IT) In un passaggio del suo Progettare, costruire, curare, Nicola Emery – riprendendo la definizione di città come “pascolo” formulata da Platone nella Repubblica – ridefinisce le finalità del progetto della città e del suo territorio in senso terapeutico, curativo e sociale. Per il filosofo, le discipline che si occupano del progetto e della costruzione dello spazio insediativo devono oggi superare la visione produttivistica che tende a ridurre le risorse naturali, antropiche e culturali a oggetti di consumo, portandosi così in una dimensione deontologica nuova, basata sulla concezione relazionale del costruire per garantire la salute della città e dei suoi abitanti (Emery, 2007). Si tratta di una visione molto vicina alla definizione di healthy city della World Health Organization: sistema che trasforma e migliora l’ambiente fisico e sociale, ne valorizza le risorse e le abilità delle persone nello svolgersi delle attività quotidiane (WHO, 1998). Oggi, infatti, l’illusione di una disponibilità illimitata di risorse naturali e tecniche contribuisce ad alimentare politiche e progetti di trasformazione delle città che risultano sconnesse da qualsiasi relazione con l’ambiente e il territorio. L’interpretazione proposta da Emery sottende un radicale ripensamento dell’uso delle tecniche costruttive e comporta una più generale tecno-logica relazionale ed evolutiva tra natura, individui e società (Jantsch, 1969). Una delle principali sfide progettuali da cogliere nella visione del costruire sollecitata da Emery è quindi da inquadrarsi soprattutto nella riconnessione tecnologica tra risorse, spazi e salute delle persone, per ricomporre le qualità del bene comune città in una visione terapeutica dell’ambiente urbano, da curare e che è in grado di curare i suoi abitanti. Healthy City. Enabling Technologies for a Therapeutic and Curative Vision of the Urban Landscape EN) In his Progettare, costruire, curare, Nicola Emery – referring to the definition of the city as a “pasture” formulated by Plato in The Republic – redefines the aims of designing the city and its territories in a therapeutic, curative and social direction. This vision is close to the World Health Organization’s definition of the healthy city, which launched one of the key challenges for the future: technologically reconnecting resources, spaces and human health to recompose the quality of the city as a common good within an organic system to be cared for and which in turn cares for us. This challenge requires a vaster reworking of the role of téchne that confronts the new needs and problems emerging in contemporary cities: capacities for resilience, inclusion and vitality; rethinking collective spaces, in particular in-between spaces, as interface systems; new relational and enabling roles of complex technological systems in the urban landscape. The in-between spaces of the city must be reinterpreted as “prosthetic devices”. Building technologies must express enabling capacities that improve the capacities for resilience, inclusion and vitality of the physical heritage of the city and its inhabitants and “enable” people and communities to more reasonably and responsibly interact with limited resources, new environmental emergencies and increasingly more invasive technological innovations. This challenge requires technologies for the human habitat that regenerate and care for the capital of the city – has inherited from the past - and project it toward a future based on a co-evolutionary symbiosis between man, society and Enabling Technologies for a Therapeutic and Curative Vision of the Urban Landscape

Healthy City. Le tecnologie abilitanti per una visione terapeutica e curativa del paesaggio urbano

ANGELUCCI, Filippo
2016-01-01

Abstract

IT) In un passaggio del suo Progettare, costruire, curare, Nicola Emery – riprendendo la definizione di città come “pascolo” formulata da Platone nella Repubblica – ridefinisce le finalità del progetto della città e del suo territorio in senso terapeutico, curativo e sociale. Per il filosofo, le discipline che si occupano del progetto e della costruzione dello spazio insediativo devono oggi superare la visione produttivistica che tende a ridurre le risorse naturali, antropiche e culturali a oggetti di consumo, portandosi così in una dimensione deontologica nuova, basata sulla concezione relazionale del costruire per garantire la salute della città e dei suoi abitanti (Emery, 2007). Si tratta di una visione molto vicina alla definizione di healthy city della World Health Organization: sistema che trasforma e migliora l’ambiente fisico e sociale, ne valorizza le risorse e le abilità delle persone nello svolgersi delle attività quotidiane (WHO, 1998). Oggi, infatti, l’illusione di una disponibilità illimitata di risorse naturali e tecniche contribuisce ad alimentare politiche e progetti di trasformazione delle città che risultano sconnesse da qualsiasi relazione con l’ambiente e il territorio. L’interpretazione proposta da Emery sottende un radicale ripensamento dell’uso delle tecniche costruttive e comporta una più generale tecno-logica relazionale ed evolutiva tra natura, individui e società (Jantsch, 1969). Una delle principali sfide progettuali da cogliere nella visione del costruire sollecitata da Emery è quindi da inquadrarsi soprattutto nella riconnessione tecnologica tra risorse, spazi e salute delle persone, per ricomporre le qualità del bene comune città in una visione terapeutica dell’ambiente urbano, da curare e che è in grado di curare i suoi abitanti. Healthy City. Enabling Technologies for a Therapeutic and Curative Vision of the Urban Landscape EN) In his Progettare, costruire, curare, Nicola Emery – referring to the definition of the city as a “pasture” formulated by Plato in The Republic – redefines the aims of designing the city and its territories in a therapeutic, curative and social direction. This vision is close to the World Health Organization’s definition of the healthy city, which launched one of the key challenges for the future: technologically reconnecting resources, spaces and human health to recompose the quality of the city as a common good within an organic system to be cared for and which in turn cares for us. This challenge requires a vaster reworking of the role of téchne that confronts the new needs and problems emerging in contemporary cities: capacities for resilience, inclusion and vitality; rethinking collective spaces, in particular in-between spaces, as interface systems; new relational and enabling roles of complex technological systems in the urban landscape. The in-between spaces of the city must be reinterpreted as “prosthetic devices”. Building technologies must express enabling capacities that improve the capacities for resilience, inclusion and vitality of the physical heritage of the city and its inhabitants and “enable” people and communities to more reasonably and responsibly interact with limited resources, new environmental emergencies and increasingly more invasive technological innovations. This challenge requires technologies for the human habitat that regenerate and care for the capital of the city – has inherited from the past - and project it toward a future based on a co-evolutionary symbiosis between man, society and Enabling Technologies for a Therapeutic and Curative Vision of the Urban Landscape
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