Gli studi sui santuari extraurbani nel mondo coloniale Greco, con implicazioni su problematiche relative a colonizzazione e rapporto con le popolazioni indigene, sono ormai numerosi, in particolar modo per l’area Magno-Greca e Siceliota. Per il contesto Cirenaico si è solo di recente accennato al ruolo politico di frontiere sacre nella chora, con i primi studi anche sulla differenziazione nella tipologia e nell’interazione con il territorio per ciascuno dei santuari. La Missione dell’Università di Chieti in Libia ha intrapreso dal 1999 uno studio sistematico dei santuari extraurbani della chora di Cirene, con particolare attenzione a quelli di tipo rupestre, e i dati delle numerose campagne di scavo e di ricognizione hanno messo in evidenza come questi ‘poli cultuali e rituali’ fungessero anche da centri culturali, economici e politici. Il ruolo di questi santuari nella zona di Cirene, infatti, non è meramente limitato a quello di ‘frontiere sacre’ cristallizzate in una funzione di pura barriera tra mondo greco e mondo indigeno; sembrerebbe, invece, più probabile che essi fungessero anche da vera e propria maglia portante dell’organizzazione territoriale e che svolgessero un ruolo rilevante nei rapporti tra il mondo Greco-Romano e le tribù indigene. Tale ruolo, inoltre, non può essere troppo generalizzato e bisogna differenziarne le caratteristiche peculiari da caso a caso, tenendo sempre presente che tali emergenze archeologiche debbono essere sempre contestualizzate, sia dal punto di vista topografico che cronologico, e studiate in base alla loro localizzazione rispetto alla città e alla loro funzione nell’ambito del territorio circostante. Esiste infatti, per Cirene, una vera e propria differenziazione nella tipologia di monumentalizzazione, nelle scelte topografiche e nelle pratiche cultuali dei santuari extraurbani, proprio in base alla loro posizione rispetto a città e territorio. Dalla disamina appare evidente quanto sia troppo generico per Cirene denominare indistintamente tutti i santuari al di fuori delle mura come ‘extraurbani’, mentre in realtà è necessario operare una differenziazione sia di carattere topografico che tipologico. Se per la posizione sono da ritenersi extraurbani, in realtà i grandi santuari posti immediatamente a ridosso della cinta urbana, come il santuario di Demetra, di Zeus o il sacello arcaico noto come Chalchoikia, sono assolutamente da inserire tra gli edifici che rientrano appieno nella pianificazione urbanistica degli spazi sacri, comunque ed indissolubilmente legati alla città. Sarebbe quindi più corretto definirli ‘paraurbani’ o ‘periurbani’. Architettonicamente è molto forte l’influenza e la connotazione della grecità di cui la città stessa è portavoce avendo con la circostante chora un rapporto di intervisibilità più che di reale interazione culturale bilaterale. La funzione di ‘corona sacra’ di questi grandi santuari, ormai nota per Cirene come per altre colonie greche, non significa necessariamente che fossero luoghi di incontro e di fusione tra il mondo greco e quello indigeno, ma molto probabilmente ampi e monumentali spazi di riferimento politico e cultuale della città stessa, dove gli abitanti della chora erano tenuti ad un rispettoso ossequio, sia che fossero greci o libici. Al contrario i santuari rupestri rappresentano i luoghi in cui la cultura cittadina si incontrava con le usanze delle tribù autoctone, dando origine a manifestazioni artistiche, cultuali e architettoniche spesso molto originali, frutto di coesistenza, fusione e sincretismo rituale e culturale. Erano proprio questi luoghi sacri a permettere una continua osmosi culturale tra la polis e la sua chora. D’altronde, santuari rupestri, simili a quelli della cd. ‘seconda cinta sacra’ di Cirene (con culti dedicati alle acque, alle ninfe o a divinità curotrofiche, in associazione con dediche a Pan o Dioniso in ambienti più legati al mondo silvo-pastorale, o in associazione a culti eroici o a divinità ctonie sincretizzate con divinità del pantheon olimpico, in ambienti dalla matrice più aristocratica) sono abbastanza diffusi nel mondo greco o ellenizzato, anche a giudicare dai luoghi di culto rupestri segnalati dalle stesse fonti letterarie, o ben noti ad esempio persino alle pendici dell’acropoli di Atene, o a Delfi, in Frigia, Licia, Magna Grecia e Sicilia, e presenti anche lungo le pendici dell’acropoli della stessa Cirene. I santuari rupestri più lontani da Cirene, posti in area predesertica, inoltre, dovevano anche svolgere un ruolo fondamentale lungo le vie carovaniere interne della regione, con funzione aggregativa delle tribù locali e come aree di sosta e mercato lungo la rete dei percorsi più interni caratterizzati da un’economia legata all’allevamento e al commercio dei suoi prodotti derivanti. In tutti i casi dei santuari rupestri, comunque, non si trattava mai di una diffusione culturale omogenea e unilaterale, dove solo la cultura e la politica della polis raggiungevano i luoghi più remoti della Cirenaica, ma allo stesso modo erano anche le usanze, le credenze e la cultura delle tribù locali che trovavano voce e si propagavano in questi santuari con un’intensità direttamente proporzionale alla distanza dalla polis.
Santuari rupestri nella chora di Cirene: incontro tra mondo libyo, greco e romano
Oliva Menozzi
2016-01-01
Abstract
Gli studi sui santuari extraurbani nel mondo coloniale Greco, con implicazioni su problematiche relative a colonizzazione e rapporto con le popolazioni indigene, sono ormai numerosi, in particolar modo per l’area Magno-Greca e Siceliota. Per il contesto Cirenaico si è solo di recente accennato al ruolo politico di frontiere sacre nella chora, con i primi studi anche sulla differenziazione nella tipologia e nell’interazione con il territorio per ciascuno dei santuari. La Missione dell’Università di Chieti in Libia ha intrapreso dal 1999 uno studio sistematico dei santuari extraurbani della chora di Cirene, con particolare attenzione a quelli di tipo rupestre, e i dati delle numerose campagne di scavo e di ricognizione hanno messo in evidenza come questi ‘poli cultuali e rituali’ fungessero anche da centri culturali, economici e politici. Il ruolo di questi santuari nella zona di Cirene, infatti, non è meramente limitato a quello di ‘frontiere sacre’ cristallizzate in una funzione di pura barriera tra mondo greco e mondo indigeno; sembrerebbe, invece, più probabile che essi fungessero anche da vera e propria maglia portante dell’organizzazione territoriale e che svolgessero un ruolo rilevante nei rapporti tra il mondo Greco-Romano e le tribù indigene. Tale ruolo, inoltre, non può essere troppo generalizzato e bisogna differenziarne le caratteristiche peculiari da caso a caso, tenendo sempre presente che tali emergenze archeologiche debbono essere sempre contestualizzate, sia dal punto di vista topografico che cronologico, e studiate in base alla loro localizzazione rispetto alla città e alla loro funzione nell’ambito del territorio circostante. Esiste infatti, per Cirene, una vera e propria differenziazione nella tipologia di monumentalizzazione, nelle scelte topografiche e nelle pratiche cultuali dei santuari extraurbani, proprio in base alla loro posizione rispetto a città e territorio. Dalla disamina appare evidente quanto sia troppo generico per Cirene denominare indistintamente tutti i santuari al di fuori delle mura come ‘extraurbani’, mentre in realtà è necessario operare una differenziazione sia di carattere topografico che tipologico. Se per la posizione sono da ritenersi extraurbani, in realtà i grandi santuari posti immediatamente a ridosso della cinta urbana, come il santuario di Demetra, di Zeus o il sacello arcaico noto come Chalchoikia, sono assolutamente da inserire tra gli edifici che rientrano appieno nella pianificazione urbanistica degli spazi sacri, comunque ed indissolubilmente legati alla città. Sarebbe quindi più corretto definirli ‘paraurbani’ o ‘periurbani’. Architettonicamente è molto forte l’influenza e la connotazione della grecità di cui la città stessa è portavoce avendo con la circostante chora un rapporto di intervisibilità più che di reale interazione culturale bilaterale. La funzione di ‘corona sacra’ di questi grandi santuari, ormai nota per Cirene come per altre colonie greche, non significa necessariamente che fossero luoghi di incontro e di fusione tra il mondo greco e quello indigeno, ma molto probabilmente ampi e monumentali spazi di riferimento politico e cultuale della città stessa, dove gli abitanti della chora erano tenuti ad un rispettoso ossequio, sia che fossero greci o libici. Al contrario i santuari rupestri rappresentano i luoghi in cui la cultura cittadina si incontrava con le usanze delle tribù autoctone, dando origine a manifestazioni artistiche, cultuali e architettoniche spesso molto originali, frutto di coesistenza, fusione e sincretismo rituale e culturale. Erano proprio questi luoghi sacri a permettere una continua osmosi culturale tra la polis e la sua chora. D’altronde, santuari rupestri, simili a quelli della cd. ‘seconda cinta sacra’ di Cirene (con culti dedicati alle acque, alle ninfe o a divinità curotrofiche, in associazione con dediche a Pan o Dioniso in ambienti più legati al mondo silvo-pastorale, o in associazione a culti eroici o a divinità ctonie sincretizzate con divinità del pantheon olimpico, in ambienti dalla matrice più aristocratica) sono abbastanza diffusi nel mondo greco o ellenizzato, anche a giudicare dai luoghi di culto rupestri segnalati dalle stesse fonti letterarie, o ben noti ad esempio persino alle pendici dell’acropoli di Atene, o a Delfi, in Frigia, Licia, Magna Grecia e Sicilia, e presenti anche lungo le pendici dell’acropoli della stessa Cirene. I santuari rupestri più lontani da Cirene, posti in area predesertica, inoltre, dovevano anche svolgere un ruolo fondamentale lungo le vie carovaniere interne della regione, con funzione aggregativa delle tribù locali e come aree di sosta e mercato lungo la rete dei percorsi più interni caratterizzati da un’economia legata all’allevamento e al commercio dei suoi prodotti derivanti. In tutti i casi dei santuari rupestri, comunque, non si trattava mai di una diffusione culturale omogenea e unilaterale, dove solo la cultura e la politica della polis raggiungevano i luoghi più remoti della Cirenaica, ma allo stesso modo erano anche le usanze, le credenze e la cultura delle tribù locali che trovavano voce e si propagavano in questi santuari con un’intensità direttamente proporzionale alla distanza dalla polis.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.