A Roma notizie sul conflitto europeo non raggiungevano solo la corte e la famiglia pontificia, ma pervenivano a famiglie della nobiltà romana, i cui esponenti servirono l’imperatore come militari: Il presente testo propone un confronto fra due corrispondenze: la prima, diretta a Paolo Savelli, in cui la guerra, raccontata da altri, rimane lontana; la seconda, la corrispondenza di Federico Savelli, militare impegnato sui campi di battaglia, presenta invece il dramma della guerra sperimentata e vissuta direttamente. Le lettere indirizzate a Paolo Savelli da Franz von Dietrichstein, cardinale protettore dell’Impero, trasmettevano notizie del conflitto in Boemia, in Ungheria, nei confini con i domini ottomani. La composta e quasi distaccata corrispondenza di Paolo Savelli con Dietrichstein mostra il delicato equilibrio e le profonde incertezze che segnarono la politica pontificia fin dall’inizio della guerra e le difficoltà per l’ambasciatore cesareo, costretto a parlare con prudenza, senza sbilanciarsi in commenti e giudizi. Diversa è la copiosa corrispondenza che Federico Savelli e i suoi segretari inviarono a Roma, al nipote Bernardino e a tutta la famiglia, dal 1630, fino al 1644. Il dramma bellico veniva comunicato a Roma accompagnato, spesso, da materiali manoscritti e a stampa, testimonianze sicure di quanto descritto o anche solo accennato nelle lettere, per informare non solo la cerchia dei suoi familiari ma, attraverso di essi, la corte, la città. Federico Savelli usa inoltre con consapevolezza la stampa per difendersi da accuse, per rivendicare il suo onore macchiato da sconfitte militari. Questa ricca documentazione può essere considerata come comunicazione politica: nei suoi passaggi evidenzia infatti la pluralità di modi e mezzi in cui i protagonisti trasmettevano la notizia e le funzioni in cui questa comunicazione si declinava a seconda dei destinatari.

Informare la cassa, le corti, “circoli e anticamere”: la guerra dei Trent’anni nella corrispondenza di Paolo e Federico Savelli

Irene Fosi
2018-01-01

Abstract

A Roma notizie sul conflitto europeo non raggiungevano solo la corte e la famiglia pontificia, ma pervenivano a famiglie della nobiltà romana, i cui esponenti servirono l’imperatore come militari: Il presente testo propone un confronto fra due corrispondenze: la prima, diretta a Paolo Savelli, in cui la guerra, raccontata da altri, rimane lontana; la seconda, la corrispondenza di Federico Savelli, militare impegnato sui campi di battaglia, presenta invece il dramma della guerra sperimentata e vissuta direttamente. Le lettere indirizzate a Paolo Savelli da Franz von Dietrichstein, cardinale protettore dell’Impero, trasmettevano notizie del conflitto in Boemia, in Ungheria, nei confini con i domini ottomani. La composta e quasi distaccata corrispondenza di Paolo Savelli con Dietrichstein mostra il delicato equilibrio e le profonde incertezze che segnarono la politica pontificia fin dall’inizio della guerra e le difficoltà per l’ambasciatore cesareo, costretto a parlare con prudenza, senza sbilanciarsi in commenti e giudizi. Diversa è la copiosa corrispondenza che Federico Savelli e i suoi segretari inviarono a Roma, al nipote Bernardino e a tutta la famiglia, dal 1630, fino al 1644. Il dramma bellico veniva comunicato a Roma accompagnato, spesso, da materiali manoscritti e a stampa, testimonianze sicure di quanto descritto o anche solo accennato nelle lettere, per informare non solo la cerchia dei suoi familiari ma, attraverso di essi, la corte, la città. Federico Savelli usa inoltre con consapevolezza la stampa per difendersi da accuse, per rivendicare il suo onore macchiato da sconfitte militari. Questa ricca documentazione può essere considerata come comunicazione politica: nei suoi passaggi evidenzia infatti la pluralità di modi e mezzi in cui i protagonisti trasmettevano la notizia e le funzioni in cui questa comunicazione si declinava a seconda dei destinatari.
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