I waterfront hanno spesso giocato un ruolo fondamentale nel determinare le identità urbane di tante città mediterranee. La definizione, consapevole o no, di figure significative attraverso la costruzione sulle morfologie naturali della linea di costa di edifici, strutture portuali, quartieri, ha accentuato il carattere largamente inclusivo dei fronti mare producendo tessuti urbani ricchi di vita e dotati di particolari complessità. Quella complessità che Le Corbusier cercava di cogliere, arrivando alle città per nave dal mare, e di restituire nei suoi schizzi esprimendo l’intima coerenza tra luogo, città e progetto. Il fronte mare di Tripoli non fa eccezione a quanto detto. La sua figura odierna è la risultante di una complessa evoluzione che ha sovrapposto e integrato nel tempo i contributi delle diverse culture urbane che si sono succedute in quel luogo. La costruzione di una nuova strada veloce che collega lungo la costa tutte le nuove aree portuali ha recentemente relegato in secondo piano il fronte urbano della Medina, interrompendo i percorsi che un tempo conducevano al lungomare e al porto e privando il tessuto urbano, già degradato dai numerosi vuoti che ne compromettono la tradizionale compattezza, di una delle sue principali componenti, l’accesso al mare. Di fronte a questa situazione radicalmente nuova non è più possibile pensare ad un ritorno al passato, ma occorre predisporre una strategia progettuale inedita che coinvolga tutto il sistema portuale e attribuisca un nuovo senso alle parti urbane interessate. La previsione, da più parti ipotizzata, di far correre la strada veloce non più sul fronte mare, ma, con un tragitto più ampio, all’interno della baia, con un tunnel sottomarino o un ponte, permetterebbe la formazione nel tratto di mare antistante la Medina di un porto turistico con banchine per traffico da diporto; mentre il traffico passeggeri e quello commerciale con le relative strutture di servizio, si svilupperebbero sulle banchine già presenti a nord-est e ad est della Medina. Una tale trasformazione consentirebbe di riprodurre e trasferire sul fronte mare, in una nuova dimensione, quel connubio tra la straordinaria densità e intensità di relazioni pubbliche e la relativa autonomia di alcuni ambiti protetti che la prossimità, la concentrazione e la continuità fisica del tessuto urbano di Tripoli, Medina mediterranea, avevano saputo esprimere sapientemente.

Tripoli: l’affaccio a mare di una medina mediterranea

MICARA, Ludovico
2008-01-01

Abstract

I waterfront hanno spesso giocato un ruolo fondamentale nel determinare le identità urbane di tante città mediterranee. La definizione, consapevole o no, di figure significative attraverso la costruzione sulle morfologie naturali della linea di costa di edifici, strutture portuali, quartieri, ha accentuato il carattere largamente inclusivo dei fronti mare producendo tessuti urbani ricchi di vita e dotati di particolari complessità. Quella complessità che Le Corbusier cercava di cogliere, arrivando alle città per nave dal mare, e di restituire nei suoi schizzi esprimendo l’intima coerenza tra luogo, città e progetto. Il fronte mare di Tripoli non fa eccezione a quanto detto. La sua figura odierna è la risultante di una complessa evoluzione che ha sovrapposto e integrato nel tempo i contributi delle diverse culture urbane che si sono succedute in quel luogo. La costruzione di una nuova strada veloce che collega lungo la costa tutte le nuove aree portuali ha recentemente relegato in secondo piano il fronte urbano della Medina, interrompendo i percorsi che un tempo conducevano al lungomare e al porto e privando il tessuto urbano, già degradato dai numerosi vuoti che ne compromettono la tradizionale compattezza, di una delle sue principali componenti, l’accesso al mare. Di fronte a questa situazione radicalmente nuova non è più possibile pensare ad un ritorno al passato, ma occorre predisporre una strategia progettuale inedita che coinvolga tutto il sistema portuale e attribuisca un nuovo senso alle parti urbane interessate. La previsione, da più parti ipotizzata, di far correre la strada veloce non più sul fronte mare, ma, con un tragitto più ampio, all’interno della baia, con un tunnel sottomarino o un ponte, permetterebbe la formazione nel tratto di mare antistante la Medina di un porto turistico con banchine per traffico da diporto; mentre il traffico passeggeri e quello commerciale con le relative strutture di servizio, si svilupperebbero sulle banchine già presenti a nord-est e ad est della Medina. Una tale trasformazione consentirebbe di riprodurre e trasferire sul fronte mare, in una nuova dimensione, quel connubio tra la straordinaria densità e intensità di relazioni pubbliche e la relativa autonomia di alcuni ambiti protetti che la prossimità, la concentrazione e la continuità fisica del tessuto urbano di Tripoli, Medina mediterranea, avevano saputo esprimere sapientemente.
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