Il saggio risponde all’obiettivo concettuale di evidenziare la centralità delle dinamiche della socializzazione all’interno dei processi di apprendimento, che a loro volta definiscono la conoscenza del mondo da parte dei soggetti. Enfatizzare questo aspetto equivale a sostenere e argomentare come anche i processi più soggettivi abbiano una dimensione sociale stringente e profonda. La ricerca è appunto volta a mostrare in cosa risieda la dimensione sociale dell’apprendimento e della conoscenza. La si ravvisa prioritariamente nel fatto che ogni apprendimento avviene all’interno di un contesto, che rappresenta le condizioni di socializzazione di ciascun individuo: un contesto sociale, culturale, normativo, linguistico, simbolico. L’ipotesi a supporto della quale si raccolgono teorie e argomentazioni è quella di una via intermedia, già tracciata in precedenti lavori, tra i due approcci collettivista e individualista, tale per cui se i processi cognitivi appaiono ineludibilmente legati alla soggettività, la soggettività stessa appare intrinsecamente legata all’ambiente, alle sue influenze dirette (stimoli, azioni-guida, come l’azione educativa) e indirette (frutto dei processi di socializzazione informale): la conoscenza stessa, pertanto, pur considerata come un prodotto della soggettività, deve essere pensata nei termini di una relatività che le è conferita dalle condizioni sociali della sua produzione. Conoscere appare così come la capacità e la possibilità di assegnare, trovare, dare significati, ciò che è possibile solo socialmente: se è infatti la creatività del singolo a connotare un concetto in maniera peculiare, bisogna condividere un significato con altri per potergli attribuire un senso soggettivo, e quella connotazione ulteriore. Si evidenza quindi, anche attraverso la rassegna di posizioni che da Simmel a Mead a Goffman, fino a Giddens e Boudon evidenziano la natura simbolica della conoscenza, come la stessa si collochi a metà strada tra individualità e socialità, approccio oggettivistico (Durkheim, Horkheimer, Mannheim) e cognitivistico (Weber, Popper, Habermas, Boudon): pur restando all’interno dei postulati propri di quest’ultimo (soggettività, libertà, creatività, relatività), grazie al riconoscimento alla conoscenza di una dimensione sociale intrinseca, si può aggirare il rischio dell'assoluto relativismo cognitivo.

La dimensione sociale dell’apprendimento e della conoscenza

Daniela Sideri
2020-01-01

Abstract

Il saggio risponde all’obiettivo concettuale di evidenziare la centralità delle dinamiche della socializzazione all’interno dei processi di apprendimento, che a loro volta definiscono la conoscenza del mondo da parte dei soggetti. Enfatizzare questo aspetto equivale a sostenere e argomentare come anche i processi più soggettivi abbiano una dimensione sociale stringente e profonda. La ricerca è appunto volta a mostrare in cosa risieda la dimensione sociale dell’apprendimento e della conoscenza. La si ravvisa prioritariamente nel fatto che ogni apprendimento avviene all’interno di un contesto, che rappresenta le condizioni di socializzazione di ciascun individuo: un contesto sociale, culturale, normativo, linguistico, simbolico. L’ipotesi a supporto della quale si raccolgono teorie e argomentazioni è quella di una via intermedia, già tracciata in precedenti lavori, tra i due approcci collettivista e individualista, tale per cui se i processi cognitivi appaiono ineludibilmente legati alla soggettività, la soggettività stessa appare intrinsecamente legata all’ambiente, alle sue influenze dirette (stimoli, azioni-guida, come l’azione educativa) e indirette (frutto dei processi di socializzazione informale): la conoscenza stessa, pertanto, pur considerata come un prodotto della soggettività, deve essere pensata nei termini di una relatività che le è conferita dalle condizioni sociali della sua produzione. Conoscere appare così come la capacità e la possibilità di assegnare, trovare, dare significati, ciò che è possibile solo socialmente: se è infatti la creatività del singolo a connotare un concetto in maniera peculiare, bisogna condividere un significato con altri per potergli attribuire un senso soggettivo, e quella connotazione ulteriore. Si evidenza quindi, anche attraverso la rassegna di posizioni che da Simmel a Mead a Goffman, fino a Giddens e Boudon evidenziano la natura simbolica della conoscenza, come la stessa si collochi a metà strada tra individualità e socialità, approccio oggettivistico (Durkheim, Horkheimer, Mannheim) e cognitivistico (Weber, Popper, Habermas, Boudon): pur restando all’interno dei postulati propri di quest’ultimo (soggettività, libertà, creatività, relatività), grazie al riconoscimento alla conoscenza di una dimensione sociale intrinseca, si può aggirare il rischio dell'assoluto relativismo cognitivo.
2020
978-88-9392-232-6
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