Personalità poliedrica e complessa, la figura di Federico Caffè esprime insieme il carattere dell’uomo, la passione del docente e il rigore dell’economista in un’intellettualità ispirata, profondamente sociale e mai compromessa da qualsivoglia forma di conformismo. Fino alla sua scomparsa, l’opera di Federico Caffè seppe contraddistinguersi per aver evidenziato l’inadeguatezza del libero mercato in quanto puro ordinatore dei prezzi e l’insufficienza delle istituzioni come semplici regolatrici di relazioni economiche. La sua sensibilità nei confronti dell’uomo comune lo condusse all’approdo di un “umanesimo” dell’economia che spingeva appunto la teoria e la pratica economica a porsi «al servizio dell’uomo» medesimo, interpretando “l’uomo come valore in sé”. Ne conseguono: la priorità attribuita da Caffè alla lotta contro l’iniqua distribuzione dei redditi e delle ricchezze; l’irrinunciabilità degli obiettivi di egualitarismo ed assistenza; il convincimento che sia compito dello stato quello di garantire una tendenziale uguaglianza di opportunità; l’inclusione della disoccupazione tra i “problemi veri” della società attuale. A discapito di una visione meramente contabile e ragionieristica, ma anche di quella solo preminentemente utilitaristica dell’interpretazione economica, egli fu precursore nell’individuare un più ampio concetto di equità raggiungibile non solo attraverso un puro incremento del potere di acquisto individuale, ma anche con una maggiore e più pronunciata qualità “umana” delle condizioni ambientali e collettive. Il Maestro di economia e di vita si pose a tal fine più volte in ascolto delle istanze sociali e fu mediatore tra istituzioni e istanze sindacali. Non a caso, tra i suoi ex allievi si rintracciano figure della statura morale e professionale di Mario Draghi e Ignazio Visco. Caffè scomparve misteriosamente nella notte tra il 14 ed il 15 aprile del 1987, a 73 anni. La sua lezione, quella del “maestro”, permane nel convincimento che il legame con le persone e, in generale, con la realtà costituisca l’anima profonda dell’economia politica che non deve risolversi nella sua supposta autonomia scientifica fuori dalla storia e dalla società.
Empathic and Umanitarian Economics in Federico Caffè
MATTOSCIO, Nicola
2015-01-01
Abstract
Personalità poliedrica e complessa, la figura di Federico Caffè esprime insieme il carattere dell’uomo, la passione del docente e il rigore dell’economista in un’intellettualità ispirata, profondamente sociale e mai compromessa da qualsivoglia forma di conformismo. Fino alla sua scomparsa, l’opera di Federico Caffè seppe contraddistinguersi per aver evidenziato l’inadeguatezza del libero mercato in quanto puro ordinatore dei prezzi e l’insufficienza delle istituzioni come semplici regolatrici di relazioni economiche. La sua sensibilità nei confronti dell’uomo comune lo condusse all’approdo di un “umanesimo” dell’economia che spingeva appunto la teoria e la pratica economica a porsi «al servizio dell’uomo» medesimo, interpretando “l’uomo come valore in sé”. Ne conseguono: la priorità attribuita da Caffè alla lotta contro l’iniqua distribuzione dei redditi e delle ricchezze; l’irrinunciabilità degli obiettivi di egualitarismo ed assistenza; il convincimento che sia compito dello stato quello di garantire una tendenziale uguaglianza di opportunità; l’inclusione della disoccupazione tra i “problemi veri” della società attuale. A discapito di una visione meramente contabile e ragionieristica, ma anche di quella solo preminentemente utilitaristica dell’interpretazione economica, egli fu precursore nell’individuare un più ampio concetto di equità raggiungibile non solo attraverso un puro incremento del potere di acquisto individuale, ma anche con una maggiore e più pronunciata qualità “umana” delle condizioni ambientali e collettive. Il Maestro di economia e di vita si pose a tal fine più volte in ascolto delle istanze sociali e fu mediatore tra istituzioni e istanze sindacali. Non a caso, tra i suoi ex allievi si rintracciano figure della statura morale e professionale di Mario Draghi e Ignazio Visco. Caffè scomparve misteriosamente nella notte tra il 14 ed il 15 aprile del 1987, a 73 anni. La sua lezione, quella del “maestro”, permane nel convincimento che il legame con le persone e, in generale, con la realtà costituisca l’anima profonda dell’economia politica che non deve risolversi nella sua supposta autonomia scientifica fuori dalla storia e dalla società.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.