Sculture antiche, ritratti, stregonerie, paesaggi, giardini colmi di fiori rari e profumati fanno da sfondo alla saga dei Rondinini, il cui nome è ancora legato a due dei massimi capolavori scultorei di tutti i tempi, la Medusa tardoellenistica oggi a Monaco, assurta a simbolo di perfezione con Goethe, e la Pietà, ultima e tormentata fatica di Michelangelo. Grazie a lunghe ricerche compiute dagli autori, la collezione Rondinini è qui finalmente svelata: sono riemerse opere di grande rilevanza come quelle di Paul Bril e Pieter van Laer, fiamminghi che nel Seicento lavorarono per i Rondinini, insieme ad altri grandi maestri come Carlo Saraceni, Orazio Gentileschi, Giovanni Lanfranco, Claude Lorrain e Domenichino, Gian Lorenzo Bernini, Alessandro Algardi e François du Quesnoy. Nel Settecento nel palazzo al Corso si ammirava un allestimento armonico e innovativo che univa al gusto per l’arte antica e i dipinti quello per i disegni e le terrecotte, disposti in un ambiente a loro dedicato e qui per la prima volta ricostruito. Nell’ultima sontuosa dimora romana il marchese Giuseppe, amico di Winckelmann e referente dei grand tourists, intuì le potenzialità della collezione, segnandone per sempre la fortuna europea.
Per diletto e per profitto. I Rondinini le arti e l'Europa
Loredana Lorizzo;
2019-01-01
Abstract
Sculture antiche, ritratti, stregonerie, paesaggi, giardini colmi di fiori rari e profumati fanno da sfondo alla saga dei Rondinini, il cui nome è ancora legato a due dei massimi capolavori scultorei di tutti i tempi, la Medusa tardoellenistica oggi a Monaco, assurta a simbolo di perfezione con Goethe, e la Pietà, ultima e tormentata fatica di Michelangelo. Grazie a lunghe ricerche compiute dagli autori, la collezione Rondinini è qui finalmente svelata: sono riemerse opere di grande rilevanza come quelle di Paul Bril e Pieter van Laer, fiamminghi che nel Seicento lavorarono per i Rondinini, insieme ad altri grandi maestri come Carlo Saraceni, Orazio Gentileschi, Giovanni Lanfranco, Claude Lorrain e Domenichino, Gian Lorenzo Bernini, Alessandro Algardi e François du Quesnoy. Nel Settecento nel palazzo al Corso si ammirava un allestimento armonico e innovativo che univa al gusto per l’arte antica e i dipinti quello per i disegni e le terrecotte, disposti in un ambiente a loro dedicato e qui per la prima volta ricostruito. Nell’ultima sontuosa dimora romana il marchese Giuseppe, amico di Winckelmann e referente dei grand tourists, intuì le potenzialità della collezione, segnandone per sempre la fortuna europea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.