Sul finire dell’Ottocento il dantismo si afferma come vero e proprio processo culturale, che coinvolge non solo poeti, scrittori e critici letterari, ma anche filosofi, sociologi, storici dell’arte, nel segno di una risemantizzazione sociale ed estetico della lezione dantesca. Tra i più attivi vi è d’Annunzio, il cui culto per la poesia di Dante denota la rivendicazione di una continuità poetica e l’affermazione di un processo culturale – per l’appunto il dantismo - che si nutre di istanze sociali, linguistiche, civili, politiche. Il titanismo dell’ode A Dante di Elettra attesta la vitalità del mito di Dante, in un’epoca in cui grandi poeti (Graf, Pascoli, Tennyson), critici (De Sanctis), studiosi d’arte (Ruskin, Pater), filosofi (Carlyle, Croce), esperti di estetica (Angelo Conti), sociologi (Sighele, Simmel e Pareto), guardano all’Alighieri come paradigma di una complessità esistenziale fondata sulla dialettica tra trascendenza e mondanità. Ma dalle colonne de «Il Regno» Giovanni Papini liquida come «rivenditori di rettorica» filologi, critici e letterati alle prese con una autoreferenziale promozione pubblica dell’opera dantesca. La lezione umana e poetica di Dante si afferma come modello simbolico e comunicativo, declinato da d’Annunzio sul piano teatrale (Francesca da Rimini), poetico (Elettra), editoriale (Dante, gli stampatori e il bestiaio), nel segno di quella «retorica degli eroi» studiata in tempi più recenti da Luhmann.
Il dantismo come processo culturale: Elettra e i «rivenditori di rettorica»
Lombardinilo
2022-01-01
Abstract
Sul finire dell’Ottocento il dantismo si afferma come vero e proprio processo culturale, che coinvolge non solo poeti, scrittori e critici letterari, ma anche filosofi, sociologi, storici dell’arte, nel segno di una risemantizzazione sociale ed estetico della lezione dantesca. Tra i più attivi vi è d’Annunzio, il cui culto per la poesia di Dante denota la rivendicazione di una continuità poetica e l’affermazione di un processo culturale – per l’appunto il dantismo - che si nutre di istanze sociali, linguistiche, civili, politiche. Il titanismo dell’ode A Dante di Elettra attesta la vitalità del mito di Dante, in un’epoca in cui grandi poeti (Graf, Pascoli, Tennyson), critici (De Sanctis), studiosi d’arte (Ruskin, Pater), filosofi (Carlyle, Croce), esperti di estetica (Angelo Conti), sociologi (Sighele, Simmel e Pareto), guardano all’Alighieri come paradigma di una complessità esistenziale fondata sulla dialettica tra trascendenza e mondanità. Ma dalle colonne de «Il Regno» Giovanni Papini liquida come «rivenditori di rettorica» filologi, critici e letterati alle prese con una autoreferenziale promozione pubblica dell’opera dantesca. La lezione umana e poetica di Dante si afferma come modello simbolico e comunicativo, declinato da d’Annunzio sul piano teatrale (Francesca da Rimini), poetico (Elettra), editoriale (Dante, gli stampatori e il bestiaio), nel segno di quella «retorica degli eroi» studiata in tempi più recenti da Luhmann.File | Dimensione | Formato | |
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