La questione di dover stabilire “se un bambino ha o non ha la dislessia” è una questione che angoscia molti professionisti che avvertono il carico di questa responsabilità e cercano criteri certi per dare risposte inequivocabili. In realtà, come ha notato acutamente Deborah P. Waber (2010), la politica ha scopi molto differenti dalla pratica clinica, differenziare chiaramente chi ha diritto e chi non ha diritto a uno specifico riconoscimento giuridico, e alle conseguenti agevolazioni, mentre la realtà è quella di un’ampia variabilità tra i bambini con disturbo di apprendimento. Si tratta solo di porre dei paletti per gestire al meglio le risorse dello stato, a fronte del fatto che comunque anche i bambini che non rientrano nei criteri della diagnosi possono esprimere un disagio che richiede un’adeguata attenzione; e per questi, la normativa sui BES garantisce quella flessibilità di cui c’è ampio bisogno. In altri termini, come notano Cornoldi e Tressoldi, l’obiettivo è quello di evitare che “studenti intelligenti, ma limitati da una specifica difficoltà” subiscano vessazioni, o non siano messi in condizione di raggiungere quegli obiettivi di apprendimento che sono alla loro portata. Senza dimenticare che anche bambini meno gravi, o che comunque non rientrano nei criteri definiti per legge (qualsiasi essi siano,) potrebbero aver bisogno di un supporto psicologico per dare il meglio nell’attività scolastica.

Un approccio ecologico alle categorie nosologiche (Note)

DI SANO, Sergio
2014-01-01

Abstract

La questione di dover stabilire “se un bambino ha o non ha la dislessia” è una questione che angoscia molti professionisti che avvertono il carico di questa responsabilità e cercano criteri certi per dare risposte inequivocabili. In realtà, come ha notato acutamente Deborah P. Waber (2010), la politica ha scopi molto differenti dalla pratica clinica, differenziare chiaramente chi ha diritto e chi non ha diritto a uno specifico riconoscimento giuridico, e alle conseguenti agevolazioni, mentre la realtà è quella di un’ampia variabilità tra i bambini con disturbo di apprendimento. Si tratta solo di porre dei paletti per gestire al meglio le risorse dello stato, a fronte del fatto che comunque anche i bambini che non rientrano nei criteri della diagnosi possono esprimere un disagio che richiede un’adeguata attenzione; e per questi, la normativa sui BES garantisce quella flessibilità di cui c’è ampio bisogno. In altri termini, come notano Cornoldi e Tressoldi, l’obiettivo è quello di evitare che “studenti intelligenti, ma limitati da una specifica difficoltà” subiscano vessazioni, o non siano messi in condizione di raggiungere quegli obiettivi di apprendimento che sono alla loro portata. Senza dimenticare che anche bambini meno gravi, o che comunque non rientrano nei criteri definiti per legge (qualsiasi essi siano,) potrebbero aver bisogno di un supporto psicologico per dare il meglio nell’attività scolastica.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11564/635894
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