A che punto si trova l’educazione alla riparazione nelle scuole e nelle piccole scuole? Questa domanda provocatoria posta da uno degli ultimi rapporti Unicef, curato in collaborazione con Unesco e The World Bank, invita a valutare criticamente le iniziative e le politiche educative messe in atto dopo la pandemia. Una riflessione che si àncora alla necessità di focalizzare la progettazione educativa su situazioni di maggiore fragilità e sulla iniquità delle soluzioni per l’educazione a distanza, aspetti particolarmente cruciali per i rural learners, come sottolineato nella stessa call attivata per questo volume. La domanda di Unicef, e il relativo invito a rileggere termini oggi molto frequenti come “recovery” (riparazione), trauma, salute, e dispersione, rievocano una riflessione generativa di Giroux, per una pedagogia che voglia definirsi critica, sull’emergere nelle pratiche e nelle politiche educative, quasi implicitamente, di una vera e propria pedagogia della pandemia o pedagogia della patologizzazione, come la tematizzerebbe invece Annamma. Da una parte Unicef categorizza e correda gli educatori di linee guida per talune azioni chiave nell’educazione alla riparazione quali: definire un framework per la rapida ripresa nella “riparazione” degli apprendimenti; attivare azioni di inclusione per tutti gli studenti e prevenire la dispersione nelle scuole di ogni ordine e grado; valutare gli apprendimenti ovvero fotografare i reali bisogni delle studentesse e degli studenti in una data realtà; dare priorità all’insegnamento delle competenze chiave, cercando risorse e individuando pratiche didattiche personalizzate; aumentare il catch up learning quindi dedicare spazio e tempo a strategie specificamente orientate a supportare il recupero degli apprendimenti relativi alle competenze chiave; adottare un approccio olistico all’apprendimento con particolare attenzione alla salute psico-sociale e al benessere. Dall’altra parte nel rapporto Unicef si invita a non soffermarsi o cristallizzarsi sulle “pratiche riparative” a scuola. Al contrario, immaginare e dare avvio a iniziative nelle scuole intese come veri e propri atti trasformativi6, finalizzate non solo “a riparare”, bensì a mutare l’esistente e a proiettarlo verso scenari possibili di empowerment, creazione di opportunità, ripensamento e riuso delle risorse.
Dalla riparazione alla trasformazione delle piccole scuole. Oltre l’approccio delle trauma-informed schools
Garista Patrizia
Primo
2023-01-01
Abstract
A che punto si trova l’educazione alla riparazione nelle scuole e nelle piccole scuole? Questa domanda provocatoria posta da uno degli ultimi rapporti Unicef, curato in collaborazione con Unesco e The World Bank, invita a valutare criticamente le iniziative e le politiche educative messe in atto dopo la pandemia. Una riflessione che si àncora alla necessità di focalizzare la progettazione educativa su situazioni di maggiore fragilità e sulla iniquità delle soluzioni per l’educazione a distanza, aspetti particolarmente cruciali per i rural learners, come sottolineato nella stessa call attivata per questo volume. La domanda di Unicef, e il relativo invito a rileggere termini oggi molto frequenti come “recovery” (riparazione), trauma, salute, e dispersione, rievocano una riflessione generativa di Giroux, per una pedagogia che voglia definirsi critica, sull’emergere nelle pratiche e nelle politiche educative, quasi implicitamente, di una vera e propria pedagogia della pandemia o pedagogia della patologizzazione, come la tematizzerebbe invece Annamma. Da una parte Unicef categorizza e correda gli educatori di linee guida per talune azioni chiave nell’educazione alla riparazione quali: definire un framework per la rapida ripresa nella “riparazione” degli apprendimenti; attivare azioni di inclusione per tutti gli studenti e prevenire la dispersione nelle scuole di ogni ordine e grado; valutare gli apprendimenti ovvero fotografare i reali bisogni delle studentesse e degli studenti in una data realtà; dare priorità all’insegnamento delle competenze chiave, cercando risorse e individuando pratiche didattiche personalizzate; aumentare il catch up learning quindi dedicare spazio e tempo a strategie specificamente orientate a supportare il recupero degli apprendimenti relativi alle competenze chiave; adottare un approccio olistico all’apprendimento con particolare attenzione alla salute psico-sociale e al benessere. Dall’altra parte nel rapporto Unicef si invita a non soffermarsi o cristallizzarsi sulle “pratiche riparative” a scuola. Al contrario, immaginare e dare avvio a iniziative nelle scuole intese come veri e propri atti trasformativi6, finalizzate non solo “a riparare”, bensì a mutare l’esistente e a proiettarlo verso scenari possibili di empowerment, creazione di opportunità, ripensamento e riuso delle risorse.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Dalla riparazione alla trasformazione.pdf
Solo gestori archivio
Tipologia:
PDF editoriale
Dimensione
233.04 kB
Formato
Adobe PDF
|
233.04 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.