Quella dell’ermetismo è l’esperienza germinale di una generazione (la terza del Novecento italiano, secondo la periodizzazione di Oreste Macrì) che costituisce uno snodo fondamentale nella cultura letteraria e nella pratica poetica del ventesimo secolo. E non solo perché quell’esperienza porta a compimento in breve volgere di anni cruciali –tra la seconda metà degli anni trenta e i primi quaranta-, il rapporto con la grande tradizione europea del moderno su cui si sono costituiti in Italia i pilastri della nuova poesia (da Campana a Ungaretti e Montale, da Sbarbaro a Rebora); ma anche perché quegli esisti in qualche misura oltrepassa in direzione di una grammatica del fluire esistenziale destinata a riverberarsi in maniera inconfondibile e germinante nella temperie del secondo Novecento, nonostante che all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale e della dittatura fascista si ponessero in modo perentorio e antitetico le istanze di un realismo determinato a fare i conti esplicitamente e direttamente con l’hinc et nuc della storia, abbassando in maniera radicale le opzioni linguistico-formali e riducendo l’alone sacrale della parola poetica. Il presente saggio ricostruisce, dopo un breve cenno alle acquisizioni critiche sull’argomento, specie per ciò che attiene alla periodizzazione, il modo in cui poeti e critici della terza generazione hanno fatto interagire con la loro specifica pratica poetica e con la corposa riflessione teorica le istanze “liberatorie” che provenivano loro, negli anni più bui della dittatura fascista e nell’incombenza della tragedia bellica, dal confronto –quasi mai esplicitato, ma sempre sotteso- con la realtà storico-culturale del tempo. In tal modo la proposta ermetica dei Bo e dei Macrì, dei Luzi e dei Bigongiari, dei Gatto e Parronchi, divenne immediatamente punto di riferimento per quanti anche da angolature diverse guardarono al lavoro dei “fiorentini” come ad una indicazione inevitabile e vitale: fu così che, ad esempio, a “Campo di Marte” poté corrispondere “Corrente di vita giovanile”, la rivista milanese di ispirazione fenomenologica e banfiana. Proprio questo intrinseco affondare delle ragioni dell’ermetismo nell’humus della dialettica con il tempo e la storia, costituisce le basi della sua capacità di durare oltre la contingenza del suo primo affermarsi, quando –in una condizione profondamente mutata- toccherà ancora a quegli scrittori e poeti conferire attivamente e con disponibilità non aprioristicamente pregiudicata uno spessore di problematicità alla poesia e alla cultura della seconda parte del secolo.
Tempo dell'ermetismo: l'azzardo di una generazione poetica
QUIRICONI, Giancarlo
2006-01-01
Abstract
Quella dell’ermetismo è l’esperienza germinale di una generazione (la terza del Novecento italiano, secondo la periodizzazione di Oreste Macrì) che costituisce uno snodo fondamentale nella cultura letteraria e nella pratica poetica del ventesimo secolo. E non solo perché quell’esperienza porta a compimento in breve volgere di anni cruciali –tra la seconda metà degli anni trenta e i primi quaranta-, il rapporto con la grande tradizione europea del moderno su cui si sono costituiti in Italia i pilastri della nuova poesia (da Campana a Ungaretti e Montale, da Sbarbaro a Rebora); ma anche perché quegli esisti in qualche misura oltrepassa in direzione di una grammatica del fluire esistenziale destinata a riverberarsi in maniera inconfondibile e germinante nella temperie del secondo Novecento, nonostante che all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale e della dittatura fascista si ponessero in modo perentorio e antitetico le istanze di un realismo determinato a fare i conti esplicitamente e direttamente con l’hinc et nuc della storia, abbassando in maniera radicale le opzioni linguistico-formali e riducendo l’alone sacrale della parola poetica. Il presente saggio ricostruisce, dopo un breve cenno alle acquisizioni critiche sull’argomento, specie per ciò che attiene alla periodizzazione, il modo in cui poeti e critici della terza generazione hanno fatto interagire con la loro specifica pratica poetica e con la corposa riflessione teorica le istanze “liberatorie” che provenivano loro, negli anni più bui della dittatura fascista e nell’incombenza della tragedia bellica, dal confronto –quasi mai esplicitato, ma sempre sotteso- con la realtà storico-culturale del tempo. In tal modo la proposta ermetica dei Bo e dei Macrì, dei Luzi e dei Bigongiari, dei Gatto e Parronchi, divenne immediatamente punto di riferimento per quanti anche da angolature diverse guardarono al lavoro dei “fiorentini” come ad una indicazione inevitabile e vitale: fu così che, ad esempio, a “Campo di Marte” poté corrispondere “Corrente di vita giovanile”, la rivista milanese di ispirazione fenomenologica e banfiana. Proprio questo intrinseco affondare delle ragioni dell’ermetismo nell’humus della dialettica con il tempo e la storia, costituisce le basi della sua capacità di durare oltre la contingenza del suo primo affermarsi, quando –in una condizione profondamente mutata- toccherà ancora a quegli scrittori e poeti conferire attivamente e con disponibilità non aprioristicamente pregiudicata uno spessore di problematicità alla poesia e alla cultura della seconda parte del secolo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.