Seguendo una accezione “restrittiva” (Carayannis et al., 1998; Rogers & Steffensen, 1999), il presente lavoro ha ad oggetto gli spinoff (SO) in cui siano presenti due elementi costitutivi: (1) l’iniziativa coinvolge persone occupate in una università (parent organization) e (2) la nuova impresa acquisisce una risorsa (generalmente una tecnologia) sviluppata nell’ambito della parent organization per trasferirla al mercato, eventualmente dopo una fase di sviluppo. Il rilievo riconosciuto a tale strumento di trasferimento tecnologico è ricondotto alle seguenti ragioni (Mian, 1997; BankBoston, 1997; Shane, 2004): (1) gli SO favoriscono lo sviluppo economico locale; (2) gli SO agevolano la commercializzazione delle tecnologie universitarie; (3) gli SO forniscono un supporto alle attività principali di ricerca e formazione; (4) gli SO sono imprese con performance sopra la media; (5) gli SO generano maggiori introiti per le università rispetto al licensing diretto verso gli utilizzatori. La letteratura in materia di spinoff universitari è molto ricca; diversi contributi hanno riguardato il contesto italiano. In particolare, Bellini et al. (1999) hanno proposto un’analisi comparativa internazionale che ha preso in considerazione 12 spinoff italiani e svedesi, Chiesa e Piccaluga (2000) hanno pubblicato un contributo sul “trasferimento” della ricerca pubblica con un’analisi condotta su 48 spinoff italiani; un ulteriore studio su casi di spinoff italiani è stato condotto da Baroncelli, Chiesa e Piccaluga (2001); Colombo e Delmastro (2002) hanno proposto un’analisi sull’efficacia degli incubatori; Grandi e Grimaldi (2003) hanno condotto uno studio sul networking e i profili finanziari delle start-up prendendo a riferimento un campione di 40 spinoff italiani, gli stessi autori (2005) hanno condotto un’ulteriore analisi su 42 casi avente ad oggetto i profili organizzativi delle università in relazione al successo delle nuove imprese; Salvador (2006) ha svolto un confronto Italia-Regno Unito basato su interviste condotte in alcuni spinoff italiani; Grossi e Ruggiero (2008) hanno svolto un’indagine sui regolamenti universitari per la costituzione di spinoff; Iacobucci, Iacopini e Orsini (2008) hanno condotto un’analisi su un campione di 62 spinoff; Fini, Grimaldi e Sobrero (2009) hanno svolto uno studio sugli incentivi alla costituzione di spinoff universitari riferendosi ad un campione di 88 accademici italiani coinvolti in 47 spinoff tra il 1999 e il 2005; Ferretti, Izzo e Simoni (2009) hanno curato una raccolta monografica relativa agli spinoff accadmemici nel Mezzogiorno d’Italia in cui sono presenti contributi con evidenze empiriche. Nessuno di tali lavori copre un numero di imprese tale da poter valutare il rilievo assunto da tale strumento di trasferimento tecnologico in Italia. Scopo del presente lavoro è quello di esplorare il fenomeno degli spinoff universitari nel contesto italiano per trarne indicazioni utili ad orientare le politiche di sviluppo di questo importante strumento di valorizzazione dei risultati di ricerca scientifica; si vuole analizzare la rilevanza del fenomeno e si vogliono spiegare le relazioni che avvincono i fattori di contesto alle caratteristiche riferibili alla struttura, alla governance e alla performance delle singole imprese. Le domande alle quali il presente lavoro vuole dare risposta sono le seguenti: (a) qual è il rilievo assunto dagli spinoff universitari italiani in relazione al loro numero, alle persone e università coinvolte e alle performance realizzate? (b) Quali caratteristiche possiedono gli spinoff italiani? (c) Quali relazioni esistono tra le variabili riconducibili alla struttura, alla governance e alla performance degli spinoff italiani? (d) Le caratteristiche degli spinoff e le loro associazioni consentono di delineare dei modelli? Se sì, quali? (e) Le stesse caratteristiche sono coerenti con le motivazioni da cui possono trarre origine gli spinoff evidenziate dalla letteratura? (f) Quali indicazioni utili ad orientare le politiche di sviluppo possono dedursi dall’interpretazione congiunta della letteratura e dei risultati dell’analisi empirica, in termini di caratteristiche degli spinoff e loro associazioni? Attraverso una ricerca capillare è stato possibile comporre un elenco di 455 spinoff costituiti tra il 1968 e il 2010 con sede, seppur con differenti gradi d’intensità, in tutte le regioni italiane. Per ben comprendere le dinamiche del binomio governance/performance negli spinoff italiani, le variabili esaminate sono state classificate nei seguenti raggruppamenti (D’Amico & Palumbo, 2008): a) settore di attività e localizzazione; b) struttura aziendale; c) governance; d) performance. I dati sono stati acquisiti dal Registro delle Imprese. I risultati dimostrano che (1) il rilievo del fenomeno in Italia è ancora scarso, seppur l’accelerazione sia molto forte (spinta anche da politiche di valutazione assunte a livello centrale); (2) la localizzazione spiega molta della variabilità osservata tra gli spinoff; (3) l’indicatore di performance più sensibile rispetto al complesso delle variabili di contesto, di struttura e di governance considerate è la “velocità di circolazione degli investimenti”; (4) gli spinoff con migliori performance sono partecipati da università, presentano un minor numero di soci, una maggiore incidenza dei soci “persone fisiche” rispetto ai soci “imprese”, una maggiore presenza di donne nei consigli di amministrazione e nella posizione di presidente, amministratori più giovani; (5) gli spinoff italiani: sono, in media, molto giovani, hanno una dimensione micro, un capitale scarsamente immobilizzato, operano con il capitale sociale al minimo di legge, peraltro frequentemente versato solo in parte, mostrano una marcata compenetrazione della proprietà nell’amministrazione, dunque una bassa separazione delle due funzioni; (6) al crescere dell’età aziendale, a fronte di un incremento del volume di attività, si riduce il numero dei soci (processo di selezione nel tempo); (7) gli spinoff partecipati da università: hanno un maggior capitale sociale sottoscritto e un maggior numero di soci (scarsa propensione al rischio imprenditoriale dei ricercatori), sono amministrati da consigli di maggiori dimensioni e consiglieri più anziani (burocratizzazione del processo di autorizzazione alla loro costituzione), sono meno frequentemente in perdita e presentano una maggiore redditività operativa connessa ad una maggiore velocità di circolazione degli investimenti (nonostante l’età degli amministratori sia correlata negativamente alle performance); (8) i soci/amministratori più giovani hanno maggiori difficoltà di coinvolgere partner industriali, probabilmente a causa di una inferiore credibilità e di minori connessioni con i network sociali rispetto ai colleghi anziani; (9) raramente la separazione di una tecnologia ben identificata e disponibile rappresenta il punto di avvio di uno spinoff universitario, in molti casi la “risorsa tecnologica” non è comunque facilmente identificabile, in una parte consistente di spinoff non vi è alcuna separazione di tecnologie preesistenti; (10) non è confermata, ad oggi, la motivazione della maggiore redditività dello spinoff rispetto al licensing diretto. I risultati hanno consentito di evidenziare le seguenti implicazioni per i policy makers: (1) vi è il rischio che in molti casi lo spinoff possa essere privo di adeguate motivazioni (per mancanza di «alto contenuto tecnologico», così come previsto dal D. Lgs. 297/99; per presenza di conflitto di interesse, legato alla condivisione di risorse della parent organization, troppo spesso priva di adeguati strumenti di controllo di gestione; per il prevalere di interessi elusivi rispetto alla regolamentazione dei brevetti e delle attività in conto terzi); (b) per lo sviluppo di questo strumento di valorizzazione applicativa occorre: investire sulla promozione della cultura imprenditoriale; facilitare l’accesso agli spinoff (alla presidenza oltre che al capitale) ai ricercatori più giovani; favorire la costituzione di imprese di maggiori dimensioni; implementare sistemi di controllo di gestione, in grado di eliminare o di attenuare i pericoli legati al conflitto di interessi e i rischi di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori del settore; coordinare i regolamenti di ateneo che disciplinano gli spinoff con quelli del conto terzi e con quelli dei brevetti in modo da eliminare alla radice possibili forme di concorrenza “sleale” tra questi strumenti.
Dall’università al mercato. Governance e performance degli spinoff universitari in Italia
PALUMBO, Riccardo
2010-01-01
Abstract
Seguendo una accezione “restrittiva” (Carayannis et al., 1998; Rogers & Steffensen, 1999), il presente lavoro ha ad oggetto gli spinoff (SO) in cui siano presenti due elementi costitutivi: (1) l’iniziativa coinvolge persone occupate in una università (parent organization) e (2) la nuova impresa acquisisce una risorsa (generalmente una tecnologia) sviluppata nell’ambito della parent organization per trasferirla al mercato, eventualmente dopo una fase di sviluppo. Il rilievo riconosciuto a tale strumento di trasferimento tecnologico è ricondotto alle seguenti ragioni (Mian, 1997; BankBoston, 1997; Shane, 2004): (1) gli SO favoriscono lo sviluppo economico locale; (2) gli SO agevolano la commercializzazione delle tecnologie universitarie; (3) gli SO forniscono un supporto alle attività principali di ricerca e formazione; (4) gli SO sono imprese con performance sopra la media; (5) gli SO generano maggiori introiti per le università rispetto al licensing diretto verso gli utilizzatori. La letteratura in materia di spinoff universitari è molto ricca; diversi contributi hanno riguardato il contesto italiano. In particolare, Bellini et al. (1999) hanno proposto un’analisi comparativa internazionale che ha preso in considerazione 12 spinoff italiani e svedesi, Chiesa e Piccaluga (2000) hanno pubblicato un contributo sul “trasferimento” della ricerca pubblica con un’analisi condotta su 48 spinoff italiani; un ulteriore studio su casi di spinoff italiani è stato condotto da Baroncelli, Chiesa e Piccaluga (2001); Colombo e Delmastro (2002) hanno proposto un’analisi sull’efficacia degli incubatori; Grandi e Grimaldi (2003) hanno condotto uno studio sul networking e i profili finanziari delle start-up prendendo a riferimento un campione di 40 spinoff italiani, gli stessi autori (2005) hanno condotto un’ulteriore analisi su 42 casi avente ad oggetto i profili organizzativi delle università in relazione al successo delle nuove imprese; Salvador (2006) ha svolto un confronto Italia-Regno Unito basato su interviste condotte in alcuni spinoff italiani; Grossi e Ruggiero (2008) hanno svolto un’indagine sui regolamenti universitari per la costituzione di spinoff; Iacobucci, Iacopini e Orsini (2008) hanno condotto un’analisi su un campione di 62 spinoff; Fini, Grimaldi e Sobrero (2009) hanno svolto uno studio sugli incentivi alla costituzione di spinoff universitari riferendosi ad un campione di 88 accademici italiani coinvolti in 47 spinoff tra il 1999 e il 2005; Ferretti, Izzo e Simoni (2009) hanno curato una raccolta monografica relativa agli spinoff accadmemici nel Mezzogiorno d’Italia in cui sono presenti contributi con evidenze empiriche. Nessuno di tali lavori copre un numero di imprese tale da poter valutare il rilievo assunto da tale strumento di trasferimento tecnologico in Italia. Scopo del presente lavoro è quello di esplorare il fenomeno degli spinoff universitari nel contesto italiano per trarne indicazioni utili ad orientare le politiche di sviluppo di questo importante strumento di valorizzazione dei risultati di ricerca scientifica; si vuole analizzare la rilevanza del fenomeno e si vogliono spiegare le relazioni che avvincono i fattori di contesto alle caratteristiche riferibili alla struttura, alla governance e alla performance delle singole imprese. Le domande alle quali il presente lavoro vuole dare risposta sono le seguenti: (a) qual è il rilievo assunto dagli spinoff universitari italiani in relazione al loro numero, alle persone e università coinvolte e alle performance realizzate? (b) Quali caratteristiche possiedono gli spinoff italiani? (c) Quali relazioni esistono tra le variabili riconducibili alla struttura, alla governance e alla performance degli spinoff italiani? (d) Le caratteristiche degli spinoff e le loro associazioni consentono di delineare dei modelli? Se sì, quali? (e) Le stesse caratteristiche sono coerenti con le motivazioni da cui possono trarre origine gli spinoff evidenziate dalla letteratura? (f) Quali indicazioni utili ad orientare le politiche di sviluppo possono dedursi dall’interpretazione congiunta della letteratura e dei risultati dell’analisi empirica, in termini di caratteristiche degli spinoff e loro associazioni? Attraverso una ricerca capillare è stato possibile comporre un elenco di 455 spinoff costituiti tra il 1968 e il 2010 con sede, seppur con differenti gradi d’intensità, in tutte le regioni italiane. Per ben comprendere le dinamiche del binomio governance/performance negli spinoff italiani, le variabili esaminate sono state classificate nei seguenti raggruppamenti (D’Amico & Palumbo, 2008): a) settore di attività e localizzazione; b) struttura aziendale; c) governance; d) performance. I dati sono stati acquisiti dal Registro delle Imprese. I risultati dimostrano che (1) il rilievo del fenomeno in Italia è ancora scarso, seppur l’accelerazione sia molto forte (spinta anche da politiche di valutazione assunte a livello centrale); (2) la localizzazione spiega molta della variabilità osservata tra gli spinoff; (3) l’indicatore di performance più sensibile rispetto al complesso delle variabili di contesto, di struttura e di governance considerate è la “velocità di circolazione degli investimenti”; (4) gli spinoff con migliori performance sono partecipati da università, presentano un minor numero di soci, una maggiore incidenza dei soci “persone fisiche” rispetto ai soci “imprese”, una maggiore presenza di donne nei consigli di amministrazione e nella posizione di presidente, amministratori più giovani; (5) gli spinoff italiani: sono, in media, molto giovani, hanno una dimensione micro, un capitale scarsamente immobilizzato, operano con il capitale sociale al minimo di legge, peraltro frequentemente versato solo in parte, mostrano una marcata compenetrazione della proprietà nell’amministrazione, dunque una bassa separazione delle due funzioni; (6) al crescere dell’età aziendale, a fronte di un incremento del volume di attività, si riduce il numero dei soci (processo di selezione nel tempo); (7) gli spinoff partecipati da università: hanno un maggior capitale sociale sottoscritto e un maggior numero di soci (scarsa propensione al rischio imprenditoriale dei ricercatori), sono amministrati da consigli di maggiori dimensioni e consiglieri più anziani (burocratizzazione del processo di autorizzazione alla loro costituzione), sono meno frequentemente in perdita e presentano una maggiore redditività operativa connessa ad una maggiore velocità di circolazione degli investimenti (nonostante l’età degli amministratori sia correlata negativamente alle performance); (8) i soci/amministratori più giovani hanno maggiori difficoltà di coinvolgere partner industriali, probabilmente a causa di una inferiore credibilità e di minori connessioni con i network sociali rispetto ai colleghi anziani; (9) raramente la separazione di una tecnologia ben identificata e disponibile rappresenta il punto di avvio di uno spinoff universitario, in molti casi la “risorsa tecnologica” non è comunque facilmente identificabile, in una parte consistente di spinoff non vi è alcuna separazione di tecnologie preesistenti; (10) non è confermata, ad oggi, la motivazione della maggiore redditività dello spinoff rispetto al licensing diretto. I risultati hanno consentito di evidenziare le seguenti implicazioni per i policy makers: (1) vi è il rischio che in molti casi lo spinoff possa essere privo di adeguate motivazioni (per mancanza di «alto contenuto tecnologico», così come previsto dal D. Lgs. 297/99; per presenza di conflitto di interesse, legato alla condivisione di risorse della parent organization, troppo spesso priva di adeguati strumenti di controllo di gestione; per il prevalere di interessi elusivi rispetto alla regolamentazione dei brevetti e delle attività in conto terzi); (b) per lo sviluppo di questo strumento di valorizzazione applicativa occorre: investire sulla promozione della cultura imprenditoriale; facilitare l’accesso agli spinoff (alla presidenza oltre che al capitale) ai ricercatori più giovani; favorire la costituzione di imprese di maggiori dimensioni; implementare sistemi di controllo di gestione, in grado di eliminare o di attenuare i pericoli legati al conflitto di interessi e i rischi di concorrenza sleale nei confronti degli altri operatori del settore; coordinare i regolamenti di ateneo che disciplinano gli spinoff con quelli del conto terzi e con quelli dei brevetti in modo da eliminare alla radice possibili forme di concorrenza “sleale” tra questi strumenti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.