Il Castello Tramontano di Matera, edificato nei primi anni del XVI secolo e rimasto incompiuto dopo l’uccisione del conte Giovan Carlo Tramontano (1514), rappresenta un esempio singolare di architettura fortificata della prima età moderna in Basilicata. Il progetto, riconducibile alla scuola di Francesco di Giorgio Martini, si distingue per l’impianto triangolare – schema raro, quasi sempre confinato ai bozzetti teorici – e per le soluzioni militari avanzate (fossato, basamento a scarpa, casematte, merlature), testimonianza dell’aggiornamento tecnico sulle nuove esigenze belliche. Documentando l’utilizzo dell’edificio come luogo di detenzione tra il 1547 e il 1574, la ricerca mette in luce un ricco corpus di graffiti che, attraverso l’indagine paleografica, iconografica e architettonica, restituisce le tracce di prigionieri comuni e nobili. Segni alfabetici e figurativi diventano così fonte storica diretta e potente, in grado di restituire voci, volti e stati d’animo dei detenuti. Questi segni, insieme agli stemmi degli Orsini e alle raffigurazioni simboliche, offrono una fonte inedita per la storia sociale, politica e architettonica della città di Matera, permettendo di ricucire le vicende del castello dopo l’interruzione dei lavori e di comprenderne il ruolo strategico e identitario nel contesto urbano. Il lavoro si inserisce nel più ampio quadro degli studi sulla scrittura in contesti di reclusione, valorizzandone la funzione espressiva e testimoniale.
Il Castello Tramontano di Matera. Le memorie graffite di una prigione
Centonze, Sabrina
2025-01-01
Abstract
Il Castello Tramontano di Matera, edificato nei primi anni del XVI secolo e rimasto incompiuto dopo l’uccisione del conte Giovan Carlo Tramontano (1514), rappresenta un esempio singolare di architettura fortificata della prima età moderna in Basilicata. Il progetto, riconducibile alla scuola di Francesco di Giorgio Martini, si distingue per l’impianto triangolare – schema raro, quasi sempre confinato ai bozzetti teorici – e per le soluzioni militari avanzate (fossato, basamento a scarpa, casematte, merlature), testimonianza dell’aggiornamento tecnico sulle nuove esigenze belliche. Documentando l’utilizzo dell’edificio come luogo di detenzione tra il 1547 e il 1574, la ricerca mette in luce un ricco corpus di graffiti che, attraverso l’indagine paleografica, iconografica e architettonica, restituisce le tracce di prigionieri comuni e nobili. Segni alfabetici e figurativi diventano così fonte storica diretta e potente, in grado di restituire voci, volti e stati d’animo dei detenuti. Questi segni, insieme agli stemmi degli Orsini e alle raffigurazioni simboliche, offrono una fonte inedita per la storia sociale, politica e architettonica della città di Matera, permettendo di ricucire le vicende del castello dopo l’interruzione dei lavori e di comprenderne il ruolo strategico e identitario nel contesto urbano. Il lavoro si inserisce nel più ampio quadro degli studi sulla scrittura in contesti di reclusione, valorizzandone la funzione espressiva e testimoniale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


