E’ ancora possibile dare un senso alle memorie e alle strutture di permanenza urbane - intese come patrimonio ereditario comune, materiale ed immateriale, delle molte storie delle città e delle sue popolazioni – assumendole come motivo, assieme, di ricerca e di conoscenza condivisa, che coinvolga in primis le comunità locali, i cittadini e i portatori di interesse locale delle città? Può, tutto ciò, costituire la base comune, a cui legare un progetto, condiviso, di sviluppo e di rigenerazione urbana sostenibile, in senso culturale, oltre che ambientale, nelle città adriatiche e balcaniche della transizione all’economia di mercato, dopo gli anni della crescita e dello sviluppo incontrollato, operato al di fuori di ogni governo e governance territoriale responsabile? Dopo quasi vent’anni di questo genere di sviluppo, in cui le economie informali, assieme alle forze del mercato immobiliare e della speculazione urbana (o peggio) hanno fatto quasi tabula rasa dei paesaggi urbani originali e di gran parte delle eredità storiche - spesso sopravvissuti in questi contesti nonostante la modernità e la sua capziosa interpretazione operata dai regimi collettivistici - alterando dalle fondamenta l’immagine, l’assetto e forse anche il senso complessivo di queste città, è ancora possibile costruire nuove trame di relazioni tra le città adriatiche, che svolgano anche nuovi progetti di convivenza, tra le città e all’interno di esse, tra le diverse etnie che ancora compongono – quando non sono state spazzate via, inesorabilmente, dalle ultime guerre interetniche –intese anche e soprattutto come straordinarie, peculiari costruzioni sociali? Evitando al contempo di rimanere intrappolati nelle retoriche del ricordo e della nostalgia, e nelle trappole, nelle ambiguità e nei pericoli che, nel passato recente, e ancora oggi, si associano ad un uso perverso del tema identitario? Sono queste le ipotesi di base su cui prova a prendere corpo l’idea di un progetto di ricerca, e assieme di cooperazione decentrata, che intende esplorare sul campo, attraverso il partenariato di università, istituzioni della tutela e amministrazioni locali, la fertilità di un programma che attraverso azioni comuni di ricerca e di gestione del patrimonio culturale locale, vuole avvalorare un senso attivo, progressivo, delle memorie , riconosciute come parte integrante del patrimonio culturale globale, generale, e come base comune di nuove politiche urbane e territoriali, integrate, che attendono queste complesse aree geografiche, dall’altra parte del mare adriatico. Partendo anche dalla constatazione che la memoria delle città adriatiche è molto spesso memoria di convivenza e di pace, e che la loro storia è stata per molto tempo storia concreta di città aperte, amichevoli, interetniche e intereligiose, almeno fino alla crisi che proprio negli ultimi anni del Novecento ha riportato in vita tutti i mali di una parte di quella regione, come la propensione all’odio e alla rivendicazione identitaria su base etnico razziale. Nelle note che seguono, viene dato conto dello sviluppo di tale programma, in termini di proposta, tutt’ora aperta alla cooperazione di quanti condividano l’approccio proposto, destinato a trovare attuazione nelle nuove occasioni di cooperazione decentrata favorite dalla programmazione comunitaria, e in particolare in quella destinata agli stati in condizione di preadesione allo spazio europeo .

Il senso delle memorie nelle città della transizione all’economia di mercato. Un’ipotesi di ricerca per le città costiere adriatiche

ROVIGATTI, Pietro
2010-01-01

Abstract

E’ ancora possibile dare un senso alle memorie e alle strutture di permanenza urbane - intese come patrimonio ereditario comune, materiale ed immateriale, delle molte storie delle città e delle sue popolazioni – assumendole come motivo, assieme, di ricerca e di conoscenza condivisa, che coinvolga in primis le comunità locali, i cittadini e i portatori di interesse locale delle città? Può, tutto ciò, costituire la base comune, a cui legare un progetto, condiviso, di sviluppo e di rigenerazione urbana sostenibile, in senso culturale, oltre che ambientale, nelle città adriatiche e balcaniche della transizione all’economia di mercato, dopo gli anni della crescita e dello sviluppo incontrollato, operato al di fuori di ogni governo e governance territoriale responsabile? Dopo quasi vent’anni di questo genere di sviluppo, in cui le economie informali, assieme alle forze del mercato immobiliare e della speculazione urbana (o peggio) hanno fatto quasi tabula rasa dei paesaggi urbani originali e di gran parte delle eredità storiche - spesso sopravvissuti in questi contesti nonostante la modernità e la sua capziosa interpretazione operata dai regimi collettivistici - alterando dalle fondamenta l’immagine, l’assetto e forse anche il senso complessivo di queste città, è ancora possibile costruire nuove trame di relazioni tra le città adriatiche, che svolgano anche nuovi progetti di convivenza, tra le città e all’interno di esse, tra le diverse etnie che ancora compongono – quando non sono state spazzate via, inesorabilmente, dalle ultime guerre interetniche –intese anche e soprattutto come straordinarie, peculiari costruzioni sociali? Evitando al contempo di rimanere intrappolati nelle retoriche del ricordo e della nostalgia, e nelle trappole, nelle ambiguità e nei pericoli che, nel passato recente, e ancora oggi, si associano ad un uso perverso del tema identitario? Sono queste le ipotesi di base su cui prova a prendere corpo l’idea di un progetto di ricerca, e assieme di cooperazione decentrata, che intende esplorare sul campo, attraverso il partenariato di università, istituzioni della tutela e amministrazioni locali, la fertilità di un programma che attraverso azioni comuni di ricerca e di gestione del patrimonio culturale locale, vuole avvalorare un senso attivo, progressivo, delle memorie , riconosciute come parte integrante del patrimonio culturale globale, generale, e come base comune di nuove politiche urbane e territoriali, integrate, che attendono queste complesse aree geografiche, dall’altra parte del mare adriatico. Partendo anche dalla constatazione che la memoria delle città adriatiche è molto spesso memoria di convivenza e di pace, e che la loro storia è stata per molto tempo storia concreta di città aperte, amichevoli, interetniche e intereligiose, almeno fino alla crisi che proprio negli ultimi anni del Novecento ha riportato in vita tutti i mali di una parte di quella regione, come la propensione all’odio e alla rivendicazione identitaria su base etnico razziale. Nelle note che seguono, viene dato conto dello sviluppo di tale programma, in termini di proposta, tutt’ora aperta alla cooperazione di quanti condividano l’approccio proposto, destinato a trovare attuazione nelle nuove occasioni di cooperazione decentrata favorite dalla programmazione comunitaria, e in particolare in quella destinata agli stati in condizione di preadesione allo spazio europeo .
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