Ininterrottamente coltivato dal rinascimento al movimento moderno, il sogno di un territorio urbanizzato secondo le regole della ragione sembra essere definitivamente abbandonato. Negli ultimi decenni, la città si è radicalmente trasformata al punto che Françoise Choay l’ha definita “un oggetto anacronistico legato al passato”. Con ciò si evidenzia come la realtà urbana e territoriale rimandi a un’immagine frammentaria, all’interno della quale sono venuti meno sia il principio di interrelazione tra le scale sia la continuità tra la parte e il tutto. Il territorio è diventato un palinsesto entro cui le diverse generazioni hanno inserito molteplici scritture, correzioni e cancellazioni (André Corboz). L’esito di queste continue modificazioni non delinea una realtà unitaria ma, come ha detto Aldo Gargani “lo scenario di strade, palazzi, costruzioni, edifici che sono altrettante soluzioni parziali di un enigma insolubile che li contiene tutti”. Non vi può essere nessuna ambizione alla totale intellegibilità del palinsesto territoriale. Tuttavia, come ha messo in evidenza Guido Martinotti, “le città non stanno per scomparire: quel che è accaduto e che la città la cui immagine ci è familiare si va trasfigurando, o meglio si è già trasfigurata al punto da essere irriconoscibile con le categorie dell’analisi tradizionale”. Evidentemente, questo comporta notevoli difficoltà interpretative, sia sul piano concettuale, sia su quello operativo. Per cogliere i caratteri di questa trasfigurazione urbana e territoriale occorre una nuova “coscienza dell’occhio” come l’ha definita Richard Sennett. Un nuovo sguardo che sappia spaziare con l’immaginazione, aprendosi non al fantastico ma a quello che Italo Calvino ha chiamato il “repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere”. Il lavoro per la costruzione di questo repertorio è ancora tutto da svolgere. I criteri di selezione dovranno basarsi su quelle immagini territoriali dal carattere eidetico che Franco Rella ha identificato come figure contrapponendole “al fascino e alla suggestione di immagini che [...] lampeggiano e svaniscono senza trasformarsi in un sapere”.
Territorio, palinsesto, figure
CLEMENTE, Antonio Alberto
2017-01-01
Abstract
Ininterrottamente coltivato dal rinascimento al movimento moderno, il sogno di un territorio urbanizzato secondo le regole della ragione sembra essere definitivamente abbandonato. Negli ultimi decenni, la città si è radicalmente trasformata al punto che Françoise Choay l’ha definita “un oggetto anacronistico legato al passato”. Con ciò si evidenzia come la realtà urbana e territoriale rimandi a un’immagine frammentaria, all’interno della quale sono venuti meno sia il principio di interrelazione tra le scale sia la continuità tra la parte e il tutto. Il territorio è diventato un palinsesto entro cui le diverse generazioni hanno inserito molteplici scritture, correzioni e cancellazioni (André Corboz). L’esito di queste continue modificazioni non delinea una realtà unitaria ma, come ha detto Aldo Gargani “lo scenario di strade, palazzi, costruzioni, edifici che sono altrettante soluzioni parziali di un enigma insolubile che li contiene tutti”. Non vi può essere nessuna ambizione alla totale intellegibilità del palinsesto territoriale. Tuttavia, come ha messo in evidenza Guido Martinotti, “le città non stanno per scomparire: quel che è accaduto e che la città la cui immagine ci è familiare si va trasfigurando, o meglio si è già trasfigurata al punto da essere irriconoscibile con le categorie dell’analisi tradizionale”. Evidentemente, questo comporta notevoli difficoltà interpretative, sia sul piano concettuale, sia su quello operativo. Per cogliere i caratteri di questa trasfigurazione urbana e territoriale occorre una nuova “coscienza dell’occhio” come l’ha definita Richard Sennett. Un nuovo sguardo che sappia spaziare con l’immaginazione, aprendosi non al fantastico ma a quello che Italo Calvino ha chiamato il “repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere”. Il lavoro per la costruzione di questo repertorio è ancora tutto da svolgere. I criteri di selezione dovranno basarsi su quelle immagini territoriali dal carattere eidetico che Franco Rella ha identificato come figure contrapponendole “al fascino e alla suggestione di immagini che [...] lampeggiano e svaniscono senza trasformarsi in un sapere”.File | Dimensione | Formato | |
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