Più moderna, dinamica, funzionale. Ma soprattutto più democratica, aperta, partecipativa. Questa l’Università disegnata da Jürgen Habermas all’alba del Sessantotto, allorquando i mutamenti politici e sociali impongono ai sistemi formativi uno scatto in avanti in termini di attrattività e innovazione. In primo piano vi è la necessità di soddisfare le istanze socioeducative di un capitale umano atteso dalle sfide della complessità, ormai incombente. Una visione dell’accademia che in qualche modo anticipa l’idea di «università senza condizione» enunciata da Jacques Derrida allo scoccare del ventunesimo secolo, trent’anni dopo la disamina svolta da Habermas al cospetto degli studenti di Hannover. Non è forse un caso che anche «l’appello in forma di professione di fede» svolto dal padre del decostruzionismo si svolga al cospetto di una platea universitaria, e sotto forma di conferenza, dapprima all’Università di Stanford (1998) e poi di Francoforte (2001). Quasi un passaggio di consegne, tra due eminenti studiosi (oltre che filosofi) impegnati nel definire il ruolo sociale dell’Università, nel delinearne limiti ma anche nel valorizzarne le prerogative formative e culturali.

Università e buone pratiche da Habermas a Derrida

LOMBARDINILO, ANDREA
2013-01-01

Abstract

Più moderna, dinamica, funzionale. Ma soprattutto più democratica, aperta, partecipativa. Questa l’Università disegnata da Jürgen Habermas all’alba del Sessantotto, allorquando i mutamenti politici e sociali impongono ai sistemi formativi uno scatto in avanti in termini di attrattività e innovazione. In primo piano vi è la necessità di soddisfare le istanze socioeducative di un capitale umano atteso dalle sfide della complessità, ormai incombente. Una visione dell’accademia che in qualche modo anticipa l’idea di «università senza condizione» enunciata da Jacques Derrida allo scoccare del ventunesimo secolo, trent’anni dopo la disamina svolta da Habermas al cospetto degli studenti di Hannover. Non è forse un caso che anche «l’appello in forma di professione di fede» svolto dal padre del decostruzionismo si svolga al cospetto di una platea universitaria, e sotto forma di conferenza, dapprima all’Università di Stanford (1998) e poi di Francoforte (2001). Quasi un passaggio di consegne, tra due eminenti studiosi (oltre che filosofi) impegnati nel definire il ruolo sociale dell’Università, nel delinearne limiti ma anche nel valorizzarne le prerogative formative e culturali.
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