Lo stato sociale e la democrazia politica hanno modificato a fondo la rappresentanza degli interessi nelle società capitalistiche avanzate determinando anche un mutamento nelle forme e nell’intensità del conflitto di classe. Rimangono certo delle tensioni nella misura in cui i livelli di povertà e le diseguaglianze tra i ceti sociali e tra le aree geografiche oltrepassano una soglia di tollerabilità ma queste non mettono in pericolo il sistema.1 In questo scenario, l’attenzione di Habermas si era già spostata da tempo sulle “nuove forme di crisi” nella riproduzione simbolica del mondo vitale, nella sfera privata e in quella pubblica. Nella Considerazione conclusiva della Teoria dell’agire comunicativo (1981) vengono indicati i principali ambiti in cui si possono formare dei nuovi “potenziali di conflitto”: «Essi non si scatenano più in ambiti della riproduzione materiale, non sono più canalizzati attraverso partiti e associazioni e non sono neppure componibili sotto forma di risarcimenti conformi al sistema. I nuovi conflitti sorgono piuttosto in ambiti della riproduzione culturale, dell’integrazione sociale e della socializzazione; si manifestano forme di protesta sub-istituzionali, in ogni caso extraparlamentari. E nelle carenze che ne stanno alla base si rispecchia una reificazione di ambiti di azione strutturati in modo comunicativo, che non è possibile cogliere attraverso i media denaro e potere. Non si tratta primariamente di risarcimenti che lo Stato sociale può concedere, ma di difesa e restituzione di modi di vita minacciati o dell’affermazione di modi di vita riformati. In breve, i nuovi conflitti non si scatenano su problemi di distribuzione, ma su questioni riguardanti la grammatica di forme di vita».

Lotte di riconoscimento nelle società multiculturali

CORCHIA LUCA
2010-01-01

Abstract

Lo stato sociale e la democrazia politica hanno modificato a fondo la rappresentanza degli interessi nelle società capitalistiche avanzate determinando anche un mutamento nelle forme e nell’intensità del conflitto di classe. Rimangono certo delle tensioni nella misura in cui i livelli di povertà e le diseguaglianze tra i ceti sociali e tra le aree geografiche oltrepassano una soglia di tollerabilità ma queste non mettono in pericolo il sistema.1 In questo scenario, l’attenzione di Habermas si era già spostata da tempo sulle “nuove forme di crisi” nella riproduzione simbolica del mondo vitale, nella sfera privata e in quella pubblica. Nella Considerazione conclusiva della Teoria dell’agire comunicativo (1981) vengono indicati i principali ambiti in cui si possono formare dei nuovi “potenziali di conflitto”: «Essi non si scatenano più in ambiti della riproduzione materiale, non sono più canalizzati attraverso partiti e associazioni e non sono neppure componibili sotto forma di risarcimenti conformi al sistema. I nuovi conflitti sorgono piuttosto in ambiti della riproduzione culturale, dell’integrazione sociale e della socializzazione; si manifestano forme di protesta sub-istituzionali, in ogni caso extraparlamentari. E nelle carenze che ne stanno alla base si rispecchia una reificazione di ambiti di azione strutturati in modo comunicativo, che non è possibile cogliere attraverso i media denaro e potere. Non si tratta primariamente di risarcimenti che lo Stato sociale può concedere, ma di difesa e restituzione di modi di vita minacciati o dell’affermazione di modi di vita riformati. In breve, i nuovi conflitti non si scatenano su problemi di distribuzione, ma su questioni riguardanti la grammatica di forme di vita».
2010
978-88-467-2700-8
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