Nel XIX secolo lo Stato liberale ha avuto la funzione di proteggere e garantire i diritti civili personali (eguaglianza davanti alla legge, libertà, proprietà e partecipazione politica), esplicando il suo potere senza interferire nell’ambito dell’economia. Lo ha fatto anche attraverso apparati che hanno comunicato prescrizioni, perimetrando confini netti tra pubblico e privato. La dissoluzione dello Stato liberale, l’avvento dei totalitasmi e le guerre mondiali preparano le condizioni per la nascita dello Stato Sociale che tenta di raggiungere l’uguaglianza formale di tutti i cittadini con l’istruzione pubblica obbligatoria, l’assistenza sanitaria gratuita e l’intervento diretto nell’economia. A partire dall’insostenibilità di una spesa pubblica, alimentata da una cultura clientelare dei diritti acquisti e inamovibili, emerge lo Stato Neoliberale per favorire il ritorno allo stato leggero. Il rapporto pubblico/ privato si complica. Se in Scandinavia tale evoluzione rende più snello l’agire pubblico ma non implica la rinuncia ai principi del welfare, in Italia il cambiamento incrementa, paradossalmente, burocrazia e immobilità. Pubblicizzazione del privato e privatizzazione del pubblico, producono effetti perversi. Si paventano scenari “distopici”, guidati da un funzionalismo tecnocratico che si concentra sugli obiettivi senza calcolare le conseguenze sociali. I modelli di Stato presi in esame, pur nelle differenze, mostrano un lato in comune: nascondono vizi e virtù di un’Istituzione “impersonale” che comunica senza entrare in relazione con la propria comunità. Sono modelli che mantengono separate la sfera pubblica da quella privata in termini di valori, norme e simboliche. L’autore della ricerca sottolinea questi aspetti per tracciare le basi di un nuovo modello di Stato “interpersonale” che sappia disattivare le autoreferenzialità dei sistemi attraverso: a. la riappropriazione del rapporto relazionale adeguato tra funzionario e cittadino; b. l’eliminazione di confini netti tra pubblico e privato. All’interno di questo scenario, attualmente utopico, l’Istituzione: a. comprenderebbe le condizioni che impediscono l’accesso alle informazioni, ripristinando “fiducia sistemica”; b. costruirebbe un rapporto quotidiano sulla base di informazioni certe; c. eliminerebbe la pratica propagandistica dell’annuncio, preferendo la comunicazione del fatto compiuto. La comunicazione pubblica diventerebbe empatica e orienterebbe i comportamenti collettivi verso il bene comune, eliminando distinzioni nette tra informazione e relazione.

Stato impersonale o interpersonale? Per una Sociologia Sistemico-Relazionale della Comunicazione Pubblica

DAlessandro S
2015-01-01

Abstract

Nel XIX secolo lo Stato liberale ha avuto la funzione di proteggere e garantire i diritti civili personali (eguaglianza davanti alla legge, libertà, proprietà e partecipazione politica), esplicando il suo potere senza interferire nell’ambito dell’economia. Lo ha fatto anche attraverso apparati che hanno comunicato prescrizioni, perimetrando confini netti tra pubblico e privato. La dissoluzione dello Stato liberale, l’avvento dei totalitasmi e le guerre mondiali preparano le condizioni per la nascita dello Stato Sociale che tenta di raggiungere l’uguaglianza formale di tutti i cittadini con l’istruzione pubblica obbligatoria, l’assistenza sanitaria gratuita e l’intervento diretto nell’economia. A partire dall’insostenibilità di una spesa pubblica, alimentata da una cultura clientelare dei diritti acquisti e inamovibili, emerge lo Stato Neoliberale per favorire il ritorno allo stato leggero. Il rapporto pubblico/ privato si complica. Se in Scandinavia tale evoluzione rende più snello l’agire pubblico ma non implica la rinuncia ai principi del welfare, in Italia il cambiamento incrementa, paradossalmente, burocrazia e immobilità. Pubblicizzazione del privato e privatizzazione del pubblico, producono effetti perversi. Si paventano scenari “distopici”, guidati da un funzionalismo tecnocratico che si concentra sugli obiettivi senza calcolare le conseguenze sociali. I modelli di Stato presi in esame, pur nelle differenze, mostrano un lato in comune: nascondono vizi e virtù di un’Istituzione “impersonale” che comunica senza entrare in relazione con la propria comunità. Sono modelli che mantengono separate la sfera pubblica da quella privata in termini di valori, norme e simboliche. L’autore della ricerca sottolinea questi aspetti per tracciare le basi di un nuovo modello di Stato “interpersonale” che sappia disattivare le autoreferenzialità dei sistemi attraverso: a. la riappropriazione del rapporto relazionale adeguato tra funzionario e cittadino; b. l’eliminazione di confini netti tra pubblico e privato. All’interno di questo scenario, attualmente utopico, l’Istituzione: a. comprenderebbe le condizioni che impediscono l’accesso alle informazioni, ripristinando “fiducia sistemica”; b. costruirebbe un rapporto quotidiano sulla base di informazioni certe; c. eliminerebbe la pratica propagandistica dell’annuncio, preferendo la comunicazione del fatto compiuto. La comunicazione pubblica diventerebbe empatica e orienterebbe i comportamenti collettivi verso il bene comune, eliminando distinzioni nette tra informazione e relazione.
2015
978-88-96338-70-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/806281
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