Il saggio si propone di legare la riflessione mediologica di McLuhan e Barthes sul mito cinematografico di Giulio Cesare alla proliferazione della serialità narrativa che esso ha ispirato negli anni recenti, a conferma del potenziale cross-mediale del medium storico sul piano televisivo, cinematografico, teatrale, romanzesco. In uno dei capitoli d’apertura de La sposa meccanica (1951), McLuhan riflette sull’annuncio pubblicitario del romanzo di Thornton Wilder, Le idi di marzo (1948), che può darsi «non ci faccia entrare nel mondo dei Cesari, ma certamente ci fa entrare nel mondo della letteratura e della narrativa contemporanee». La tesi di McLuhan è che il genere del romanzo storico debba il suo successo alla capacità di proiettare il pubblico nelle vite dei potenti, colti nell’intimità quotidiana. Quanto più il personaggio è umanizzato, «dotato di un cervello il più superficiale possibile», tanto più è adatto per una narrazione che sfrutti la storia come pretesto rievocativo. Tesi condivisa da Roland Barthes, che in Miti d’oggi (1957) analizza la rappresentazione del mito cesariano proposto dal regista polacco Mankiewicz nel film Giulio Cesare (1953). Un mito destinato ad affermarsi come mito mediale: dalla fiction tv Giulio Cesare del regista Uli Edel (2003), al romanzo Le idi di marzo di Valerio Massimo Manfredi (2008) o al film Cesare non deve morire dei fratelli Taviani (2012), cronaca dell’allestimento del Giulio Cesare di Shakespeare ad opera di detenuti di massima sicurezza del carcere di Rebibbia. Il tradimento subito dal potente come episodio narrativo seriale e metaforico, dotato di un’elevata attrattività cross-mediale. Così è per Giulio Cesare e per altri miti dell’antichità, a condizione che «i grandi, del passato e del presente, sembrino essere tali per le qualità più comuni». Questo il suggerimento di McLuhan per comprendere il successo delle narrazioni storiche al tempo della società dell’incertezza, sospesa tra consumismo e immaginario. Una società segnata da simbolismi fluttuanti e serialità rappresentative, ispirate alla sinergia tra letteratura e mediologia.

Le “Idi di marzo”. McLuhan, Barthes e la storia come medium narrativo

LOMBARDINILO, ANDREA
2016-01-01

Abstract

Il saggio si propone di legare la riflessione mediologica di McLuhan e Barthes sul mito cinematografico di Giulio Cesare alla proliferazione della serialità narrativa che esso ha ispirato negli anni recenti, a conferma del potenziale cross-mediale del medium storico sul piano televisivo, cinematografico, teatrale, romanzesco. In uno dei capitoli d’apertura de La sposa meccanica (1951), McLuhan riflette sull’annuncio pubblicitario del romanzo di Thornton Wilder, Le idi di marzo (1948), che può darsi «non ci faccia entrare nel mondo dei Cesari, ma certamente ci fa entrare nel mondo della letteratura e della narrativa contemporanee». La tesi di McLuhan è che il genere del romanzo storico debba il suo successo alla capacità di proiettare il pubblico nelle vite dei potenti, colti nell’intimità quotidiana. Quanto più il personaggio è umanizzato, «dotato di un cervello il più superficiale possibile», tanto più è adatto per una narrazione che sfrutti la storia come pretesto rievocativo. Tesi condivisa da Roland Barthes, che in Miti d’oggi (1957) analizza la rappresentazione del mito cesariano proposto dal regista polacco Mankiewicz nel film Giulio Cesare (1953). Un mito destinato ad affermarsi come mito mediale: dalla fiction tv Giulio Cesare del regista Uli Edel (2003), al romanzo Le idi di marzo di Valerio Massimo Manfredi (2008) o al film Cesare non deve morire dei fratelli Taviani (2012), cronaca dell’allestimento del Giulio Cesare di Shakespeare ad opera di detenuti di massima sicurezza del carcere di Rebibbia. Il tradimento subito dal potente come episodio narrativo seriale e metaforico, dotato di un’elevata attrattività cross-mediale. Così è per Giulio Cesare e per altri miti dell’antichità, a condizione che «i grandi, del passato e del presente, sembrino essere tali per le qualità più comuni». Questo il suggerimento di McLuhan per comprendere il successo delle narrazioni storiche al tempo della società dell’incertezza, sospesa tra consumismo e immaginario. Una società segnata da simbolismi fluttuanti e serialità rappresentative, ispirate alla sinergia tra letteratura e mediologia.
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