Nella raccolta Collezione di sabbia (1984), Italo Calvino orchestra per la prima volta un discorso intorno alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali. L’occasione è quella fornita da alcune mostre che si erano tenute a Parigi, su cui Calvino informa il pubblico italiano dalle colonne del «Corriere della Sera», dal 1974, e della «Repubblica», dal 1976, continuando anche dopo il trasferimento a Roma del 1980. In particolare, l’autore si trova a riflettere sulla nozione di ‘patrimonio’, in coincidenza con l’«année du patrimoine» proclamata in Francia dal Ministre de la Culture et de la Communication, Jean-Philippe Lecat, contestualmente alla creazione di una Mission du patrimoine ethnologique. Lo specifico sguardo etnologico verso i beni culturali, che si ritrova anche nelle ‘esplorazioni’ di Calvino, discende a sua volta dall’onda lunga generata da un documento dell’Unesco, la Convenzione concernente la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, che nel 1972 mette insieme la protezione della natura e la preservazione dei beni culturali, riconoscendo la necessità di trovare un equilibrio nell’interazione tra esseri umani e ambiente. In Collezione di sabbia, come nei testi coevi raccolti in Palomar, Calvino dimostra una predilezione verso la musealizzazione del patrimonio, sublimato in una enciclopedia di oggetti: dal Musée des Arts et des Traditions Populaires del Bois de Boulogne, indicato come «modello di presentazione museografica», dove le figure umane vengono sostituite da fili di nylon che sostengono i reperti esposti, al Museo dei formaggi in cui il signor Palomar non riesce a orientarsi, esseri umani e paesaggi tendono a scomparire, proprio nei luoghi dove l’approccio etnografico trionfa. Ciò nonostante, Calvino sembra intercettare le tendenze museologiche che fanno passare proprio dall’oggetto la salvaguardia di una civiltà e del suo ambiente di sviluppo storico. Nel contributo che qui si propone si cercherà di fare luce su questa prospettiva, tenendo presente che Calvino indica nella conservazione dei beni culturali il necessario bilanciamento al «gesto istintivo dell’uomo contemporaneo: quello di buttar via».

Dal milieu al museo. Calvino e la tutela del patrimonio

Savio Davide
2025-01-01

Abstract

Nella raccolta Collezione di sabbia (1984), Italo Calvino orchestra per la prima volta un discorso intorno alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali. L’occasione è quella fornita da alcune mostre che si erano tenute a Parigi, su cui Calvino informa il pubblico italiano dalle colonne del «Corriere della Sera», dal 1974, e della «Repubblica», dal 1976, continuando anche dopo il trasferimento a Roma del 1980. In particolare, l’autore si trova a riflettere sulla nozione di ‘patrimonio’, in coincidenza con l’«année du patrimoine» proclamata in Francia dal Ministre de la Culture et de la Communication, Jean-Philippe Lecat, contestualmente alla creazione di una Mission du patrimoine ethnologique. Lo specifico sguardo etnologico verso i beni culturali, che si ritrova anche nelle ‘esplorazioni’ di Calvino, discende a sua volta dall’onda lunga generata da un documento dell’Unesco, la Convenzione concernente la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale, che nel 1972 mette insieme la protezione della natura e la preservazione dei beni culturali, riconoscendo la necessità di trovare un equilibrio nell’interazione tra esseri umani e ambiente. In Collezione di sabbia, come nei testi coevi raccolti in Palomar, Calvino dimostra una predilezione verso la musealizzazione del patrimonio, sublimato in una enciclopedia di oggetti: dal Musée des Arts et des Traditions Populaires del Bois de Boulogne, indicato come «modello di presentazione museografica», dove le figure umane vengono sostituite da fili di nylon che sostengono i reperti esposti, al Museo dei formaggi in cui il signor Palomar non riesce a orientarsi, esseri umani e paesaggi tendono a scomparire, proprio nei luoghi dove l’approccio etnografico trionfa. Ciò nonostante, Calvino sembra intercettare le tendenze museologiche che fanno passare proprio dall’oggetto la salvaguardia di una civiltà e del suo ambiente di sviluppo storico. Nel contributo che qui si propone si cercherà di fare luce su questa prospettiva, tenendo presente che Calvino indica nella conservazione dei beni culturali il necessario bilanciamento al «gesto istintivo dell’uomo contemporaneo: quello di buttar via».
2025
9788894743425
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/864173
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact