Nella Parte Terza, dedicata ai poteri, doveri e responsabilità del giudice, è inserita la Questione Quinta, Poteri equitativi del giudice e giudizio di impugnazione (pagg. 245 – 303 del volume). L’A. muove dalla sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004, n. 206 – che ha riformulato l’art. 113, comma 2, c.p.c. prescrivendo che il giudizio di equità del giudice di pace debba essere reso con l’osservanza dei “principi informatori della materia” -, dal successivo contrasto giurisprudenziale in ordine alla interpretazione della portata della formula suindicata, e dalla modifica dell’art. 339, comma 2, c.p.c. che ha introdotto un regime di appellabilità “limitata” delle pronunce equitative del giudice di pace. Da un lato, sulla base dei dati normativi e giurisprudenziali sopra indicati,viene individuata la “cornice normativa” entro cui può dispiegarsi la decisione equitativa del giudice di pace, cercando di cogliere l’essenza del controverso rapporto tra equità e diritto scritto, soprattutto alla luce dei principi costituzionali relativi ai poteri del giudice. Dall’altro lato, e conseguentemente, viene compiuta un’attenta disamina della nuova previsione normativa che disciplina l’appello avverso le sentenze di equità del giudice di pace, giungendo alla conclusione che il nuovo appello “limitato” non è un’impugnazione in senso stretto. La pronuncia finale mantiene il carattere sostitutivo che caratterizza, in generale, la sentenza di appello. Nel contempo, il nuovo appello consente, entro ben precisi limiti individuati dall’A., anche il controllo sul giudizio di fatto. Esso non assume, quindi, i connotati di un giudizio di legittimità confinato alla violazione di norme processuali o di norme sostanziali (sub specie dei principi regolatori della materia), ma conserva anche i connotati di un qualsiasi giudizio di appello; con la conseguenza che il giudice di secondo grado può acquisire nuove prove, secondo il disposto dell’art. 345 c.p.c., e compiere anche nuove valutazioni di fatto, ferma restando l’intangibilità della regola equitativa elaborata dal giudice di primo grado, a meno che essa non sia in contrasto con la “cornice normativa” del giudizio equitativo (norme costituzionali, norme comunitarie di rango sovraordinato, principi regolatori della materia).

Questione quinta. Poteri equitativi del giudice e giudizio di impugnazione

MARTINO, ROBERTO
2008-01-01

Abstract

Nella Parte Terza, dedicata ai poteri, doveri e responsabilità del giudice, è inserita la Questione Quinta, Poteri equitativi del giudice e giudizio di impugnazione (pagg. 245 – 303 del volume). L’A. muove dalla sentenza della Corte cost. 6 luglio 2004, n. 206 – che ha riformulato l’art. 113, comma 2, c.p.c. prescrivendo che il giudizio di equità del giudice di pace debba essere reso con l’osservanza dei “principi informatori della materia” -, dal successivo contrasto giurisprudenziale in ordine alla interpretazione della portata della formula suindicata, e dalla modifica dell’art. 339, comma 2, c.p.c. che ha introdotto un regime di appellabilità “limitata” delle pronunce equitative del giudice di pace. Da un lato, sulla base dei dati normativi e giurisprudenziali sopra indicati,viene individuata la “cornice normativa” entro cui può dispiegarsi la decisione equitativa del giudice di pace, cercando di cogliere l’essenza del controverso rapporto tra equità e diritto scritto, soprattutto alla luce dei principi costituzionali relativi ai poteri del giudice. Dall’altro lato, e conseguentemente, viene compiuta un’attenta disamina della nuova previsione normativa che disciplina l’appello avverso le sentenze di equità del giudice di pace, giungendo alla conclusione che il nuovo appello “limitato” non è un’impugnazione in senso stretto. La pronuncia finale mantiene il carattere sostitutivo che caratterizza, in generale, la sentenza di appello. Nel contempo, il nuovo appello consente, entro ben precisi limiti individuati dall’A., anche il controllo sul giudizio di fatto. Esso non assume, quindi, i connotati di un giudizio di legittimità confinato alla violazione di norme processuali o di norme sostanziali (sub specie dei principi regolatori della materia), ma conserva anche i connotati di un qualsiasi giudizio di appello; con la conseguenza che il giudice di secondo grado può acquisire nuove prove, secondo il disposto dell’art. 345 c.p.c., e compiere anche nuove valutazioni di fatto, ferma restando l’intangibilità della regola equitativa elaborata dal giudice di primo grado, a meno che essa non sia in contrasto con la “cornice normativa” del giudizio equitativo (norme costituzionali, norme comunitarie di rango sovraordinato, principi regolatori della materia).
2008
88-14-14127-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/824844
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