Nel 1693 John Locke pubblica i Pensieri sull’educazione, l’opera che lo consacra tra i più grandi pedagogisti dell’epoca moderna; il libro è il frutto della lunga esperienza maturata dal filosofo dapprima come tutor all’interno del Christ Church College di Oxford, poi come educatore del figlio dell’amico Edward Clarke. I Pensieri descrivono il metodo, le esperienze e il curriculum di studi appropriati alla formazione di un gentleman, dai suoi primi anni fino all’ingresso all’università; Locke ha molto da dire sull’argomento, che gli sta molto a cuore. Come studente ha sperimentato i disagi di un sistema educativo particolarmente severo, basato sull’apprendimento mnemonico dei testi classici; questo metodo gli appare capace di generare avversione per le materie umanistiche. Lo studio del latino, insiste, dovrebbe basarsi soprattutto sull’esperienza parlata: piuttosto che costringere gli allievi a studiare la grammatica latina sin dalla tenera età, si dovrebbe insegnare loro a parlare in latino. Il greco dovrebbe essere appreso più tardi, e solo da coloro che mostrassero una certa attitudine a questo tipo di studi. I classici andrebbero studiati cercando di coglierne il vero significato: è la virtù l’insegnamento più importante che essi contengono. Leggere i classici per Locke significa essenzialmente apprendere le virtù che resero celebri i loro autori.

John Locke e gli studi umanistici

Giuliana Di Biase
2019-01-01

Abstract

Nel 1693 John Locke pubblica i Pensieri sull’educazione, l’opera che lo consacra tra i più grandi pedagogisti dell’epoca moderna; il libro è il frutto della lunga esperienza maturata dal filosofo dapprima come tutor all’interno del Christ Church College di Oxford, poi come educatore del figlio dell’amico Edward Clarke. I Pensieri descrivono il metodo, le esperienze e il curriculum di studi appropriati alla formazione di un gentleman, dai suoi primi anni fino all’ingresso all’università; Locke ha molto da dire sull’argomento, che gli sta molto a cuore. Come studente ha sperimentato i disagi di un sistema educativo particolarmente severo, basato sull’apprendimento mnemonico dei testi classici; questo metodo gli appare capace di generare avversione per le materie umanistiche. Lo studio del latino, insiste, dovrebbe basarsi soprattutto sull’esperienza parlata: piuttosto che costringere gli allievi a studiare la grammatica latina sin dalla tenera età, si dovrebbe insegnare loro a parlare in latino. Il greco dovrebbe essere appreso più tardi, e solo da coloro che mostrassero una certa attitudine a questo tipo di studi. I classici andrebbero studiati cercando di coglierne il vero significato: è la virtù l’insegnamento più importante che essi contengono. Leggere i classici per Locke significa essenzialmente apprendere le virtù che resero celebri i loro autori.
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