Dai coloratissimi Light Show degli anni Sessanta, alle più recenti animazioni di luce (programmabili e sincronizzabili) prodotte dalla tecnologia laser, il light design, in continuità con l’affascinante storia della scenografia, è uno degli aspetti fondativi dello spettacolo multimediale “pop-rock”. Il progetto della luce e del colore nella performance rock – oggetto specifico del saggio che presento –, rinnovando la storia dello spettacolo del secondo Novecento, contribuisce ad ampliare l’idea di spazio effimero multisensoriale. Le radici del fenomeno risalgono all’esplosione dell’arte psichedelica e, in particolare, sono da ricercare nelle prime sperimentazioni allestite in America e in Inghilterra: ricordo, ad esempio, i Joshua Light Show (tra San Francisco e New York), le performance dell'artista Mark Boyle e i primi spettacoli underground dei giovani Pink Floyd a Londra. Sulla storia del Light Show è interessante rilevare che questa forma di rappresentazione – prodotta attraverso l'uso di speciali diapositive contenenti sostanze liquide colorate sensibili al calore del proiettore – non è frutto di una singola personalità ma di più artisti nell’ambito di un variegato panorama culturale che è riuscito a conformare un modello scenico riconoscibile, declinabile e implementabile rispetto a molteplici creatività. Come nel caso di Andy Warhol che firma The exploding plastic inevitable show (1966). Da questo evento ad oggi il disegno della luce nello spettacolo live si è evoluto fortemente. Con il moltiplicarsi delle occasioni progettuali e con la rapida evoluzione delle tecnologie illuminotecniche il light design è diventato una nuova disciplina con specifiche professionalità. Le mega architetture itineranti degli show high tech di questi ultimi decenni lo testimoniano ampiamente: imponenti macchine sceniche d’interfaccia – oltre i 60 metri di larghezza per circa 25 di altezza – che si mostrano attraverso ciò che la luce e il colore svelano. Quello che percepiamo dello spazio scenico è ciò che il light designer, in stretta collaborazione con la regia dello show, “fa vedere”. La luce e gli effetti cromatici costruiscono atmosfere, svelano la forma della scena, sottolineano le fasi della narrazione graduando la successione degli eventi, introducono oggetti scenici ed effetti speciali, esaltano temi musicali e assoli strumentali. Il principale obiettivo del saggio che presento è dunque l’individuazione di alcune fra le più interessanti ricerche e sperimentazioni elaborate nell’ambito del rock light design, progettualità effimera da intendere anche come metafora di quell’ideale e invisibile “leggerezza” della cultura contemporanea.

Il design della luce e del colore nella performance rock. Verso una storia

UNALI, Maurizio
2012-01-01

Abstract

Dai coloratissimi Light Show degli anni Sessanta, alle più recenti animazioni di luce (programmabili e sincronizzabili) prodotte dalla tecnologia laser, il light design, in continuità con l’affascinante storia della scenografia, è uno degli aspetti fondativi dello spettacolo multimediale “pop-rock”. Il progetto della luce e del colore nella performance rock – oggetto specifico del saggio che presento –, rinnovando la storia dello spettacolo del secondo Novecento, contribuisce ad ampliare l’idea di spazio effimero multisensoriale. Le radici del fenomeno risalgono all’esplosione dell’arte psichedelica e, in particolare, sono da ricercare nelle prime sperimentazioni allestite in America e in Inghilterra: ricordo, ad esempio, i Joshua Light Show (tra San Francisco e New York), le performance dell'artista Mark Boyle e i primi spettacoli underground dei giovani Pink Floyd a Londra. Sulla storia del Light Show è interessante rilevare che questa forma di rappresentazione – prodotta attraverso l'uso di speciali diapositive contenenti sostanze liquide colorate sensibili al calore del proiettore – non è frutto di una singola personalità ma di più artisti nell’ambito di un variegato panorama culturale che è riuscito a conformare un modello scenico riconoscibile, declinabile e implementabile rispetto a molteplici creatività. Come nel caso di Andy Warhol che firma The exploding plastic inevitable show (1966). Da questo evento ad oggi il disegno della luce nello spettacolo live si è evoluto fortemente. Con il moltiplicarsi delle occasioni progettuali e con la rapida evoluzione delle tecnologie illuminotecniche il light design è diventato una nuova disciplina con specifiche professionalità. Le mega architetture itineranti degli show high tech di questi ultimi decenni lo testimoniano ampiamente: imponenti macchine sceniche d’interfaccia – oltre i 60 metri di larghezza per circa 25 di altezza – che si mostrano attraverso ciò che la luce e il colore svelano. Quello che percepiamo dello spazio scenico è ciò che il light designer, in stretta collaborazione con la regia dello show, “fa vedere”. La luce e gli effetti cromatici costruiscono atmosfere, svelano la forma della scena, sottolineano le fasi della narrazione graduando la successione degli eventi, introducono oggetti scenici ed effetti speciali, esaltano temi musicali e assoli strumentali. Il principale obiettivo del saggio che presento è dunque l’individuazione di alcune fra le più interessanti ricerche e sperimentazioni elaborate nell’ambito del rock light design, progettualità effimera da intendere anche come metafora di quell’ideale e invisibile “leggerezza” della cultura contemporanea.
2012
8838761361
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