Quale genere di riuso è ammesso, in senso ecologico, ma anche in senso etico, per due opere edilizie incompiute, appartenute, e dunque segnate in forma forse indelebile, a una delle maggiori organizzazioni criminali italiane, la banda della Magliana, protagonista di stragi e delitti per buona parte degli anni ’70 e ’80? La domanda, solo apparentemente retorica, ammette naturalmente diverse risposte, rispetto a un tema che riguarda, ormai da tempo, e senza reali differenze tra le regioni italiane, un insieme crescente di tali beni, sottoposti a confisca, e spesso assegnati per il loro corretto riuso agli enti locali o alle amministrazioni dello Stato, pur nei vincoli di un quadro legislativo che ha partire dalla prima legge Rognoni La Torre, e successivamente ai suoi sviluppi, ha già provveduto a indicare la strada dell’utilizzo a scopo sociale di tali beni, dando risponda ad una legittima e ampiamente condivisibile posizione etica che lascia, tuttavia, ancora molti problemi inevasi. Il caso è quello di Scurcola Marsica, cittadina marsicana nel cuore dell’Abruzzo, regione per lungo tempo creduta libera dalla penetrazione delle organizzazioni criminali italiane, dove sono localizzate due costruzioni – due scheletri in cemento armato – confiscati alla Banda della Magliana, organizzazione criminale particolarmente attiva in Italia negli anni ’80, di cui si trovano tracce anche nelle più recenti vicende criminali romane, e assegnati dal 2010 alla gestione comunale. Un più recente lavoro di tesi di laurea, prova a sviluppare un'ipotesi di integrazione del bene recuperato come sede di un possibile Osservatorio della legalità e del Paesaggio della Marsica, assumendo ancora l’ipotesi che il bene possa trovare opportuna valorizzazione e recupero solo all’interno di una visione territoriale di più completa integrazione del sito all’interno di un Parco culturale integrato fondato sulla linea fondante dell’antico tracciato della Tiburtina Valeria, l’antica via consolare, ancora in parte in funzione, che collegava Roma con la città di Alba Fucens.

GLI “SCHELETRI” DELLA MAGLIANA IPOTESI DI RIUSO E RISIGNIFICAZIONE SIMBOLICA DI DUE IMMOBILI INCOMPIUTI CONFISCATI ALLE MAFIE NELL’ “EX” ABRUZZO FELIX

Piero Rovigatti
2016-01-01

Abstract

Quale genere di riuso è ammesso, in senso ecologico, ma anche in senso etico, per due opere edilizie incompiute, appartenute, e dunque segnate in forma forse indelebile, a una delle maggiori organizzazioni criminali italiane, la banda della Magliana, protagonista di stragi e delitti per buona parte degli anni ’70 e ’80? La domanda, solo apparentemente retorica, ammette naturalmente diverse risposte, rispetto a un tema che riguarda, ormai da tempo, e senza reali differenze tra le regioni italiane, un insieme crescente di tali beni, sottoposti a confisca, e spesso assegnati per il loro corretto riuso agli enti locali o alle amministrazioni dello Stato, pur nei vincoli di un quadro legislativo che ha partire dalla prima legge Rognoni La Torre, e successivamente ai suoi sviluppi, ha già provveduto a indicare la strada dell’utilizzo a scopo sociale di tali beni, dando risponda ad una legittima e ampiamente condivisibile posizione etica che lascia, tuttavia, ancora molti problemi inevasi. Il caso è quello di Scurcola Marsica, cittadina marsicana nel cuore dell’Abruzzo, regione per lungo tempo creduta libera dalla penetrazione delle organizzazioni criminali italiane, dove sono localizzate due costruzioni – due scheletri in cemento armato – confiscati alla Banda della Magliana, organizzazione criminale particolarmente attiva in Italia negli anni ’80, di cui si trovano tracce anche nelle più recenti vicende criminali romane, e assegnati dal 2010 alla gestione comunale. Un più recente lavoro di tesi di laurea, prova a sviluppare un'ipotesi di integrazione del bene recuperato come sede di un possibile Osservatorio della legalità e del Paesaggio della Marsica, assumendo ancora l’ipotesi che il bene possa trovare opportuna valorizzazione e recupero solo all’interno di una visione territoriale di più completa integrazione del sito all’interno di un Parco culturale integrato fondato sulla linea fondante dell’antico tracciato della Tiburtina Valeria, l’antica via consolare, ancora in parte in funzione, che collegava Roma con la città di Alba Fucens.
2016
978 88 548 9107 4
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