La centralità della dimensione relazionale-affettività del detenuto è fondamentale in un’ottica educativa, di riprogettazione di sé come persona, come possibilità di non perdere il nucleo centrale di ogni essere, di ogni vita, ovvero la reciprocità con gli altri, l’essere significante per qualcun altro, l’essere pensato da qualcun altro e allo stesso tempo il potersi pensare in relazione con le persone fuori dal carcere, ma in fondo sempre dentro alla sua vita. Questa dimensione ha ancora più rilevanza se la si considera in relazione alla paternità. Come si trasforma tale relazione? Quali nuovi significati produce rispetto al concetto di autorità? E di rispetto delle regole? Come continuare ad esercitare le diverse sfaccettature del ruolo genitoriale, rispetto anche alle pratiche educative quotidiane? Queste e molte altre sono le domande su cui è necessario riflettere, indagare per sostenere la relazione figlio-genitore durante la detenzione, affinché il diritto alla genitorialità e il diritto di bambini e adolescenti alla continuità del proprio legame affettivo con il padre detenuto, venga garantito e culturalmente assimilato. Il contributo intende raccontare finalità e risultati del progetto di ricerca-azione che ha visto la collaborazione tra l'Università di Chieti-Pescara e la Casa Circondariale di Chieti, sulla base dei punti essenziali della Carta dei figli e dei genitori detenuti. Il progetto ha sperimentato da una parte l’approccio maieutico della discussione per far emergere rappresentazioni di sé e del proprio ruolo genitoriale, dall’altro l’approccio alla lettura/narrazione come strumento di mediazione educativa. Tutto questo collocato in una cornice laboratoriale in cui il racconto di sé come metodo formativo, è risultato amplificato quando dalla narrazione orale si è passati a quella scritta.
Genitori e figli senza sbarre: un progetto di ricerca-azione con i padri detenuti
NARDONE, Mariarosaria
2016-01-01
Abstract
La centralità della dimensione relazionale-affettività del detenuto è fondamentale in un’ottica educativa, di riprogettazione di sé come persona, come possibilità di non perdere il nucleo centrale di ogni essere, di ogni vita, ovvero la reciprocità con gli altri, l’essere significante per qualcun altro, l’essere pensato da qualcun altro e allo stesso tempo il potersi pensare in relazione con le persone fuori dal carcere, ma in fondo sempre dentro alla sua vita. Questa dimensione ha ancora più rilevanza se la si considera in relazione alla paternità. Come si trasforma tale relazione? Quali nuovi significati produce rispetto al concetto di autorità? E di rispetto delle regole? Come continuare ad esercitare le diverse sfaccettature del ruolo genitoriale, rispetto anche alle pratiche educative quotidiane? Queste e molte altre sono le domande su cui è necessario riflettere, indagare per sostenere la relazione figlio-genitore durante la detenzione, affinché il diritto alla genitorialità e il diritto di bambini e adolescenti alla continuità del proprio legame affettivo con il padre detenuto, venga garantito e culturalmente assimilato. Il contributo intende raccontare finalità e risultati del progetto di ricerca-azione che ha visto la collaborazione tra l'Università di Chieti-Pescara e la Casa Circondariale di Chieti, sulla base dei punti essenziali della Carta dei figli e dei genitori detenuti. Il progetto ha sperimentato da una parte l’approccio maieutico della discussione per far emergere rappresentazioni di sé e del proprio ruolo genitoriale, dall’altro l’approccio alla lettura/narrazione come strumento di mediazione educativa. Tutto questo collocato in una cornice laboratoriale in cui il racconto di sé come metodo formativo, è risultato amplificato quando dalla narrazione orale si è passati a quella scritta.File | Dimensione | Formato | |
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