Adorno coglie perfettamente la centralità della dialettica tra potere e verità che caratterizza i processi comunicativi contemporanei, e che continua ad animare le nuove prassi comunicative in auge nella società della conoscenza, soltanto in apparenza più trasparenti e partecipative. Del resto, lo stesso Habermas riconosce che «il mondo prodotto dai mass media è pubblico solo in apparenza». Ed è costretto ad ammettere che «anche l’integrità della sfera privata, che d’altra parte esso garantisce ai suoi consumatori, è illusoria». Questo accade perché i problemi di verità vengono sistematicamente tradotti dai media in problemi di potere, da sempre prioritari rispetto a qualsiasi altra istanza socio-culturale. L’articolo indaga sul divenire della dialettica tra potere e verità, caratterizzata da veri e propri «mercenari» al servizio delle strutture di potere, espressione di logiche professionali che mutano indirizzo e orientamento a seconda degli interessi del momento. Mercenari che dettano i tempi del sistema mediatico secondo istanze contingenti imposte, generalmente preponderanti rispetto alle reali esigenze del pubblico. La verità non può far altro che adeguarsi agli spazi e ai tempi determinati dall’industria culturale, in cui campeggiano ancora oggi bugie dalle gambe lunghe, nonostante la diversificazione informativa generata dalla rete, lungi dal divenire quel villaggio globale dinamico, trasparente e pluralista disegnato da Habermas. Tutto questo accade nel segno di una fiducia dogmatica delle possibilità comunicative della società ai tempi dei mass media, legati a doppio filo all’insostenibile intraprendenza del potere.
Adorno, Habermas e le strutture di potere della sfera pubblica
LOMBARDINILO, ANDREA
2013-01-01
Abstract
Adorno coglie perfettamente la centralità della dialettica tra potere e verità che caratterizza i processi comunicativi contemporanei, e che continua ad animare le nuove prassi comunicative in auge nella società della conoscenza, soltanto in apparenza più trasparenti e partecipative. Del resto, lo stesso Habermas riconosce che «il mondo prodotto dai mass media è pubblico solo in apparenza». Ed è costretto ad ammettere che «anche l’integrità della sfera privata, che d’altra parte esso garantisce ai suoi consumatori, è illusoria». Questo accade perché i problemi di verità vengono sistematicamente tradotti dai media in problemi di potere, da sempre prioritari rispetto a qualsiasi altra istanza socio-culturale. L’articolo indaga sul divenire della dialettica tra potere e verità, caratterizzata da veri e propri «mercenari» al servizio delle strutture di potere, espressione di logiche professionali che mutano indirizzo e orientamento a seconda degli interessi del momento. Mercenari che dettano i tempi del sistema mediatico secondo istanze contingenti imposte, generalmente preponderanti rispetto alle reali esigenze del pubblico. La verità non può far altro che adeguarsi agli spazi e ai tempi determinati dall’industria culturale, in cui campeggiano ancora oggi bugie dalle gambe lunghe, nonostante la diversificazione informativa generata dalla rete, lungi dal divenire quel villaggio globale dinamico, trasparente e pluralista disegnato da Habermas. Tutto questo accade nel segno di una fiducia dogmatica delle possibilità comunicative della società ai tempi dei mass media, legati a doppio filo all’insostenibile intraprendenza del potere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.