La realtà sociale ed economica del nostro tempo pone una domanda abitativa molteplice, diversificata e variabile, caratterizzata da quadri esigenziali dinamici in continua evoluzione all’interno di un contesto territoriale, qual’è quella italiana, ad elevato grado di fragilità ambientale e a diffuso rischio sismico. Fattori endogeni ed esogeni inducono un nuovo modo di pensare lo spazio dell’abitare: non più statico, ma evolutivo, adattivo alle specificità comportamentali del singolo soggetto utente; non più ermetico, ma permeabile, interattivo con le specificità fisico-ambientali del singolo luogo. Un modo di pensare “leggero” che sappia coniugare l’istanza di temporaneità, adattività, rispetto all’utenza con quella di stabilità rispetto al luogo; che sappia comporre le ragioni della qualità della vita con le ragioni della qualità dell’ambiente, ed entrambe con quelle dell’incolumità dell’utente, secondo criteri di massima efficienza e reversibilità delle risorse impiegate fino a coincidere con un modo di pensare “economico”. In tal senso il progetto diviene il fulcro di un sapere tecnico deputato a comporre una trasversalità di competenze che necessariamente deve passare attraverso una proficua reintegrazione dei rapporti tra architettura e scienza. Questo modo di affrontare la nuova domanda abitativa ha trovato un fertile terreno di sperimentazione all’interno del laboratorio di tesi interdisciplinare (in particolar modo con le discipline scientifiche) che ha colto nella ricostruzione post-sisma della città dell’Aquila l’evento occasionale per imprimere alla pratica del progetto una spiccata proiezione alla ricerca di congruenze possibili con le istanze del mondo reale. La particolare rilevanza strategica dei siti, all’interno e fuori del centro storico, peraltro tutti di proprietà ATER, ha permesso di esplorare le potenzialità della messa in atto di una strategia della qualità degli interventi di edilizia residenziale pubblica che facesse leva sull’associazione della nozione di “bene d’uso” a quella di “bene patrimoniale” da valorizzare e capitalizzare, per renderlo accessibile a fasce d’utenza sempre più ampie.
Modelli abitativi adattivi: un laboratorio sperimentale per la ricostruzione dell’Aquila
FALASCA, Carmine
2012-01-01
Abstract
La realtà sociale ed economica del nostro tempo pone una domanda abitativa molteplice, diversificata e variabile, caratterizzata da quadri esigenziali dinamici in continua evoluzione all’interno di un contesto territoriale, qual’è quella italiana, ad elevato grado di fragilità ambientale e a diffuso rischio sismico. Fattori endogeni ed esogeni inducono un nuovo modo di pensare lo spazio dell’abitare: non più statico, ma evolutivo, adattivo alle specificità comportamentali del singolo soggetto utente; non più ermetico, ma permeabile, interattivo con le specificità fisico-ambientali del singolo luogo. Un modo di pensare “leggero” che sappia coniugare l’istanza di temporaneità, adattività, rispetto all’utenza con quella di stabilità rispetto al luogo; che sappia comporre le ragioni della qualità della vita con le ragioni della qualità dell’ambiente, ed entrambe con quelle dell’incolumità dell’utente, secondo criteri di massima efficienza e reversibilità delle risorse impiegate fino a coincidere con un modo di pensare “economico”. In tal senso il progetto diviene il fulcro di un sapere tecnico deputato a comporre una trasversalità di competenze che necessariamente deve passare attraverso una proficua reintegrazione dei rapporti tra architettura e scienza. Questo modo di affrontare la nuova domanda abitativa ha trovato un fertile terreno di sperimentazione all’interno del laboratorio di tesi interdisciplinare (in particolar modo con le discipline scientifiche) che ha colto nella ricostruzione post-sisma della città dell’Aquila l’evento occasionale per imprimere alla pratica del progetto una spiccata proiezione alla ricerca di congruenze possibili con le istanze del mondo reale. La particolare rilevanza strategica dei siti, all’interno e fuori del centro storico, peraltro tutti di proprietà ATER, ha permesso di esplorare le potenzialità della messa in atto di una strategia della qualità degli interventi di edilizia residenziale pubblica che facesse leva sull’associazione della nozione di “bene d’uso” a quella di “bene patrimoniale” da valorizzare e capitalizzare, per renderlo accessibile a fasce d’utenza sempre più ampie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.