Pubblicata nel 1827 presso l’editore Stella di Milano, la Crestomazia leopardiana della prosa segna la prima apparizione in Italia di un nuovo istituto letterario: l’antologia per brani scelti mirata a fornire non più soltanto una rassegna di esempi di «bello scrivere», ma un quadro d’assieme della letteratura italiana. Come ha scritto Giulio Bollati nell’introduzione alla ristampa dell’opera (Einaudi, 1967), «l’avvenimento meriterebbe una certa attenzione anche se non ne fosse protagonista Giacomo Leopardi». A quella data, infatti, qualsiasi operazione di qualche rilievo nell’ambito della lingua e delle lettere ha ricadute dirette nella totalità del contesto culturale, sostanzialmente incentrato sulla metafora di nazione. Il conflitto tra classicisti e romantici è soltanto il fenomeno più evidente di una guerra culturale condotta a tutto campo in nome della patria. Al di là delle reazioni accese e polemiche dei contemporanei, va rilevata la portata comunicativa e filologica dell’antologia leopardiana, il cui modello strutturale è costituito dalle Leçons de littérature et de morale, ou Recueil en prose et en verse des plus beaux Morceaux de notre Langue, par M. Noël et M. Delaplace, 4ème édition, Paris 1810, presente nel catalogo della biblioteca di Leopardi di Recanati. L’opera è citata due volte nello Zibaldone, nel marzo e nell’aprile 1827, cioè mentre il poeta lavora alla Crestomazia. L’analisi delle singole sezioni rivela la dirompente audacia dell’operazione leopardiana. Il Trecento è pressoché ignorato. Il Quattrocento, in gran parte trascurato, è tuttavia presente per proposte di originale inventività critica. Il discorso muta con il Cinquecento, che fornisce all’antologia il gruppo di numeroso di autori (circa trentacinque) e di brani (circa centotrenta), contro i tre autori del Trecento, i sei o sette del Quattro. Ampio spazio è riservato anche al Sei e al Settecento. Sono questi alcuni degli aspetti che fanno della Crestomazia un’opera importante non solo nell’economia dell’attività condotta da Leopardi nel campo della propria attività artistica, ma anche sul piano della promozione letteraria e culturale. Un’opera che rivela molto di più di una semplice antologia, finendo con l’interessare non solo il comunicatore letterario, ma il prosatore, il poeta, il filologo, il pensatore, l’erudito, il promotore editoriale.

Leopardi e il modello francese della “Crestomazia italiana della prosa”

LOMBARDINILO, ANDREA
2011-01-01

Abstract

Pubblicata nel 1827 presso l’editore Stella di Milano, la Crestomazia leopardiana della prosa segna la prima apparizione in Italia di un nuovo istituto letterario: l’antologia per brani scelti mirata a fornire non più soltanto una rassegna di esempi di «bello scrivere», ma un quadro d’assieme della letteratura italiana. Come ha scritto Giulio Bollati nell’introduzione alla ristampa dell’opera (Einaudi, 1967), «l’avvenimento meriterebbe una certa attenzione anche se non ne fosse protagonista Giacomo Leopardi». A quella data, infatti, qualsiasi operazione di qualche rilievo nell’ambito della lingua e delle lettere ha ricadute dirette nella totalità del contesto culturale, sostanzialmente incentrato sulla metafora di nazione. Il conflitto tra classicisti e romantici è soltanto il fenomeno più evidente di una guerra culturale condotta a tutto campo in nome della patria. Al di là delle reazioni accese e polemiche dei contemporanei, va rilevata la portata comunicativa e filologica dell’antologia leopardiana, il cui modello strutturale è costituito dalle Leçons de littérature et de morale, ou Recueil en prose et en verse des plus beaux Morceaux de notre Langue, par M. Noël et M. Delaplace, 4ème édition, Paris 1810, presente nel catalogo della biblioteca di Leopardi di Recanati. L’opera è citata due volte nello Zibaldone, nel marzo e nell’aprile 1827, cioè mentre il poeta lavora alla Crestomazia. L’analisi delle singole sezioni rivela la dirompente audacia dell’operazione leopardiana. Il Trecento è pressoché ignorato. Il Quattrocento, in gran parte trascurato, è tuttavia presente per proposte di originale inventività critica. Il discorso muta con il Cinquecento, che fornisce all’antologia il gruppo di numeroso di autori (circa trentacinque) e di brani (circa centotrenta), contro i tre autori del Trecento, i sei o sette del Quattro. Ampio spazio è riservato anche al Sei e al Settecento. Sono questi alcuni degli aspetti che fanno della Crestomazia un’opera importante non solo nell’economia dell’attività condotta da Leopardi nel campo della propria attività artistica, ma anche sul piano della promozione letteraria e culturale. Un’opera che rivela molto di più di una semplice antologia, finendo con l’interessare non solo il comunicatore letterario, ma il prosatore, il poeta, il filologo, il pensatore, l’erudito, il promotore editoriale.
2011
9788888688596
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