Una riforma amministrativa realizzata in pochi mesi, che ha portato a ridurre a 61 il numero delle municipalità e degli enti locali, organizzato fino ad allora, come eredità del passato regime comunista, in un farraginoso sistema di centri principali (qitate), centri di villaggi, e villaggi (fhastra), sopravvissuto fino ai giorni attuali, dopo vent’anni di transizione. La recentissima riforma della giustizia, quasi imposta dalle organizzazioni europee e internazionali verso le quali l’Albania da tempo anela di aderire. Appresso a queste, la riforma della legge quadro urbanistica, e l’avvio di un processo di pianificazione che tocca tutte le scale di intervento, a partire dagli strumenti di valenza nazionale – un nuovo Piano Urbanistico Nazionale, un Piano Nazionale per le aree costiere, un Piano di Settore per l’unica, grande area metropolitana del Paese, la conurbazione tra Tirana e Durazzo, ribattezzata prontamente Durana. Il tutto in contemporanea all’avvio del processo di formazione – sulla carta rapidissimo, in tutto 18 settimane – per la formazione dei primi 26 Piani Urbanistici generali delle 61 municipalità riformate, naturalmente quelle più importanti, con Tirana, Scutari, Durazzo, Valona, dove vive la quota più consistente di popolazione rimasta in patria, circa 3 milioni di residenti. Tutto ciò, anche a processo ormai largamente avviato ha il sapore di una scommessa, anche politica, legata alle scadenze elettorali nazionali, che hanno visto recentemente il governo in carica presentarsi davanti al giudizio degli elettori, anche rispetto ai temi del governo del territorio, per la tanto agognata entrata in Europa. Certo, con i caratteri di un’esperienza reale, in corso, che merita tutto il rispetto e la considerazione, per essere indagata e valutata anche nei suoi molti punti di forza, ma anche di debolezza, e nelle opportunità e nei rischi che sembra preservare.
UN PAESE ALLA PROVA DEL PIANO. L’ESPERIENZA DEI GENERAL LOCAL PLAN NELL’ALBANIA DELLA POST TRANSIZIONE ALL’ECONOMIA DI MERCATO
P. ROVIGATTI
2018-01-01
Abstract
Una riforma amministrativa realizzata in pochi mesi, che ha portato a ridurre a 61 il numero delle municipalità e degli enti locali, organizzato fino ad allora, come eredità del passato regime comunista, in un farraginoso sistema di centri principali (qitate), centri di villaggi, e villaggi (fhastra), sopravvissuto fino ai giorni attuali, dopo vent’anni di transizione. La recentissima riforma della giustizia, quasi imposta dalle organizzazioni europee e internazionali verso le quali l’Albania da tempo anela di aderire. Appresso a queste, la riforma della legge quadro urbanistica, e l’avvio di un processo di pianificazione che tocca tutte le scale di intervento, a partire dagli strumenti di valenza nazionale – un nuovo Piano Urbanistico Nazionale, un Piano Nazionale per le aree costiere, un Piano di Settore per l’unica, grande area metropolitana del Paese, la conurbazione tra Tirana e Durazzo, ribattezzata prontamente Durana. Il tutto in contemporanea all’avvio del processo di formazione – sulla carta rapidissimo, in tutto 18 settimane – per la formazione dei primi 26 Piani Urbanistici generali delle 61 municipalità riformate, naturalmente quelle più importanti, con Tirana, Scutari, Durazzo, Valona, dove vive la quota più consistente di popolazione rimasta in patria, circa 3 milioni di residenti. Tutto ciò, anche a processo ormai largamente avviato ha il sapore di una scommessa, anche politica, legata alle scadenze elettorali nazionali, che hanno visto recentemente il governo in carica presentarsi davanti al giudizio degli elettori, anche rispetto ai temi del governo del territorio, per la tanto agognata entrata in Europa. Certo, con i caratteri di un’esperienza reale, in corso, che merita tutto il rispetto e la considerazione, per essere indagata e valutata anche nei suoi molti punti di forza, ma anche di debolezza, e nelle opportunità e nei rischi che sembra preservare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.