Emiliano Giancristofaro era un insegnante, uno storico, un etnoantropologo e un ambientalista. Tutte queste missioni si intrecciavano e convivevano in modo attivo. Il suo amore per l’Abruzzo lo fa definire un “eco-territorialista”: un soggetto che, attraverso un lungo percorso di ricerca scientifica e di azione politica, pone il territorio (inteso come “patrimonio culturale”) al centro di una valorizzazione che vuole essere l’alternativa alla speculazione edilizia, al consumo dissennato delle risorse, ai processi di urbanizzazione distratta messi in atto dalla globalizzazione economico-finanziaria. Secondo lui, infatti, quell’autentica opera d’arte corale che è il territorio, espresso attraverso l'intreccio di heritage culturale e naturale, non deve subire una spoliazione sistematica, non deve ridursi a supporto amorfo di opere aggressive e di una cittadinanza addormentata, non deve diventare il collettore dei veleni e delle scorie della società dei consumi. Il territorio, invece, deve essere visto come base di una società auto-sostenibile, dove tutti hanno il diritto di vivere meglio. Per questo, seguendo Latouche si augurava una “società della decrescita”, dove la vita e l’economia si arricchiscono di nuove alleanze. Questo approccio eco-antropologico doveva necessariamente fondarsi su una multidisciplinarità dove il prefisso “eco” denota la priorità data alla questione ecologica, alle relazioni tra le persone e anche tra le persone e gli altri esseri viventi, nei processi di ripensamento e rigenerazione che, a partire dalla sua realtà, questo intellettuale ha cercato di attivare.
L’azione nel contesto: demologia, critica sociale e ambientalismo
Lia Giancristofaro
2023-01-01
Abstract
Emiliano Giancristofaro era un insegnante, uno storico, un etnoantropologo e un ambientalista. Tutte queste missioni si intrecciavano e convivevano in modo attivo. Il suo amore per l’Abruzzo lo fa definire un “eco-territorialista”: un soggetto che, attraverso un lungo percorso di ricerca scientifica e di azione politica, pone il territorio (inteso come “patrimonio culturale”) al centro di una valorizzazione che vuole essere l’alternativa alla speculazione edilizia, al consumo dissennato delle risorse, ai processi di urbanizzazione distratta messi in atto dalla globalizzazione economico-finanziaria. Secondo lui, infatti, quell’autentica opera d’arte corale che è il territorio, espresso attraverso l'intreccio di heritage culturale e naturale, non deve subire una spoliazione sistematica, non deve ridursi a supporto amorfo di opere aggressive e di una cittadinanza addormentata, non deve diventare il collettore dei veleni e delle scorie della società dei consumi. Il territorio, invece, deve essere visto come base di una società auto-sostenibile, dove tutti hanno il diritto di vivere meglio. Per questo, seguendo Latouche si augurava una “società della decrescita”, dove la vita e l’economia si arricchiscono di nuove alleanze. Questo approccio eco-antropologico doveva necessariamente fondarsi su una multidisciplinarità dove il prefisso “eco” denota la priorità data alla questione ecologica, alle relazioni tra le persone e anche tra le persone e gli altri esseri viventi, nei processi di ripensamento e rigenerazione che, a partire dalla sua realtà, questo intellettuale ha cercato di attivare.File | Dimensione | Formato | |
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