La centralità della dimensione relazionale-affettività del detenuto è fondamentale in un’ottica educativa, di riprogettazione di sé come persona, come possibilità di non perdere il nucleo centrale di ogni essere, di ogni vita, ovvero la reciprocità con gli altri, l’essere significante per qualcun altro, l’essere pensato da qualcun altro e allo stesso tempo il potersi pensare in relazione con le persone fuori dal carcere, ma in fondo sempre dentro alla sua vita. Questa dimensione ha ancora più rilevanza se la si considera in relazione alla paternità.Il contributo intende raccontare finalità e risultati del progetto di ricerca-azione che ha visto la collaborazione tra l’Università di Chieti-Pescara e la Casa Circondariale di Chieti, sulla base dei punti essenziali della Carta dei figli e dei genitori detenuti. Il progetto ha sperimentato da una parte l’approccio maieutico della discussione per far emergere rappresentazioni di sé e del proprio ruolo genitoriale, dall’altro l’approccio alla lettura/narrazione come strumento di mediazione educativa. Tutto questo collocato in una cornice laboratoriale in cui il racconto di sé come metodo formativo è risultato amplificato quando dalla narrazione orale si è passati a quella scritta.

Rilegato come un libro. Raccontare e raccontarsi in carcere per ripensarsi padri senza sbarre

FILOGRASSO, Ilaria;NARDONE, Mariarosaria
2016-01-01

Abstract

La centralità della dimensione relazionale-affettività del detenuto è fondamentale in un’ottica educativa, di riprogettazione di sé come persona, come possibilità di non perdere il nucleo centrale di ogni essere, di ogni vita, ovvero la reciprocità con gli altri, l’essere significante per qualcun altro, l’essere pensato da qualcun altro e allo stesso tempo il potersi pensare in relazione con le persone fuori dal carcere, ma in fondo sempre dentro alla sua vita. Questa dimensione ha ancora più rilevanza se la si considera in relazione alla paternità.Il contributo intende raccontare finalità e risultati del progetto di ricerca-azione che ha visto la collaborazione tra l’Università di Chieti-Pescara e la Casa Circondariale di Chieti, sulla base dei punti essenziali della Carta dei figli e dei genitori detenuti. Il progetto ha sperimentato da una parte l’approccio maieutico della discussione per far emergere rappresentazioni di sé e del proprio ruolo genitoriale, dall’altro l’approccio alla lettura/narrazione come strumento di mediazione educativa. Tutto questo collocato in una cornice laboratoriale in cui il racconto di sé come metodo formativo è risultato amplificato quando dalla narrazione orale si è passati a quella scritta.
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