Di recente si parla dell’Artico come del nuovo “ombelico del mondo”: partendo da un aspetto ambientale – lo scioglimento dei ghiacci della calotta polare – spesso usato come pretesto, stanno emergendo una serie di questioni di natura economica, energetica, commerciale, politica, giuridica e strategico-militare di straordinario interesse. Secondo gli studi conclusi nel 2008 dall’US Geological Survey, l’intera regione polare ospiterebbe sotto i propri ghiacci il 13% delle riserve petrolifere mondiali non esplorate, il 20% di gas liquido e il 30 % di gas naturale, mentre il valore dei barili di greggio esportabili dalla regione è stato stimato pari ad un ammontare di 90 miliardi di euro. Altro aspetto di enorme rilevanza sono le nuove rotte commerciali che si vanno delineando (il Passaggio a nord-ovest attraverso l’arcipelago artico canadese e il Passaggio a nord-est lungo le coste della Siberia), che permetterebbero alle navi cargo provenienti dalle coste asiatiche di raggiungere i porti commerciali del nord-Europa in tempi molto più rapidi rispetto alle rotte tradizionali (Canale di Suez o Capo di Buona Speranza), anche se per ora ancora con costi decisamente più elevati. Gli attori di questa “partita” sono quindi i paesi membri (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti), i paesi cosiddetti membri osservatori permanenti (Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Italia, Singapore, Svizzera) ed enti internazionali e transnazionali come le Nazioni Unite, la Nato e l’Unione Europea. In questo articolo si vuole analizzare in particolare il caso dell’Islanda. Localizzata a metà strada tra il Nord America e l’Europa, grazie alla sua posizione di avamposto militare e punto di snodo per i trasporti, questa terra fu usata per strategie marittime e navali nella Seconda Guerra Mondiale e poi durante la Guerra Fredda. Ha sempre mantenuto una favorevole condizione di isolamento/integrazione, sia dal punto di vista economico che militare: fa parte della NATO e quindi, pur non avendo un esercito, vede assicurata la propria difesa nell’ambito di questa organizzazione. Al tempo stesso è ben integrata con l’Europa (fa parte del suo spazio economico in quanto paese ex EFTA e aderisce all’accordo di Schengen), pur non essendo, al pari della Norvegia, un paese membro dell’UE. Tra problemi ambientali, nuovi interessi economici, mire espansionistiche di grandi potenze mondiali e ripercussioni a livello globale, risulta di grande interesse capire quali possano essere il ruolo di questo small state nella questione artica, la sua politica estera, le sue possibilità di difesa ma anche i suoi margini di manovra per evitare di essere inglobata da un sistema così grande. A questo riguardo, dopo il default finanziario che travolse l’Islanda nel 2008 (la cosiddetta “kreppa”), nel 2009 il Ministro degli Affari Esteri islandese pubblicò un report sulla posizione dell’Islanda in merito alla questione artica e nel 2011 il Parlamento islandese approvò “A Parliamentary Resolution on Iceland’s Arctic Policy” (Althingi, 139° sessione legislativa, 28/03/2011), un documento che, diviso in sei sezioni (cooperazione, difesa, risorse naturali, protezione ambientale, trasporti, ricerca), mostra in 12 punti la direzione verso cui si muove la politica estera islandese. L’Islanda da sempre rivendica la sua posizione strategica nell’area e sottolinea l’importanza fondamentale della collaborazione con gli altri membri del Consiglio ed in particolare con i territori vicini come Groenlandia e Isole Fær Øer, collaborazione da sviluppare soprattutto nell’ambito della prevenzione ambientale collegata al trasporto di idrocarburi in acque islandesi. Dopo aver delineato un quadro generale della questione artica, alla luce delle attuali dinamiche geopolitiche e geoeconomiche, si inserirà l’Islanda nel suo contesto regionale, cercando di comprendere il suo ruolo e il suo rapporto con gli altri attori della questione artica. In particolar modo l’Islanda diventa oggetto interessante di studio per la sua posizione strategica, il suo ruolo di membro dello Spazio economico europeo e allo stesso tempo partner di accordi commerciali con potenze extra-regionali come la Cina, molto interessata alla questione artica: la Cina, infatti, in un suo progetto di espansione e ottimizzazione logistica per l’esportazione delle merci, guarda con interesse all’Islanda e alla Groenlandia come possibili piattaforme logistiche. Definita quindi la situazione contemporanea del Paese, sulla base della letteratura, della documentazione e delle banche dati disponibili si vogliono analizzare il suo ruolo all’interno del Consiglio Artico, la sua posizione rispetto alla questione artica, la sua politica estera e, dall’altro lato, le mire delle potenze regionali ed extra-regionali verso quest’isola nordica.

“Guerra fredda” tra i ghiacci bollenti: l’Islanda e la questione artica

Iacuone S.
;
Zarrilli L.
In corso di stampa

Abstract

Di recente si parla dell’Artico come del nuovo “ombelico del mondo”: partendo da un aspetto ambientale – lo scioglimento dei ghiacci della calotta polare – spesso usato come pretesto, stanno emergendo una serie di questioni di natura economica, energetica, commerciale, politica, giuridica e strategico-militare di straordinario interesse. Secondo gli studi conclusi nel 2008 dall’US Geological Survey, l’intera regione polare ospiterebbe sotto i propri ghiacci il 13% delle riserve petrolifere mondiali non esplorate, il 20% di gas liquido e il 30 % di gas naturale, mentre il valore dei barili di greggio esportabili dalla regione è stato stimato pari ad un ammontare di 90 miliardi di euro. Altro aspetto di enorme rilevanza sono le nuove rotte commerciali che si vanno delineando (il Passaggio a nord-ovest attraverso l’arcipelago artico canadese e il Passaggio a nord-est lungo le coste della Siberia), che permetterebbero alle navi cargo provenienti dalle coste asiatiche di raggiungere i porti commerciali del nord-Europa in tempi molto più rapidi rispetto alle rotte tradizionali (Canale di Suez o Capo di Buona Speranza), anche se per ora ancora con costi decisamente più elevati. Gli attori di questa “partita” sono quindi i paesi membri (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti), i paesi cosiddetti membri osservatori permanenti (Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Italia, Singapore, Svizzera) ed enti internazionali e transnazionali come le Nazioni Unite, la Nato e l’Unione Europea. In questo articolo si vuole analizzare in particolare il caso dell’Islanda. Localizzata a metà strada tra il Nord America e l’Europa, grazie alla sua posizione di avamposto militare e punto di snodo per i trasporti, questa terra fu usata per strategie marittime e navali nella Seconda Guerra Mondiale e poi durante la Guerra Fredda. Ha sempre mantenuto una favorevole condizione di isolamento/integrazione, sia dal punto di vista economico che militare: fa parte della NATO e quindi, pur non avendo un esercito, vede assicurata la propria difesa nell’ambito di questa organizzazione. Al tempo stesso è ben integrata con l’Europa (fa parte del suo spazio economico in quanto paese ex EFTA e aderisce all’accordo di Schengen), pur non essendo, al pari della Norvegia, un paese membro dell’UE. Tra problemi ambientali, nuovi interessi economici, mire espansionistiche di grandi potenze mondiali e ripercussioni a livello globale, risulta di grande interesse capire quali possano essere il ruolo di questo small state nella questione artica, la sua politica estera, le sue possibilità di difesa ma anche i suoi margini di manovra per evitare di essere inglobata da un sistema così grande. A questo riguardo, dopo il default finanziario che travolse l’Islanda nel 2008 (la cosiddetta “kreppa”), nel 2009 il Ministro degli Affari Esteri islandese pubblicò un report sulla posizione dell’Islanda in merito alla questione artica e nel 2011 il Parlamento islandese approvò “A Parliamentary Resolution on Iceland’s Arctic Policy” (Althingi, 139° sessione legislativa, 28/03/2011), un documento che, diviso in sei sezioni (cooperazione, difesa, risorse naturali, protezione ambientale, trasporti, ricerca), mostra in 12 punti la direzione verso cui si muove la politica estera islandese. L’Islanda da sempre rivendica la sua posizione strategica nell’area e sottolinea l’importanza fondamentale della collaborazione con gli altri membri del Consiglio ed in particolare con i territori vicini come Groenlandia e Isole Fær Øer, collaborazione da sviluppare soprattutto nell’ambito della prevenzione ambientale collegata al trasporto di idrocarburi in acque islandesi. Dopo aver delineato un quadro generale della questione artica, alla luce delle attuali dinamiche geopolitiche e geoeconomiche, si inserirà l’Islanda nel suo contesto regionale, cercando di comprendere il suo ruolo e il suo rapporto con gli altri attori della questione artica. In particolar modo l’Islanda diventa oggetto interessante di studio per la sua posizione strategica, il suo ruolo di membro dello Spazio economico europeo e allo stesso tempo partner di accordi commerciali con potenze extra-regionali come la Cina, molto interessata alla questione artica: la Cina, infatti, in un suo progetto di espansione e ottimizzazione logistica per l’esportazione delle merci, guarda con interesse all’Islanda e alla Groenlandia come possibili piattaforme logistiche. Definita quindi la situazione contemporanea del Paese, sulla base della letteratura, della documentazione e delle banche dati disponibili si vogliono analizzare il suo ruolo all’interno del Consiglio Artico, la sua posizione rispetto alla questione artica, la sua politica estera e, dall’altro lato, le mire delle potenze regionali ed extra-regionali verso quest’isola nordica.
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