L’autostrada «propone un effetto di “extraterritorialità”» in cui «la monofunzionalità (collegare un luogo all'altro), la specializzazione (spazio riservato al movimento dei veicoli) e la velocità escludono relazioni funzionali con il territorio circostante» (Nico Ventura). Questa affermazione sottende alcune conseguenze. La prima è quella che concerne la necessità di un territorio omogeneo anche quando le caratteristiche geomorfologiche non lo consentirebbero. Il manto d’asfalto viene, di volta in volta, portato a una quota diversa da quella di campagna (rilevato, trincea, viadotto) e quando vi sono ostacoli insormontabili si risolve attraverso la costruzione di gallerie e ponti. In un quadro siffatto, l’attenzione alle peculiarità dei contesti locali attraversati dall’infrastruttura non può essere obiettivo primario. D’altro canto il progetto dipende dalla valutazione del traffico, dalla definizione del tracciato, dalle caratteristiche tecniche dei veicoli in moto in condizioni di sicurezza. L’ingegneria del traffico si basa sostanzialmente sull’analogia idraulica, lavora con modelli di simulazione e stabilisce i diagrammi portata-velocità su base sperimentale, assegnando alle bande del diagramma diversi livelli di servizio. A una simile impostazione, da sempre prevalente nella letteratura, se ne affianca un’altra che, mettendo tra parentesi i rapporti interni tra infrastruttura e traffico veicolare, estende il campo d’osservazione anche al territorio e ai rapporti che questo instaura con l’autostrada. Si aprono così, nuove prospettive analitico-progettuali, all’interno delle quali il compito della pianificazione urbanistica diventa quello di lavorare non tanto sulle reti e sugli spazi urbani, quanto sulle loro reciproche relazioni.

Frontiere e confini autostradali/Expressway borders and boundaries

CLEMENTE, Antonio Alberto
2004-01-01

Abstract

L’autostrada «propone un effetto di “extraterritorialità”» in cui «la monofunzionalità (collegare un luogo all'altro), la specializzazione (spazio riservato al movimento dei veicoli) e la velocità escludono relazioni funzionali con il territorio circostante» (Nico Ventura). Questa affermazione sottende alcune conseguenze. La prima è quella che concerne la necessità di un territorio omogeneo anche quando le caratteristiche geomorfologiche non lo consentirebbero. Il manto d’asfalto viene, di volta in volta, portato a una quota diversa da quella di campagna (rilevato, trincea, viadotto) e quando vi sono ostacoli insormontabili si risolve attraverso la costruzione di gallerie e ponti. In un quadro siffatto, l’attenzione alle peculiarità dei contesti locali attraversati dall’infrastruttura non può essere obiettivo primario. D’altro canto il progetto dipende dalla valutazione del traffico, dalla definizione del tracciato, dalle caratteristiche tecniche dei veicoli in moto in condizioni di sicurezza. L’ingegneria del traffico si basa sostanzialmente sull’analogia idraulica, lavora con modelli di simulazione e stabilisce i diagrammi portata-velocità su base sperimentale, assegnando alle bande del diagramma diversi livelli di servizio. A una simile impostazione, da sempre prevalente nella letteratura, se ne affianca un’altra che, mettendo tra parentesi i rapporti interni tra infrastruttura e traffico veicolare, estende il campo d’osservazione anche al territorio e ai rapporti che questo instaura con l’autostrada. Si aprono così, nuove prospettive analitico-progettuali, all’interno delle quali il compito della pianificazione urbanistica diventa quello di lavorare non tanto sulle reti e sugli spazi urbani, quanto sulle loro reciproche relazioni.
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