La sentenza in commento, al pari del suo immediato precedente di primo grado, affronta due questioni inedite in tema di fondazioni testamentarie da erigersi dopo la morte del testatore in ossequio alle prescrizioni contenute nel testamento (c.d. «costituzione indiretta»). La Corte di Appello, da un lato, ha chiarito che – affinché possa riconoscersi loro la qualità di erede – gli scopi degli enti creati post mortem in esecuzione della volontà del defunto devono riprodurre esattamente quelli indicati nella scheda testamentaria; dall’altro, ha stabilito che si impone, a pena di invalidità dell’intero procedimento costitutivo, il rispetto della forma solenne dell’atto pubblico nonché la contestuale presenza dei testimoni al rogito secondo le prescrizioni dell’art. 48, l. 16 febbraio 1913, n. 89. L’Autore ricostruisce le basi dottrinali e giurisprudenziali del ragionamento giudiziale e, in particolare, recepita la distinzione tra «atto di fondazione in senso stretto» (diretto alla nascita del nuovo soggetto giuridico) e «atto di dotazione» (con il quale si assegnano i mezzi necessari per il perseguimento dello scopo), si sofferma sull’assunto che identifica quest’ultimo negozio – là dove si perfezioni, come nel caso di specie, inter vivos – con una donazione; a tal proposito, pur condividendo la soluzione patrocinata dal Collegio, suggerisce altresí un percorso ermeneutico alternativo diretto a valorizzare l’identità funzionale che accomuna le norme che prescrivono il vestimentum pubblico sia per i negozi donativi (art. 782 c.c.) sia per quelli fondazionali (art. 14 c.c.) e che vale allora a giustificare in modo piú solido e convincente l’estensione a questi ultimi delle ulteriori formalità previste dalla legge notarile per i primi ex art. 48, cit.

La costituzione c.d. «indiretta» di fondazioni testamentarie: limiti sostanziali e formali nell’esecuzione post mortem della volontà del defunto

Angelone, Marco
2015-01-01

Abstract

La sentenza in commento, al pari del suo immediato precedente di primo grado, affronta due questioni inedite in tema di fondazioni testamentarie da erigersi dopo la morte del testatore in ossequio alle prescrizioni contenute nel testamento (c.d. «costituzione indiretta»). La Corte di Appello, da un lato, ha chiarito che – affinché possa riconoscersi loro la qualità di erede – gli scopi degli enti creati post mortem in esecuzione della volontà del defunto devono riprodurre esattamente quelli indicati nella scheda testamentaria; dall’altro, ha stabilito che si impone, a pena di invalidità dell’intero procedimento costitutivo, il rispetto della forma solenne dell’atto pubblico nonché la contestuale presenza dei testimoni al rogito secondo le prescrizioni dell’art. 48, l. 16 febbraio 1913, n. 89. L’Autore ricostruisce le basi dottrinali e giurisprudenziali del ragionamento giudiziale e, in particolare, recepita la distinzione tra «atto di fondazione in senso stretto» (diretto alla nascita del nuovo soggetto giuridico) e «atto di dotazione» (con il quale si assegnano i mezzi necessari per il perseguimento dello scopo), si sofferma sull’assunto che identifica quest’ultimo negozio – là dove si perfezioni, come nel caso di specie, inter vivos – con una donazione; a tal proposito, pur condividendo la soluzione patrocinata dal Collegio, suggerisce altresí un percorso ermeneutico alternativo diretto a valorizzare l’identità funzionale che accomuna le norme che prescrivono il vestimentum pubblico sia per i negozi donativi (art. 782 c.c.) sia per quelli fondazionali (art. 14 c.c.) e che vale allora a giustificare in modo piú solido e convincente l’estensione a questi ultimi delle ulteriori formalità previste dalla legge notarile per i primi ex art. 48, cit.
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