Dalla legge 431 del 1985 – meglio nota come legge Galasso – fino all’attuale codice del paesaggio n. 42/2004 più volte emendato (fino al 2008) sono passati venticinque anni. Si tratta di un lunghissimo percorso attraverso il quale il nostro ordinamento si è dotato di una moderna disciplina del paesaggio che si estende a tutto il territorio nazionale. Non è il caso di ripercorrere qui le varie fasi attraverso le quali la disciplina si è fatta più stringente e pervasiva fino a sanare, finalmente – anche se solo dal 2008 – alcune gravissime lacune come quella della fissazione obbligatoria dei contenuti prescrittivi dei beni paesaggistici, sia ex lege che in via provvedimentale, da parte regionale d’intesa con il ministero, o quella – di non minore peso – legata alla previsione di netta separazione del procedimento auto-rizzatorio paesaggistico da quello relativo al rilascio del permesso di costruire con l’obbligo di costituire, a supporto delle decisioni degli enti locali competenti,autonome commissioni per il paesaggio. Norme queste ancora lontano dall’essere recepite da parte delle regioni nei piani paesaggistici di nuova generazione o da attuare – con legge regionale di delega – da parte degli enti locali. I problemi che sollevo sono di altra natura e si annidano soprattutto nella filosofia che è alla base della legislazione paesaggistica che – a partire dalla legge 431 del 1985 ma soprattutto oggi con il codice del paesaggio – ha introdotto il concetto che tutto il paesaggio vada pianificato.

Per una critica costruttiva dell'attuale disciplina del paesaggio

URBANI, Paolo
2010-01-01

Abstract

Dalla legge 431 del 1985 – meglio nota come legge Galasso – fino all’attuale codice del paesaggio n. 42/2004 più volte emendato (fino al 2008) sono passati venticinque anni. Si tratta di un lunghissimo percorso attraverso il quale il nostro ordinamento si è dotato di una moderna disciplina del paesaggio che si estende a tutto il territorio nazionale. Non è il caso di ripercorrere qui le varie fasi attraverso le quali la disciplina si è fatta più stringente e pervasiva fino a sanare, finalmente – anche se solo dal 2008 – alcune gravissime lacune come quella della fissazione obbligatoria dei contenuti prescrittivi dei beni paesaggistici, sia ex lege che in via provvedimentale, da parte regionale d’intesa con il ministero, o quella – di non minore peso – legata alla previsione di netta separazione del procedimento auto-rizzatorio paesaggistico da quello relativo al rilascio del permesso di costruire con l’obbligo di costituire, a supporto delle decisioni degli enti locali competenti,autonome commissioni per il paesaggio. Norme queste ancora lontano dall’essere recepite da parte delle regioni nei piani paesaggistici di nuova generazione o da attuare – con legge regionale di delega – da parte degli enti locali. I problemi che sollevo sono di altra natura e si annidano soprattutto nella filosofia che è alla base della legislazione paesaggistica che – a partire dalla legge 431 del 1985 ma soprattutto oggi con il codice del paesaggio – ha introdotto il concetto che tutto il paesaggio vada pianificato.
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