Opinione rilasciata a seguito di intervista della rivista D'Abruzzo sulle potenzialità di riutilizzo delle linee ferroviarie in disuso della Sangritana. Con le ferrovie, dalla seconda metà del XIX secolo, non è stata solo ripensata la logica degli spostamenti sul territorio ma è mutata anche la nostra percezione del paesaggio, la tessitura delle relazioni tra l’abitare, il lavoro e le risorse naturali. Anche la ferrovia Sangritana ha ricoperto questo ruolo centrale nell’innovare radicalmente l’assetto di un ampio territorio, su scala regionale e interregionale. Ma qual è il rapporto che oggi instauriamo con le innovazioni tecnologiche del passato? È proprio necessario cancellare tutto quanto sia accaduto nei nostri territori e non sarebbe invece più utile indagare sugli scenari di recupero e ri-attualizzazione delle risorse che ereditiamo dalle generazioni passate per proiettarle verso il futuro? Per gli innovatori a tutti i costi, spostarsi su linee ferroviarie tradizionali vuol dire percorrere tragitti troppo lunghi, a velocità troppo basse, in troppo tempo, ed è quasi inevitabile arrivare a soluzioni di tipo sostitutivo. Ma attenzione, perché anche le posizioni opposte, incentrate su logiche più lente, “verdi” e salutiste, possono comportare una sostituzione irreversibile del patrimonio esistente, limitando le possibilità di sviluppo per il futuro. Le innovazioni sostitutive sono però sempre dense di criticità se negano integralmente il passato. Il mio punto di vista sul futuro dei tracciati in disuso della Sangritana è che sia necessario ripartire dal contesto per proiettare non soluzioni univoche e bloccate, ma scenari co-evolutivi, reversibili e adattivi sulle forme di sviluppo desiderabili, probabili e forse possibili.
Ferrovie quale futuro?
ANGELUCCI, Filippo
2019-01-01
Abstract
Opinione rilasciata a seguito di intervista della rivista D'Abruzzo sulle potenzialità di riutilizzo delle linee ferroviarie in disuso della Sangritana. Con le ferrovie, dalla seconda metà del XIX secolo, non è stata solo ripensata la logica degli spostamenti sul territorio ma è mutata anche la nostra percezione del paesaggio, la tessitura delle relazioni tra l’abitare, il lavoro e le risorse naturali. Anche la ferrovia Sangritana ha ricoperto questo ruolo centrale nell’innovare radicalmente l’assetto di un ampio territorio, su scala regionale e interregionale. Ma qual è il rapporto che oggi instauriamo con le innovazioni tecnologiche del passato? È proprio necessario cancellare tutto quanto sia accaduto nei nostri territori e non sarebbe invece più utile indagare sugli scenari di recupero e ri-attualizzazione delle risorse che ereditiamo dalle generazioni passate per proiettarle verso il futuro? Per gli innovatori a tutti i costi, spostarsi su linee ferroviarie tradizionali vuol dire percorrere tragitti troppo lunghi, a velocità troppo basse, in troppo tempo, ed è quasi inevitabile arrivare a soluzioni di tipo sostitutivo. Ma attenzione, perché anche le posizioni opposte, incentrate su logiche più lente, “verdi” e salutiste, possono comportare una sostituzione irreversibile del patrimonio esistente, limitando le possibilità di sviluppo per il futuro. Le innovazioni sostitutive sono però sempre dense di criticità se negano integralmente il passato. Il mio punto di vista sul futuro dei tracciati in disuso della Sangritana è che sia necessario ripartire dal contesto per proiettare non soluzioni univoche e bloccate, ma scenari co-evolutivi, reversibili e adattivi sulle forme di sviluppo desiderabili, probabili e forse possibili.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.