Le discussioni sulle tecnologie digitali e Internet e sulle loro applicazioni nel campo della politica sono l’inevitabile portato di un mutamento di più ampia rilevanza che coinvolge ogni aspetto economico, sociale e culturale della contemporaneità. È in corso una “rivoluzione tecnologica” di cui ancora non siamo pienamente consapevoli, che scombina assetti ritenuti stabili e sposta l’orizzonte del possibile. Il ceto politico in parte la condiziona e in parte la subisce. Nell’uno e nell’altro caso, possiamo rilevare che non è in grado di capirla. Alle ICT (Information and Communication Technologies) si guarda con la speranza di sincronizzare finalmente l’operato del sistema politico-amministrativo alla rapidità e complessità dei nuovi tempi; e di avvicinare i governati ai governanti visto che la distanza tra le parti è sempre più marcata. Un sano scetticismo verso la capacità dell’apparato istituzionale di rigenerarsi spinge a credere che sarà un’opportunità sprecata se lasciata alla sola iniziativa dei politici: è necessario che la società civile si faccia carico del futuro, del suo futuro. La proposta non è così irrealistica; le comunità del XXI secolo potranno sfidare un divenire sempre più incerto solamente promuovendo la libertà e la responsabilità dei loro membri e creando le condizioni per sprigionare un’“intelligenza collettiva” attualmente dispersa e disconosciuta. Su questo piano si situa l’apporto teorico-analitico di Pierre Lévy, a cui va il merito di aver posto le domande giuste alla scienza e alla politica e di aver stimolato un movimento generale delle idee coerente con i grandi cambiamenti culturali e sociali odierni.
La democrazia nell’era di Internet. Per una politica dell’intelligenza collettiva. Con un saggio inedito di Pierre Lévy
CORCHIA LUCA
2011-01-01
Abstract
Le discussioni sulle tecnologie digitali e Internet e sulle loro applicazioni nel campo della politica sono l’inevitabile portato di un mutamento di più ampia rilevanza che coinvolge ogni aspetto economico, sociale e culturale della contemporaneità. È in corso una “rivoluzione tecnologica” di cui ancora non siamo pienamente consapevoli, che scombina assetti ritenuti stabili e sposta l’orizzonte del possibile. Il ceto politico in parte la condiziona e in parte la subisce. Nell’uno e nell’altro caso, possiamo rilevare che non è in grado di capirla. Alle ICT (Information and Communication Technologies) si guarda con la speranza di sincronizzare finalmente l’operato del sistema politico-amministrativo alla rapidità e complessità dei nuovi tempi; e di avvicinare i governati ai governanti visto che la distanza tra le parti è sempre più marcata. Un sano scetticismo verso la capacità dell’apparato istituzionale di rigenerarsi spinge a credere che sarà un’opportunità sprecata se lasciata alla sola iniziativa dei politici: è necessario che la società civile si faccia carico del futuro, del suo futuro. La proposta non è così irrealistica; le comunità del XXI secolo potranno sfidare un divenire sempre più incerto solamente promuovendo la libertà e la responsabilità dei loro membri e creando le condizioni per sprigionare un’“intelligenza collettiva” attualmente dispersa e disconosciuta. Su questo piano si situa l’apporto teorico-analitico di Pierre Lévy, a cui va il merito di aver posto le domande giuste alla scienza e alla politica e di aver stimolato un movimento generale delle idee coerente con i grandi cambiamenti culturali e sociali odierni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.