzioni, ma aventi prioritariamente funzione punitiva, per i quali le eventuali funzioni concorrenti risultano secondarie ed ini¬donee a caratterizzare e giustificare l'istituto. Le fattispecie sub a) sembrerebbero mere sanzioni improprie, risolvendosi in meccanismi latamente sanzionatori (sfavorevoli); le fattispecie sub b) sembrerebbero invece costituire “sanzioni camuffate” dal legislatore, tali da articolarsi essenzialmente quali sanzioni punitive atipiche. L'inquadramento delle varie fattispecie presenti nell'ordina¬mento tributario, tra le sanzioni improprie latu sensu afflittive o tra le “sanzioni camuffate”, rectius sanzioni punitive atipiche, richiede un’ampia ed approfondita trattazione, improntata alla verifica del rapporto tra meccanismo nor¬mativo, finalità perseguite ed interessi tutelati. In via di prima approssimazione sembrerebbero riconducibili al gruppo delle sanzioni improprie latu sensu afflittive i divieti di prova contemplati dall'art. 52, 5 co., D.P.R. n. 633/1972, e dall'art. 61, 3 co., D.P.R. n. 600/1973; viceversa sembrerebbero inquadrabili tra le sanzioni punitive atipiche: -l'obbligo del pagamento dell'imposta, previsto dall'art. 61 del T.U. del Registro; -i divieti contemplati dagli artt. 65 e 66 del T.U. del Registro; -la perdita del diritto alla detrazione dell'IVA, ai sensi dell’art. 25, 1 co., D.P.R. n. 633/1972; -l'indetraibilità dell'IVA prevista dall'art. 55, 1 co., del D.P.R. n. 633/1972; -la perdita del diritto alla rivalsa, prevista dall'art. 60, 6 co., D.P.R. n. 633/1972, per l'imposta pagata in conseguenza dell'accertamento; -l'imputazione ai ricavi, ex art. 32, 1 co., n. 2, D.P.R. n. 600, dei prelevamenti annotati nei conti bancari; -la nullità di cui all'art. 3, commi 13 ter e 13-quater, D.L. n. 90/1990. Per le sanzioni improprie latu sensu afflittive potranno porsi problemi di legittimità sotto il profilo degli artt. 3, 24, 53 e 97 Cost., secondo gli schemi argomentativi già sviluppatisi nella giurisprudenza costituzionale. Per le “sanzioni camuffate”, che nella sostanza si configurano come sanzioni punitive atipiche, dovranno appli¬carsi per intero i principi costituzionali che interessano il fenomeno punitivo, nonché, per quanto compatibili, i principi generali contemplati dal D. Lgs. n. 472/1997 in tema di violazioni e sanzioni amministrative tributarie. E’ evidente che l’impianto del sistema sanzionatorio amministrativo tributario è centrato sulla sanzione pecuniaria per cui soltanto alcune norme possono essere riferibili anche alle sanzioni punitive atipiche, ma tutto sommato la problematica si pone in termini analoghi rispetto alle sanzioni accessorie ex art. 21 D. Lgs. cit.; pertanto oltre alla conclamata operatività del favor libertatis ed al divieto di retroattività (art. 3), si può pensare all’imputabilità ed alla colpevolezza (artt. 4 e 5), nonché alle cause di non punibilità (art. 6).

SANZIONI IMPROPRIE ED IMPOSIZIONE TRIBUTARIA

DEL FEDERICO, Lorenzo
2006-01-01

Abstract

Nel sistema tributario si rinvengono numerosi casi in cui il contribuente che viola determinati obblighi subisce l’applicazione di conseguenze sfavorevoli, in aggiunta alle vere e proprie sanzioni amministrative, e talvolta anche penali. Si tratta di meccanismi che operano sia sul piano procedimentale –ad es. laddove vengano preclusi al contribuente quei mezzi di difesa, cui egli avrebbe avuto diritto qualora avesse osservato il precetto violato, o, a causa della violazione, vengano rafforzati i normali poteri di controllo ed accertamento dell’ufficio- sia sul piano sostanziale –ad es. quando, sempre a causa di una violazione, venga negata l’applicazione di deduzioni e/o di detrazioni, o venga comunque incrementato l’imponibile sottoponendo a tassazione fatti che altrimenti sarebbero stati in tutto o in parte irrilevanti. La tematica risulta di notevole delicatezza in quanto coinvolge fondamentali valori costituzionali, ed in particolare per i profili procedimentali il diritto di difesa (art. 24), e per i profili sostanziali il principio di capacità contributiva (art. 53), oltre alla immanente problematica delle sanzioni punitive (artt. 25 e 27). Al riguardo la dottrina ha parlato di sanzioni improprie, criticando aspramente soprattutto l’alterazione della disciplina sostanziale, mentre la Corte Costituzionale tende a giustificare il fenomeno proprio in ottica sanzionatoria, ritenendo legittimi i trattamenti differenziati fra contribuenti che osservano il precetto e contribuenti che viceversa lo violano. In molte occasioni la connotazione latu sensu sanzionatoria di tali meccanismi ha consentito alla Corte di superare le contestazioni basate sugli artt. 24 e 53, senza incappare nei vincoli peculiari del sistema delle sanzioni punitive, ciò in quanto l’orientamento assolutamente prevalente circoscrive l’applicabilità degli artt. 25 e 27 alle sole sanzioni penali. L’atipicità delle sanzioni improprie e l’inesistenza di uno specifico criterio costituzionale di riferimento, hanno quindi suggellato la legittimità del fenomeno, salvi, ovviamente, i profili di razionalità. L’attenzione per lo studio del sistema sanzionatorio tributario, era venuta meno con la riforma del 1971-73, in quanto il Legislatore aveva marginalizzato il ruolo della legge del n. 4/1929, rinunciando altresì a concepire una nuova legge generale. Ma dopo molti anni di scarso interesse da parte degli studiosi e di caos normativo è maturata la riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario di cui ai D. Lgs. 18.12.1997, nn. 471, 472 e 473. Il nuovo sistema, ed in particolare dal D. Lgs. n. 472/1997 (che ha preso il posto della legge n. 4/1929), ha optato decisamente per la concezione "punitiva" delle sanzioni amministrative tributarie, pur non recependo appieno la disciplina, ormai matura ed ampiamente sperimentata, della legge n. 689/1981. Orbene proprio tale evoluzione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario ha reso attuale, e gravido di implicazioni applicative, il dibattito sulle sanzioni improprie, che sino ad oggi aveva destato l’attenzione degli studiosi e della giurisprudenza soltanto per i delicatissimi problemi di legittimità costituzionale. Ovviamente in questa sede non è possibile entrare nel merito delle diverse fattispecie, segnalate a titolo meramente esemplificativo. L’analisi del sistema tributario consente di giungere alla suddivisione delle sanzioni improprie in due specie: -a) strumenti non qualificati né disciplinati dal legislatore come sanzioni, e purtuttavia aventi certamente funzione punitiva, seppure concorrente con altre funzioni e non prevalente; -b) strumenti non qualificati né disciplinati dal legislatore come sanzioni, ma aventi prioritariamente funzione punitiva, per i quali le eventuali funzioni concorrenti risultano secondarie ed ini¬donee a caratterizzare e giustificare l'istituto. Le fattispecie sub a) sembrerebbero mere sanzioni improprie, risolvendosi in meccanismi latamente sanzionatori (sfavorevoli); le fattispecie sub b) sembrerebbero invece costituire “sanzioni camuffate” dal legislatore, tali da articolarsi essenzialmente quali sanzioni punitive atipiche. L'inquadramento delle varie fattispecie presenti nell'ordina¬mento tributario, tra le sanzioni improprie latu sensu afflittive o tra le “sanzioni camuffate”, rectius sanzioni punitive atipiche, richiede un’ampia ed approfondita trattazione, improntata alla verifica del rapporto tra meccanismo nor¬mativo, finalità perseguite ed interessi tutelati. In via di prima approssimazione sembrerebbero riconducibili al gruppo delle sanzioni improprie latu sensu afflittive i divieti di prova contemplati dall'art. 52, 5 co., D.P.R. n. 633/1972, e dall'art. 61, 3 co., D.P.R. n. 600/1973; viceversa sembrerebbero inquadrabili tra le sanzioni punitive atipiche: -l'obbligo del pagamento dell'imposta, previsto dall'art. 61 del T.U. del Registro; -i divieti contemplati dagli artt. 65 e 66 del T.U. del Registro; -la perdita del diritto alla detrazione dell'IVA, ai sensi dell’art. 25, 1 co., D.P.R. n. 633/1972; -l'indetraibilità dell'IVA prevista dall'art. 55, 1 co., del D.P.R. n. 633/1972; -la perdita del diritto alla rivalsa, prevista dall'art. 60, 6 co., D.P.R. n. 633/1972, per l'imposta pagata in conseguenza dell'accertamento; -l'imputazione ai ricavi, ex art. 32, 1 co., n. 2, D.P.R. n. 600, dei prelevamenti annotati nei conti bancari; -la nullità di cui all'art. 3, commi 13 ter e 13-quater, D.L. n. 90/1990. Per le sanzioni improprie latu sensu afflittive potranno porsi problemi di legittimità sotto il profilo degli artt. 3, 24, 53 e 97 Cost., secondo gli schemi argomentativi già sviluppatisi nella giurisprudenza costituzionale. Per le “sanzioni camuffate”, che nella sostanza si configurano come sanzioni punitive atipiche, dovranno appli¬carsi per intero i principi costituzionali che interessano il fenomeno punitivo, nonché, per quanto compatibili, i principi generali contemplati dal D. Lgs. n. 472/1997 in tema di violazioni e sanzioni amministrative tributarie. E’ evidente che l’impianto del sistema sanzionatorio amministrativo tributario è centrato sulla sanzione pecuniaria per cui soltanto alcune norme possono essere riferibili anche alle sanzioni punitive atipiche, ma tutto sommato la problematica si pone in termini analoghi rispetto alle sanzioni accessorie ex art. 21 D. Lgs. cit.; pertanto oltre alla conclamata operatività del favor libertatis ed al divieto di retroattività (art. 3), si può pensare all’imputabilità ed alla colpevolezza (artt. 4 e 5), nonché alle cause di non punibilità (art. 6).
2006
9788849513516
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