La conversazione tra l'autore e Padre Vilson Grohe un sacerdote che vive ed opera tra gli abitanti delle favelas di Florianópolis (Brasile) si è tenuta a Pescara il 31 luglio del 2014 in occasione di una manifestazione organizzata dal Dipartimento di Architettura in collaborazione con Missione Africa per l’inaugurazione del Laboratorio Città Informale all’interno della quale l’evento centrale è stato proprio l’incontro con padre Vilson Groh, nel segno del dialogo e dell’intercultura. Nella conversazione con padre Vilson Groh si discute sul problema della povertà nel mondo, a partire dall’analisi dei tratti salienti della società globale contemporanea e dell’esperienza diretta del lavoro nelle favelas. In particolare, padre Vilson, pone l’attenzione sul valore ‘educativo’ della stessa globalizzazione, intesa come accesso più o meno diretto e preponderante alle risorse tecnologiche del digital divide, tra Nord e Sud del mondo. Tale divario, di cui si dà ampio conto, è all’origine, secondo l’autore, di ulteriori disuguaglianze tra popoli e culture differenti, che possono essere superate solo attraverso una presa di coscienza collettiva del problema a partire in primis dai Paesi sviluppati.

Imparando dalle favelas. Conversazione con Padre Vilson Groh

Domenico Potenza
2015-01-01

Abstract

La conversazione tra l'autore e Padre Vilson Grohe un sacerdote che vive ed opera tra gli abitanti delle favelas di Florianópolis (Brasile) si è tenuta a Pescara il 31 luglio del 2014 in occasione di una manifestazione organizzata dal Dipartimento di Architettura in collaborazione con Missione Africa per l’inaugurazione del Laboratorio Città Informale all’interno della quale l’evento centrale è stato proprio l’incontro con padre Vilson Groh, nel segno del dialogo e dell’intercultura. Nella conversazione con padre Vilson Groh si discute sul problema della povertà nel mondo, a partire dall’analisi dei tratti salienti della società globale contemporanea e dell’esperienza diretta del lavoro nelle favelas. In particolare, padre Vilson, pone l’attenzione sul valore ‘educativo’ della stessa globalizzazione, intesa come accesso più o meno diretto e preponderante alle risorse tecnologiche del digital divide, tra Nord e Sud del mondo. Tale divario, di cui si dà ampio conto, è all’origine, secondo l’autore, di ulteriori disuguaglianze tra popoli e culture differenti, che possono essere superate solo attraverso una presa di coscienza collettiva del problema a partire in primis dai Paesi sviluppati.
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