La psicoterapia comportamentale si proponeva all'inizio come una psicoterapia scientifica, che seguiva il modello sperimentale, che si collocava chiaramente all'interno della psicologia generale di cui si proponeva di adottare sia la metodologia che i modelli teorici, soprattutto quelli relativi all'apprendimento. Ricordiamo che nelle sue fasi iniziali la psicoterapia comportamentale si riallacciava al modello sviluppato da Watson (1913), il cosiddetto modello stimolo-risposta. Nulla, secondo Watson, avveniva nello spiegare il comportamento umano al di fuori di una continua interazione tra stimoli e risposte. Solo successivamente la terapia comportamentale ha acquisito la dimensione cognitiva (con autori quali Ellis e Beck) trasformandosi in psicoterapia cognitivo-comportamentale. Al di là dell'aderenza ad un modello ed ad una metodologia ben precisi (quelli della psicologia generale ed, in particolare, del comportamentismo) la psicoterapia comportamentale delle origini si caratterizzava quindi soprattutto per la sua aderenza al modello sperimentale. Questo aspetto a volte non viene sottolineato a sufficienza, nonostante a mio parere questo elemento sia molto più importante rispetto agli altri elementi che la caratterizzavano. Il sogno comportamentista consisteva, infatti, nel sostenere, e dimostrare, la possibilità di una psicoterapia scientifica, basata come tutta la psicologia sul metodo sperimentale e non sull’ipse dixit di questo o quel caposcuola come avveniva, ad esempio, in ambito psicoanalitico. In altre parole, il sogno della psicoterapia del comportamento era quello di poter un giorno avere una psicoterapia scientifica, ossia sperimentalmente fondata. A distanza di 100 anni dalla fondazione del comportamentismo cosa è rimasto di tale sogno? Questo è l'obiettivo che vogliamo affrontare in questo intervento.
Psicoterapia e metodo scientifico: la fine del sogno comportamentista?
SAGGINO, ARISTIDE
2013-01-01
Abstract
La psicoterapia comportamentale si proponeva all'inizio come una psicoterapia scientifica, che seguiva il modello sperimentale, che si collocava chiaramente all'interno della psicologia generale di cui si proponeva di adottare sia la metodologia che i modelli teorici, soprattutto quelli relativi all'apprendimento. Ricordiamo che nelle sue fasi iniziali la psicoterapia comportamentale si riallacciava al modello sviluppato da Watson (1913), il cosiddetto modello stimolo-risposta. Nulla, secondo Watson, avveniva nello spiegare il comportamento umano al di fuori di una continua interazione tra stimoli e risposte. Solo successivamente la terapia comportamentale ha acquisito la dimensione cognitiva (con autori quali Ellis e Beck) trasformandosi in psicoterapia cognitivo-comportamentale. Al di là dell'aderenza ad un modello ed ad una metodologia ben precisi (quelli della psicologia generale ed, in particolare, del comportamentismo) la psicoterapia comportamentale delle origini si caratterizzava quindi soprattutto per la sua aderenza al modello sperimentale. Questo aspetto a volte non viene sottolineato a sufficienza, nonostante a mio parere questo elemento sia molto più importante rispetto agli altri elementi che la caratterizzavano. Il sogno comportamentista consisteva, infatti, nel sostenere, e dimostrare, la possibilità di una psicoterapia scientifica, basata come tutta la psicologia sul metodo sperimentale e non sull’ipse dixit di questo o quel caposcuola come avveniva, ad esempio, in ambito psicoanalitico. In altre parole, il sogno della psicoterapia del comportamento era quello di poter un giorno avere una psicoterapia scientifica, ossia sperimentalmente fondata. A distanza di 100 anni dalla fondazione del comportamentismo cosa è rimasto di tale sogno? Questo è l'obiettivo che vogliamo affrontare in questo intervento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.